Capitolo 9

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Mi sveglio con la luce della finestra. Sono le 5 di mattina. Continuo a pensare a ieri, a me e Darren . È da meno di una settimana che ci conosciamo e io non so cosa vuol dire amare una persona, e non penso che nemmeno i miei parenti lo sapessero, se no non avrebbero fatto ciò che invece han fatto. Con lui provo delle emozioni nuove e credo di amarlo. Anzi no. O sì. È complicato. Non ho mai nemmeno voluto bene a nessuno. Avevo degli amici, però non possono essere considerati tali. Ci dicevamo solo le cose più essenziali. Li seguivo solamente e loro mi offrivano cibo e un posto dove dormire. Certe volte ero addirittura un peso per loro.

Sono sempre vissuta senza provare emozioni, non parlando con nessuno e non condividendo le mie opinioni o i miei sentimenti. Sono cresciuta senza nessuno che mi insegnasse la differenza fra bene e male, che mi insegnasse cos'è l'altruismo, la gentilezza, l'odio, la maleducazione, l'amore. Non mi è mai servito saperlo e non mi è mai servito provare delle emozioni. Non avrei avuto nessuno con cui condividerle e non mi avrebbero aiutato. Mi avrebbero solo fatto perdere tempo. Adesso, però, non la penso più così e mi serve disperatamente conoscere questi sentimenti e avere qualcuno che li provi insieme a me. Ho bisogno di qualcuno che mi faccia vivere davvero, che mi faccia provare la rabbia, la felicità, la tristezza, la paura, l'amore, il divertimento, l'ansia, la timidezza, la libertà. Darren riesce a raggiungere questi obbiettivi. Con lui mi sento bene, mi sento me stessa. Ma non so se questo basta per dire che lo amo.

Mi alzo dal letto, non penso che riuscirò più a dormire. Mi affaccio alla finestra e osservo il giardino. Ogni minimo dettaglio. Le varie sfumature dei colori dei fiori, le venature delle foglie delle siepi, la corteccia degli alberi che in certi punti è rotta, i fili d'erba che cambiano direzione mossi dal vento, le ombre che si muovono in base ai minuti che passano.

Non può essere.

Il ragazzo del mio incubo è ancora lì, in mezzo alla strada. Ha i capelli castani e gli occhi anche, ma non posso giurarci data la distanza fra noi, e la pelle abbronzata. Fissa la mia finestra. Non riesce a vedermi perché sono seduta su una sedia e riuscirebbe a scorgere solo i miei capelli e un pezzo dei miei occhi. È comunque troppo lontano per vedermi.

Lo studio. Studio ogni suo movimento. A dire il vero, non fa nemmeno un movimento. Se ne sta fermo in mezzo alla strada. Mi vengono le vertigini e non riesco a vedere più niente. Chiudo gli occhi. Inizio a respirare troppo velocemente. Cosa vuole da me? La testa mi gira. Ho paura. Credo sia un attacco di panico. Devo calmarmi. Il mio respiro torna normale e la testa smette di girare. Riapro gli occhi.

Qualcuno bussa alla porta. <<Sì?>> dalla mia voce sembro stralunata. <<Sono io, Darren, volevo solo sapere se eri sveglia. Noi adesso facciamo colazione, vieni anche tu?>> <<Sì, arrivo, aspettami giù.>> Dei passi si allontanano.

Vado in bagno e mi sciacquo la faccia. Mi faccio una doccia veloce e mi vesto. Non riesco nemmeno a guardare il vestito che indossavo in viaggio. Non penso che lo metterò più. Scendo e vado in cucina. C'è un silenzio strano, non è normale. <<Oh, ciao cara>> la prima a parlare è la signora Rose. <<Buongiorno>> mi siedo a capotavola, l'unico posto libero. La signora Rose se ne va e il marito la segue. Siamo rimasti solo io e Darren. Mangio la mia solita colazione composta da latte caldo e biscotti al cioccolato. <<Stavo pensando, sempre che ti vada, che stasera fanno una festa in piazza e magari potremmo andarci. La fanno ogni anno e c'è sempre qualcuno che canta e torte e musica e tutto il resto.>> Darren mi passa lo zucchero e provo a concentrarmi su qualcos'altro, ma non ci riesco e lo guardo. Prova a sorridere, però sembra in ansia per sapere la mia risposta . <<Si, perché no?>> <<Perfetto. Inizia alle nove e ti posso aspettare fuori in cortile, d'accordo? Ah, a proposito, oggi mia mamma ha detto che ti vuole portare in giro. Non ho capito dove, ma penso che te lo dirà lei. Devi farti trovare pronta qua alle 10.>> Cerco un orologio appeso da qualche parte. <<Che ore sono?>> anche Darren cerca invano un orologio. <<Non ne ho idea, penso le nove circa.>> <<Le nove? >> la mia voce è uscita un po' più alta di volume di quanto mi aspettassi. Darren si mette a ridere. <<Che c'è di strano?>> Di sicuro la mia espressione sarà come quella di una persona che ha appena visto un alieno, sorpresa e stupefatta. <<No, scusami, è che sono sveglia dalle 5 e non pensavo fossero passate così tante ore.>> Adesso quello sorpreso è lui <<Dalle 5? E non sei stanca?>> Ora è più preoccupato che sorpreso. <<Stai bene?>> <<Sì, certo, mi sveglio spesso presto. Per me è normale. Mi metto a pensare e poi non riesco più a dormire.>> Non c'entra nulla questa domanda e so che non avrei dovuto farla. <<Tu a che ora ti svegli?>> <<Di solito alle 7. Una volta mi svegliavo alle 5, come te.>> D'un tratto il suo sguardo diventa cupo. Fissa un punto sul muro dietro di me. Come quando guardavamo l'alba. <<E tu cosa hai mangiato per colazione?>> sposto l'attenzione su qualcos'altro. <<Bacon, uova strapazzate, pane e patatine.>> Si alza e si dirige alla porta ancora con quello sguardo cupo. <<A dopo.>> Mi saluta ed esce di casa. Dove starà andando? Non sono di solito curiosa o impicciona, però non posso lasciarlo così. So di per certo che qualcosa, forse un ricordo, lo fa soffrire. Però è anche vero che se non sono pronta per le 10 la signora Rose mi caccia di casa. E in più, non sono affari miei. Ha bisogno di essere lasciato solo per pensare. Finisco di mangiare e salgo in camera per lavarmi i denti.

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