Fuori pioveva. Le gocce cadevano al suolo come mondi in collisione, riempiendolo di rivoli d'acqua che si raccoglievano ai lati della strada. La temperatura si era abbassata ancora. Gli occhi mi pizzicavano terribilmente. Almeno, se avessi pianto sotto la pioggia, non me ne sarei accorta e avrei fatto finta che andasse tutto bene. Mi resi conto che non avevo una meta, nessuna idea di dove andare né da dove stessi partendo. A stento ricordavo il mio nome, a patto che la mia vera identità fosse quella che mi avevano fatto credere per tutti quegli anni. Desideravo stare da sola, e ora che ero sola non mi sentivo felice lo stesso.
«Ho avuto una paura matta di perderti.»
Mi maledissi in silenzio quando udii quella frase, perchè dipendevo totalmente dalla familiarità di quella voce. Dentro di me, speravo con tutta me stessa che non mi avrebbe lasciato da sola. Mi voltai. Nakir era immobile sotto la pioggia battente e il suo volto non tradiva alcuna espressione. Tra me e lui si era alzata una cortina trasparente d'acqua, una tenda di cristallo impenetrabile che mi faceva distinguere a stento i suoi lineamenti offuscati.
«Ti ho detto di lasciarmi in pace!»
«Non sto cercando di fare il supereroe che vuole salvare una principessa, okay?» fece lui di tutta risposta. Lo fissai a bocca aperta, ma non mi venne nulla da obiettare. Dove voleva arrivare? «Sei una guerriera, ti sei salvata da sola e non hai bisogno di qualcuno che ti guarisca le ferite ma, Addison, anche i guerrieri piangono e lo fanno quando non hanno più nessuno di cui fidarsi. Sono qui per dirti che ti puoi fidare di me.»
Con mano tremante, abbassai di poco il pugnale e spostai lo sguardo su quel ragazzo che per un solo secondo mi sembrò maledettamente familiare. Se avessi chiuso gli occhi, sarei riuscita ad immaginarmelo davanti a me in ogni singolo dettaglio. Riuscivo a vedere il suo giubbino di pelle nera impermeabile e l'acqua che riempiva le pieghe che si erano formate su braccia e spalle; le gocce di pioggia che rimanevano imbrigliate nei suoi capelli dorati si caricavano finchè questi non riuscivano più a contrastare il loro peso. Era allora che la gocce cominciavano la loro lenta discesa, soffermandosi sopra il suo zigomo, scivolandogli giù per il mento, per poi sparire nell'incavo del collo. Altre seguivano il profilo del naso e gli inumidivano le labbra. Era... bello.
«Io non sto piangendo.»
Avevo ancora gli occhi chiusi. Quando li aprii, qualcosa mi afferrò la mano con cui stringevo il coltello. Nakir era a un passo da me, di nuovo tenebroso e capace di farmi sentire inadatta in confronto a lui.
«Dammi il pugnale.» Tentò di sfilarmelo dalle dita, ma io provai a ritrarre la mano con uno scatto. «Lascialo... Addison, ora basta. Questo posto non è sicuro.»
«Da quando sei comparso nella mia vita non sono più stata al sicuro!»
Le sue labbra si contrassero in una smorfia ferita e, a fatica, alzò la voce per sovrastare il frastuono della pioggia. «Non voglio farti del male, sono qui per aiutarti. Non me ne vado senza di te.»
Le sue dita affusolate si fecero strada sul mio pugno chiuso che ormai stava cedendo alla pressione. Nella pelle sentii sprigionarsi un calore mai provato prima. Fui spinta verso di lui con un movimento fluido ma deciso e il cuore emise il suo ultimo battito all'altezza della gola. A differenza mia, Nakir era immobile come una statua di marmo.
«Se vieni con me, poi sparirò dalla tua vita. Promesso. Ma ora dammi il coltello.»
Incapace di rispondergli, come se l'acqua avesse cancellato tutte le parole dalle pagine del mio vocabolario, aprii definitivamente le dita fino a quando l'impugnatura fredda dell'arma non ne sgusciò fuori. Volevo davvero che mi lasciasse? E dopo dove sarei andata? Una goccia mi penzolò dalle ciglia e mi rigò la guancia, ma non riuscii a capire se si trattasse di pioggia o lacrime. Nakir parve saperlo. Mi ritrovai con la guancia posata sulla spalla del ragazzo e il suo profumo delicato mi fece girare la testa. «Andiamo via, su.»
«Nakir...»
«Shh. Ora ci sono io.»
Quasi per paura che potesse mentirmi, mi separai dal suo corpo per fissarlo negli occhi che si confondevano con il colore delle nuvole. «Come hai fatto a trovarmi? Ho... ho paura. Se non foste arrivati... Da quando sono qui succedono solo cose strane.»
Un lampo gli attraversò di corsa le pupille e sfumò con la stessa rapidità, poi il ragazzo mi afferrò le spalle con un movimento delicato ma deciso. «Hey, ascoltami!» Mi sollevò il mento con le dita per costringermi a guardarlo. «Finché sarò al tuo fianco non avrai nulla di cui aver paura, ricordalo. Su, appoggiati a me, andiamo via.»
Ma io non gli diedi ascolto e proseguii come un fiume in piena. «Mi hanno mentito tutti! Prima Paris, poi Blake. Anche Sean! Io... io mi fidavo di lui.»
Non appena pronunciai quel nome la sua espressione cambiò radicalmente. Si fece infastidita e mi pentii subito di averlo detto, senza trovare però una spiegazione logica. Ogni contatto tra di noi si interruppe e tutta la gentilezza e la familiarità che tingevano il suo volto l'abbandonarono subito.
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Feather 1
Fantasy《Le ali sono un'estensione dell'anima, di quello che siamo dentro di noi... Le cose belle non sono fatte per essere viste con gli occhi, perchè l'unica bellezza che riuscirai a trarne da esse è attraverso il cuore.》 Addison era sempre stata alla ric...