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Per l'ennesima volta da quando ero andata a letto mi rigirai e controllai l'orario. Sobbalzai alla vista di quei numeretti rossi, ma la stanchezza mi impedì di reagire. Erano le due e mezza del pomeriggio. Non avevo mai dormito così tanto ma, del resto, ero andata a dormire alle sei di mattina! All'inizio, non appena avevo assunto una posizione orizzontale, mi ero addormentata di sasso ed era stato così fino alle dieci più o meno... Poi avevano preso il sopravvento gli incubi, i risvegli improvvisi e quella bruttissima sensazione che qualcuno sia nella tua camera e ti stia osservando.

Mi raggomitolai portando la testa sotto le lenzuola, ma il caldo mi soffocava il respiro, non i pensieri. Se non ricordavo male Paris questa mattina si era addormentata sul divano del mio piccolo soggiorno perché era troppo stanca per guidare fino a casa sua, ma dopo tutto ciò che avevo vissuto la sera precedente mi era difficile ricordare qualcosa di così banale. Provai il forte desiderio di cancellare la serata e ricominciare da zero, come se fossi arrivata a Los Angeles qualche ora prima, eppure la curiosità di ciò che fosse realmente successo mi impediva di farlo; il punto era che nemmeno io ero sicura di cosa fosse accaduto. Ricordavo che subito dopo il colpo alla testa ero corsa verso la spiaggia ed ero rimasta lì qualche minuto prima di chiamare Paris e Blake e raggiungerli. Necessitavo di tempo per riprendermi, ma dovevo avere ancora una faccia scioccata quando ci eravamo rivisti, perché i miei amici mi avevano fatto qualche domanda di troppo. Avevo risposto che mi serviva una "pausa", ma dopo scatenati balli sulla spiaggia e gare di limbo, avevo continuato a bere per far accrescere in me quella sensazione che non era successo realmente, che era stato tutto frutto della mia fantasia. Mi sarei ritenuta pazza, ma almeno avrebbe facilitato le cose.

Il risultato, ovviamente, era stato tutt'altro, dato che la stretta soffocante intorno alla gola era ancora viva nella mia memoria e le parole di Seth continuavano a gelarmi il sangue ogni volta che ci ripensavo. Mi aveva gridato "L'hai visto, non è vero?", accennando a qualche strano schieramento, e mi era stato gettato uno straccio di nome addosso. Com'è che si chiamava? Hant... Harver... Non ricordavo come continuava.

Come si fa con una penna su un foglio completamente bianco, i miei pensieri, fatti perlopiù di parole e immagini, si fusero in uno scarabocchio informe e privo di senso, fino a quando non si trasformarono in una macchia nera che secondo la mia testa avrebbe dovuto rappresentare un indumento di pelle di quel colore. Dove l'avevo già visto? Perché mi sembrava di conoscere già la persona che vi si celava sotto?

Folgorata da un fulmine a ciel sereno, mi piombò addosso un'altra verità che mi fece rabbrividire per un attimo: era lo stesso identico ragazzo che nella fretta mi aveva dato una spallata il primo giorno di scuola. Rimasi immobile sotto le coperte, ad ascoltare il respiro affannato e il battito tumultuoso del mio cuore, ma soprattutto il pandemonio che si stava creando nella mia testa.

Cosa sapevo su di lui, a parte il fatto che sembrava appartenere ad un tempo fuori dalla portata del nostro mondo? Bé, ora potevo essere sicura che frequentava la mia scuola. Un momento, se era così allora... sapevo cosa potevo fare per rispondere, almeno in parte, a tutte le mie domande. Non avevo mai provato una via più illegale di questa, ma sentii che in un certo senso era il passo giusto per avvicinarsi alla verità. Ciò che mi serviva era un complice, o una complice.

Tirai un profondo respiro, gettai le coperte per aria e mi diressi a passo svelto in cucina. Mi accompagnò un fragoroso rumore di piatti e un buon profumo mai sentito prima.

«Buongiorno!» mi salutò raggiante Paris, con indosso il mio completo per casa, una T-shirt un po' logora e un paio di pantaloncini della tuta al ginocchio. Quando me li avesse presi e come facesse ad essere così iperattiva dopo una nottata del genere, sarebbe rimasto per sempre un mistero.

«Buongiorno.»

«Lo sai da quanto tempo sono sveglia?» riprese, riversandomi un flusso di positività che contrastava con il mio malumore. «E tutto per prepararti questi.» Mi porse un piattino con due waffle immersi nello sciroppo d'acero. Sgranai gli occhi, sorpresa.

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