Epilogo: Due semplici difficili parole: ti amo!

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Passò più di una settimana da quando Fanny e il professore fecero ritorno nel mondo reale. La prima a riempire di abbracci la ragazza fu la sua amica Debbie, anzi se l’era ritrovata dentro casa facendole prendere un accidente… alle sette del mattino poi! D’ora in avanti voleva dedicarsi solo al lavoro, infatti con l’aiuto dell’amica Fanny riuscì a convincere l’ex datore di lavoro a pubblicare la sua esperienza, con tanto di foto ed informazioni.
La notizia riscontrò un notevole interesse da parte delle persone, soprattutto attirò molto l’attenzione dei fan della Marvel. Inoltre accrebbe le vendite del giornale e anche le visite sul sito. Grazie a questo, il signor Brown diede alla giovane un’altra opportunità, riassumendola a lavorare nell’ufficio. Dopotutto gli aveva dimostrato le sue buone capacità. Nel
frattempo anche il professore era entrato in contatto con un ricco uomo d’affari che si offrì di finanziare la sua invenzione, così da permettere a chiunque volesse di provarla.

In seguito la Edwards venne chiamata in Germania da un famoso finanziere per farle un’ intervista proprio li. Ora la ragazza stava giusto riflettendo sull’accaduto degli ultimi giorni, mentre finiva di mettere le ultime cose in valigia. Quella stessa notte sarebbe dovuta partire. Si sedette sul bordo del letto e prese in mano il biglietto da sopra il comodino.  Il suoi occhi finirono sulla destinazione del volo: Stoccarda. Rise, più con amarezza che felicità. Alzò lo sguardo in un punto definito della stanza, così diversa da… basta! Era acqua passata, non doveva pensarci più. Si alzò sbuffando e chiudendo la cerniera del bagaglio con estrema noia. Dopodiché si fece una doccia fresca e veloce, indossò una camicetta bianca, un paio di jeans e si legò i capelli con un fermaglio. La sua destinazione fu prima la cucina poi il divano: si era provvista di due scatole da quattro vaschette di gelato di tutti i gusti, e alé le calorie!
Ma la cosa più strana era che singhiozzava mentre mangiava. Ormai svolgeva le cose quotidiane quasi senza voglia. Da quando era tornata, tutto le era diventato come indifferente, come se non facesse parte di quel mondo. Pure i colori più vivaci e accesi le apparivano cupi e spenti. Si sentiva come in una di quelle giornate piovose che durano ore e ore, e di cui non hai la minima idea di quando smetterà. Era difficile portare un peso simile nel cuore, ma doveva riuscirci.

Verso le undici di sera si diresse con un taxi all’aeroporto di New York, dove ad attenderla trovò, con sua grande sorpresa: il professore, i suoi genitori, Debbie e i genitori di quest’ultima.

-V-voi che fate qui…?- Balbettò stupita.

-Pensavi davvero che ti avremmo lasciato partire sola soletta?- Rispose
ironica Debbie, inarcando un sopracciglio e mettendo le mani sui fianchi.

Gli altri si limitarono a sorriderle, annuendo.

-Amica mia… è l’occasione della tua vita! Credevi davvero che potevamo lasciarti sola?- Fanny, commossa l’abbracciò forte.

-Grazie a tutti…-Le sussurrò all’orecchio, sorridendo dopo giorni.

-Prego… e poi mi manca proprio la Germania per la mia collezione di vestiti internazionali!- Scherzò Debbie, ricevendo un pizzicotto come
risposta. Era sempre la solita.

-Tesoro! Come sono contenta di vederti!- Le disse amorevolmente mamma Sarah.

-Figliola- Aggiunse papà James, sorridendo.

-Anche io sono contenta di vedervi!- Rispose Fanny.

-Dai sbrighiamoci, altrimenti a Stoccarda ci arriviamo a piedi!- Ironizzò il professore.

Le avevano fatto capire che non era affatto sola e questo la rasserenò un po’. Per il resto non dovettero aspettare molto per l’imbarco; dopo un quarto d’ora salirono a bordo dell’aereo.

Dopo che salirono a bordo, a notte fonda, tutti si addormentarono. Tutti tranne Fanny.

-Ehi…- La chiamò sottovoce Debbie.

Nella vita mai dire maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora