16. Free fall

19 1 0
                                    

Le mie povere orecchie non potevano sopportare tutto quel rumore così uscii a prendere un po' di aria fresca fuori, guardandomi attorno vidi solo ragazzi fumare e proprio in quel momento mi arrivò una ventata di fumo addosso. La musica ad alto volume non era poi così insopportabile dopo tutto...
Cercai Violette ovunque ma non la trovai. Decisi allora di prendermi un'altro drink e di andare a sedermi in dei gradini vicino al bagno.
Era uno dei pochi momenti in cui mi sentivo davvero rilassata, stare lì lontana dalla folla, con quel leggero giramento di testa, sentendomi l'alcol scendere lentamente, non chiedevo di meglio. A rovinare quel momento fu un ragazzino che cadendomi vicino mi rovesciò il drink addosso.
"Porca puttana!" Esclamai incazzata.
"Scusalo, non ha idea di quello che sta combinando." Dice un amico del ragazzino.
Sbuffo e mi dirigo verso il bagno per potermi asciugare, entrando sento una strana puzza di vomito che mi fa cambiare automaticamente idea.
Tutto questo mi sembra un incubo, non solo ho visto John ma ho anche perso di vista Violette e probabilmente se ne andrà via senza di me. 
Senza rendermene conto sento una lacrima scivolarmi sulla guancia destra però non ho intenzione di trattenermi.
"Che cosa succede cara?" Mi domanda qualcuno.
Alzo lo sguardo e mi trovo davanti un ragazzo a cui avrei dato almeno 23 anni.
"Puoi lasciarmi in pace per favore?" Domando a mia volta.
"Non ci penso proprio, una bella ragazza come te non dovrebbe stare su dei gradini a piangersi addosso ma a ballare come tutte quelle ragazze là." Dice indicando la pista da ballo.
"Beh, a quanto pare sono un caso a parte." Mi alzo e me ne vado.
Mi tira un braccio cercando di fermarmi.
"Mi spieghi che cosa vuoi?" Inarco le sopracciglia.
"Posso almeno offrirti un drink?" Mi sorride.
"Uno solo e poi mi lasci andare via."
"Certamente."
Mi prende per mano e mi porta in un posto alquanto strano, apre una porta di cui non sapevo neanche l'esistenza e salendo delle scale ci ritroviamo nel tetto dell'edificio. E' a dir poco meravigliosa la città vista da qui.
"Ti va di stenderti?" Mi chiede il ragazzo.
"Prima dimmi il tuo nome."
"Già non ci siamo ancora presentati, sono Travis." Dice ghignando.
"Qual è il tuo nome invece piccola?" Aggiunge poco dopo.
"Lauren." Rispondo secca.
"E dimmi Lauren, cos'è che ti rende così suscettibile?"
"Hai presente quando tutto ciò che pensavi ti rendesse felice ad un certo punto diventa la ragione di tutti i tuoi problemi? Per quanto ti possa sembrare insensato quello che dico, è davvero straziante vivere non riconoscendosi nemmeno guardandosi allo specchio." Sospiro dopo essermi resa conto di aver sprecato voce inutilmente.
"A me sembra strano solo il fatto che mi hai levato le parole di bocca, mi sono sentito più di una volta in quel modo ed è stato difficile alzare il culo nonostante non volessi fare altro che pensare al passato. Purtroppo le persone ti girano le spalle quando sei più vulnerabile e questo non fa altro che confonderti talmente tanto da non capire il motivo di ogni passo che hai fatto nella tua vita."
Quella a rimanere senza parole sono io, in un certo senso era quello che avevo bisogno di sentirmi dire ma mi ha fatto perdere ogni speranza.
Sento lo squillo del mio cellulare e mi alzo di scatto dalla felicità sapendo che finalmente Violette è risorta ma non appena lo prendo in mano mi blocco d'impulso notando che non è lei.
"Pronto." Nella mia voce si può sentire l'ansia che provo rispondendo.
"Ciao..so che sono l'ultima persona con cui vorresti parlare, ma devi assolutamente venire qui." Dice Hannah.
"Che stai dicendo? Mi preoccupi così."
"John ha avuto un'incidente, siamo qui all'ospedale principale di New York, tra la settantaquattresima e la.."
"Ho capito, arrivo subito." Riattacco subito e corro via.
Dopo aver attraversato tutto il locale tra corpi sudati e musica insopportabile riesco finalmente ad uscire. L'agitazione dentro di me non riesce a nascondersi, mi sento soffocare ed il giramento di testa non rende migliore la situazione.
Non vedendo nessun taxi arrivare da un quarto d'ora comincio a correre più velocemente possibile, non m'importa più di niente ormai. Ad un certo punto non resisto più e mi fermo, non avendo la pallida idea di chi potrebbe esserci in giro a quest'ora, proseguo camminando. Dopo vari km vedo un taxi in lontananza, saltello dalla gioia e salgo.
"Per favore, mi porti subito all'ospedale principale di New York." Dico agitata.
"Signorina, la porto immediatamente ma si tranquillizzi un attimo" Risponde lanciandomi un sorriso.
Se lo solo sapesse che non è per niente facile come sembra, che una situazione del genere un anno fa la vivevo solo nei film.
Penso di non aver mai corso così tanto come ho fatto dal taxi alla stanza di John. Percorrendo il corridoio vedo le facce sconvolte degli altri e senza salutarli entro nella stanza. Lo vedo addormentato sul letto, con dei lividi sulle braccia e dei graffi in faccia. Gli stringo una mano e poco dopo sento che ricambia stringendo ancora più forte. Ci sono stati diversi problemi ma non lo avrei ma abbandonato in queste condizioni, l'unica cosa che mi importa è che lui stia bene. Quando mi hanno dato la notizia l'ho sentito così lontano, ho avuto davvero paura che gli fosse capitato qualcosa di grave e se cosi fosse stato non me lo sarei mai perdonata. Mollo la presa dalla sua mano ma sento la sua stretta ancora più forte. Gli bacio la fronte e mentre mi dirigo verso la porta lo sento borbottare qualcosa, avvicinandomi lentamente a lui capisco che sta sognando.
Tutti mi guardano come se provassero pena per me, non capiscono che facendo così non migliorano niente, anzi mi fanno sentire solo un'estranea.
"Beh, mi dite che cosa gli è successo?" Domando.
"Te lo dirò io, ero con lui." Dice Logan.
"All'inizio era tranquillo, non stava nemmeno bevendo, poi ad un certo punto mi ha chiesto di guidare al ritorno perché voleva bere. Non ho fatto in tempo ad acconsentire che se n'era già andato. Dopo circa un'ora l'ho ritrovato dentro la sua auto a vari m di distanza. Eh sì, da quello che sia successo pensiamo che abbia tentato il suicidio." Dice subito dopo.
Rimango letteralmente senza parole, il mio sguardo rimane impassibile verso la camera di John.

Amore dell'altra spondaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora