Capitolo 1

586 36 3
                                    

Il viaggio in treno non fu lungo né stancante. Il cielo fuori dal finestrino era limpido e di un azzurro così intenso che Elettra passò gran parte del tempo a fissarlo, pensando a come poterlo riprodurre sul suo album da disegno, dove collezionava piccoli dipinti realizzati ad acquerello, la sua tecnica preferita. Trovava la delicatezza e la chiarezza dei colori quasi onirica, come le immagini di un sogno, eppure così reali che sembravano bucare il foglio e prendere vita sotto i suoi occhi.
Erano passate tre ore da quando era partita ma a lei sembrarono pochi attimi persa com'era nell'immensità di quell'azzurro ipnotico. Quasi le venne un colpo quando la voce del capotreno interruppe prepotentemente i suoi pensieri. Erano arrivati al capolinea. Prese i suoi bagagli e scese dal treno, guardandosi intorno. Controllò l'ora sul cellulare, era in perfetto orario. Si avviò lungo il binario quando vide da lontano un ragazzo alto quasi venti centimetri in più di lei, i capelli lunghi che gli solleticavano il collo e gli occhi color giada, che la guardava sorridendo.
"Tu devi essere Elettra vero? Piacere, io mi chiamo Gabriel, sono il figlio di Talia."
Talia, la donna a cui avrebbe fatto da assistente per almeno un anno, se avesse passato il periodo di prova, ovviamente. Elettra sorrise e gli porse la mano, che lui afferrò con forza ma delicatamente, senza stringerla. Lui si avvicinò e le sfiorò l'altra mano, quella che teneva il trolley.
"Lascia, te lo porto io."
Lei provò a protestare ma non ci fu verso. Alla fine acconsentì con un sorriso imbarazzato.
"Com'è andato il viaggio? Ti vedo un po' provata, è stato così orribile?"
Elettra rise.
"No, affatto. Ho passato tutto il tempo a guardare il cielo, era bellissimo."
Lui la guardò di traverso alzando un angolo della bocca.
"Sei una che si perde tra le nuvole, eh? Attenta, a mia madre piace essere ascoltata e riverita ogni secondo. C'è una sola regola, niente distrazioni."
Si portò l'indice affusolato alle labbra.
"Anzi no, ce ne sono due."
"E quale sarebbe la seconda?"
Lui ridacchiò.
"Non provarci con quello strafigone di suo figlio. Sai, è una donna gelosa."
Elettra scoppiò a ridere senza ritegno e lui la guardò facendo lo stesso.
"Vorrà dire che eviterò ogni contatto con te."
"Oh accidenti, credevo che fossi una coraggiosa."
"Le persone coraggiose spesso sono anche molto stupide e io non credo di esserlo."
Lui ci pensò un attimo.
"No infatti, non penso che lo tu lo sia."
Parlarono del più e del meno, raccontandosi a vicenda un po' di sé.
Gabriel era un atleta, giocava a basket. Nel tempo libero gli piaceva guardare film e la sera usciva spesso col suo migliore amico Michael. Elettra trattenne una risata. Gabriele e Michele, che combinazione. Lei gli raccontò dell'Accademia e di come le piaceva dipingere, che adorava leggere e guardare serie tv. Scoprirono che avevano gli stessi gusti in fatto di film. Parlando arrivarono davanti al pensate portone di legno di un palazzo del 700. Lei si lasciò scappare uno "wow". Lui le sorrise e aprì il portone facendole strada. L'interno era molto spartano, ad eccezione dei soffitti dipinti con colori caldi e molto oro. Lo stile barocco non era il suo preferito, ma aveva sicuramente avuto l'effetto desiderato dall'artista. Elettra era rimasta a bocca aperta. Si accorse che Gabriele era andato avanti e gli corse dietro, cercando di non distrarsi ancora. Salirono due piani e lui aprì la porta d'ingresso sull'appartamento più bello che lei avesse mai visto. Era un open space molto moderno che si scontrava con il resto del palazzo ma allo stesso tempo era equilibrato ed elegante. Sembrava di essere in un paradosso temporale. Elettra non si accorse della donna minuta che aveva davanti fino a quando questa non la scosse con un braccio.
"Hai sentito quello che ti ho detto? Hey!"
Disse con un accento argentino.
"Eh, cosa?!"
"Oh, madre de Dios! Questa qui non durerà nemmeno una semana, lo dico io!"
Sentenziò allontanandosi borbottando. Gabriel lacrimava dal ridere. Si appoggiò al divano. Elettra era ancora confusa.
"Ma chi..."
"Tranquilla, lo dice solo quando una le piace, hai superato il primo test. Ma davvero, smettila di distrarti così tanto."
La ragazza arrossì.
"Mi dispiace... Ma lei chi è?"
"Si chiama Rosario, è la domestica."
"Domestica, autista, cuoca e spesso anche cosigliera."
Rosario tornò brandendo una scopa.
"Dammi retta chica, quella donna è loca... E difficile da accontentare. Non sarà facile."
Elettra le porse la mano.
"Grazie dei consigli, io mi chiamo Elettra."
Lei scansò la mano col manico della scopa.
"Lo so benissimo chi sei, e ora fuori di qui, devo lavare!"
Gabriel prese la ragazza per mano e la portò a vedere il resto della casa. Si fermarono davanti una porta.
"Questa è la tua stanza, fa come se fossi a casa tua. Mia madre tornerà per cena, così potrai conoscerla di persona."
Elettra lo ringraziò sorridendo ed entrò nella camera, chiudendosi la porta alle spalle. La stanza era grande per una sola persona: c'era un letto ad una piazza e mezza su un lato, una scrivania accanto e dall'altro lato un cassettone e un armadio. Poi una porta che portava nel bagno. Elettra entrò a lavarsi la faccia e notò una seconda porta dall'altro lato. C'erano due lavandini, il che le fece pensare che fosse un bagno in comune. Le si gelò il sangue nelle vene. Con chi avrebbe dovuto condividerlo? Sicuramente non con Gabriel, forse con Rosario? Guardò nei cassetti e negli armadietti in cerca di indizi. C'erano un sacco di prodotti per la pelle e make up dai colori pesanti. Chi diavolo poteva truccarsi così? Scrollò le spalle e tornò nella camera. Mandò un sms a sua madre e ai suoi amici, raccontando un po' quello che era successo. Improvvisamente sentì la porta bussare. Si alzò e andò ad aprire. Gabriel era appoggiato allo stipite della porta.
"Rosario sta facendo il caffè, ne vuoi?"
Lei sorrise ed accettò.
Rimasero al tavolo per altre due ore, bevendo caffè e fumando un paio di sigarette ciascuno. Verso l'ora di cena si sentirono le chiavi che aprivano la porta d'ingresso. Entrò una donna bellissima ma visibilmente distrutta dalla stanchezza.
"Oh, grazie al cielo sei arrivata, ho davvero bisogno di te."
Elettra si alzò, presentandosi.
"Finalmente la conosco di persona, signora Talia."

EchoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora