Capitolo 1

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Il viaggio sta andando bene. In questo momento c'è una festa in piscina, tuttavia sono troppo stanca per andarci. Nessuno dei miei amici ha insistito perché io ci andassi e gliene sono grata. Si sente la musica assordante fino alla mia camera. Le pareti arancioni vibrano per la musica. Sento puzza di guai. Cado in un sonno profondo, pensando al giorno di arrivo nel nuovo paese.

<<Vanessa, apri!>> la voce del mio amico mi risveglia. Proprio l'ultima cosa che avrei voluto fare. Essendomi alzata all'improvviso mi gira la testa. Apro la porta controvoglia. <<Austin, che vuoi?>> non entra. Resta sull'uscio. <<Vieni, sarà divertente, ci sono tutti!>> indica con una mano il piano di sopra. Mi ero quasi dimenticata della festa. Non ci andrei mai. E infatti non ci andrò. Ha un sorriso disinvolto. è la prima volta che lo vedo davvero felice. Mi dispiace deluderlo, ma li umilierei soltanto se mi presentassi con loro alla festa. <<Non mi va.>> sto per richiudere la porta quando sentiamo un urlo. Ci voltiamo per capire da dove arrivi. Il pavimento vibra e si crepa. Scivolo per terra, sbattendo la testa. Non so dove sia finito Austin, era vicino a me. Ora c'è una barriera di fumo che non mi permette di vedere molto lontano da me. Altre urla. Non capisco quello che succede. Sento solo le vibrazioni, i rumori del cemento e del metallo che cedono. Le orecchie che scoppieranno da un momento all'altro, la testa che non ragiona più. La nave sta affonando. Devo trovare un'uscita . I miei occhi si chiudono quando finisco in acqua. Il freddo mi stringe il petto, le gambe e mi impedisce di muovermi. Trattengo il respiro e cerco di uscire da questo corridoio. Vorrei abbandonare questa vita, lasciarmi cullare dall'acqua fino in fondo all'oceano, diventare parte della sabbia che ne compone il fondale. Eppure sento una scintilla, qualcosa che mi fa disperatamente andare verso la parete in fondo alla mia stanza. Non ho più fiato. Vado in superficie, tocco quasi il soffitto. L'aria scarseggia. Inspiro e mi rituffo. Scorgo l'oblò della mia camera. È abbastanza ampio da passarci. Devo raggiungerlo. Apro la finestra e altra acqua si aggiunge a quella già presente qua dentro. Esco subito. I secondi si allungano e il loro tempo cresce sempre di più, facendomi sembrare pochi minuti un'eternità. Tutta la nave è sott'acqua. Mi affretto a salire verso l'alto prima che sia troppo tardi. Le mie braccia mi stanno per abbandonare. E lo stesso le mie gambe. I muscoli tirano e si sforzano fino allo sfinimento. Gli occhi bruciano a causa dell'acqua salata. Quando sento l'aria sulla mia pelle prendo un respiro profondo. Tossisco. Sentire di nuovo l'ossigeno  non mi sembra vero. Sono salva. 

Mi giro su me stessa. Acqua. Acqua e basta. Mi accorgo che attorno a me ci sono dei cadaveri bruciati. <<Austin! John!>> chiamo alcuni dei miei amici e poi tutti, uno per uno. Nessuno risponde. Mi avvicino al primo cadavere che incontro. Non lo conosco, è un uomo anziano. Rabbrividisco. Sento la cena di qualche ora fa risalirmi lo stomaco. Le sue labbra sono blu, la sua pelle è così pallida. Almeno non ha parti del corpo incenerite, diversamente da altri passeggeri. È morto. Così come ogni altra persona. Così come i miei amici. Ripeto di nuovo i loro nomi inutilmente. È finita. È davvero finita. Alcune lacrime si confondono nell'acqua salata del mare. Cerco di stare a galla, ma non so per quanto resisterò. Non sono mai stata brava a nuotare. L'acqua ha una forza immensa in confronto a quella di una  ragazzina come me. L'acqua sa di disperazione. La luna e le stelle brillano nel cielo blu, blu come questo mare. Forse vorrebbero aiutarmi, ma da li non possono fare granché. Questa cielo ha un colore così scuro che non si distingue più il confine dell'orizzonte. So che nessuno ci salverà, o meglio mi salverà, però il mio cuore mi dice che forse è meglio così. Sono a conoscenza che le uniche persone che mi fossero a cuore sono morte. Anche loro. Mi arrendo nel cercarli. Urlo, in cerca di aiuto, ma non c'è nessuna persona in questa immensa distesa di disperazione. Nessuno vivo. Tranne me.


L'oceano occupa tutti i miei pensieri. Provo a nuotare, non è detto che debba per forza essere lontano da qualsiasi luogo abitato, o da una nave. Tocco, per sbaglio, una lama di metallo luccicante caduta nell'acqua dalla nave. Il sangue affiora lentamente dalla mia pelle e si diffonde nell'acqua, colorandola di un rosso acceso, anche se in questo momento assomiglia di più a un bordeaux.Una medusa nuota attorno a me. Mi piacciono le meduse. Sono quasi invisibili, ma sanno farsi notare. Nonostante il loro aspetto, possono essere fatali. Non ne ho paura.La medusa trasparente mi si avvicina sempre di più. Ha degli specie di aculei. Mi gira attorno. Mi circonda. Sono la sua preda. Struscia contro di me e mi punge il taglio. All'inizio sento un leggero pizzicore, come solletico, che poco dopo diventa un bruciore insopportabile. Mi è impossibile restare sveglia.


Il cielo ha preso qualche sfumatura di giallo e di arancio. Il sole fa capolino dall'acqua e si alza sempre più in alto, illuminando il mondo sottostante. È l'alba. Tutta questa luce mi rallegra. Nuoterò fino a trovare qualcuno che mi aiuti. È la mia unica possibilità. Non morirò annegata nel mare. 

Sono lontana da dove ero prima. Non c'è più nulla che ricorda un naufragio. La corrente deve avermi portato lontano. Inizio a nuotare. Le mie mani trafiggono l'acqua spingendomi in avanti.


Troppo tempo da quando sto nuotando e le forze mi stanno abbandonando. Devo salvarmi. Non so precisamente quanto tempo sia passato, ma so che è molto. All'orizzonte si scorge una nave che viene verso di me. Muovo le braccia in aria sperando che mi vedano. È sempre più vicina. Penso che le persone a bordo non mi abbiano visto e continuo a oscillare le braccia. Noto su un lato dell'imbarcazione una scritta. Certo. È una nave della guardia costiera. Non capisco perché, però d'istinto mi nascondo sott'acqua fino a che la nave non è abbastanza lontana. Riprendo fiato e ricomincio a nuotare, più velocemente, e in men che non si dica mi trovo davanti a una bellissima spiaggia di sabbia bianca, con pochi ombrelloni, alcune palme e nessuna persona. Mi sembra tutto così impossibile. È un sogno. Non sta accadendo. Mi sveglierò fra poco. Mi sveglierò.

Finalmente sono arrivata sulla terra ferma. Cammino sulla spiaggia. Mi sento disorientata come mai prima e vedo alcune cose al contrario e inciampo un paio di volte. Alla terza volta che cado non riesco più a rialzarmi.

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