14

172 14 0
                                    

Con un sospiro di sollievo riposi l'ultimo libro sulla mensola e feci qualche passo indietro per contemplare il risultato. Sembrava che non fosse successo niente, ora che la camera era in ordine: le mensole al loro posto, i libri sistemati di nuovo per genere, le foto riposte nelle bustine plastificate dell'album... L'unico dettaglio fuori posto era il buco nell'anta dell'armadio. Avrei dovuto farlo riparare da qualcuno o lasciarlo così, provocante, per ricordarmi ogni santa volta dell'accaduto. Esaminandolo con più attenzione, notai che attorno alle schegge di legno c'era una strana chiazza scura che mi ricordò il sangue, come se qualcuno vi avesse sbattuto la testa dentro. Non mi passò proprio per la mente che potesse essere sangue di Nakir, così immaginai la scena di lui che vi sbatteva contro la testa di qualche (come definirlo?) demone. Rabbrividii. In futuro non avrei mai più osservato quella stanza con gli stessi occhi di quando ero arrivata. L'unico luogo in cui mi sentivo veramente protetta si era trasformato in un covo facilmente rintracciabile da demoni e strani ragazzi in nero. Ancora non sapevo se credere ai demoni o no, e fare ricerche su Internet mi avrebbe portato a credere cose che la mia mente non era in grado di immaginare. La risata di Nakir quando li avevo caratterizzati, poi... Quale aspetto potevano mai avere?

Mi sedetti a gambe incrociate sul letto, con la schiena poggiata al muro, le mie storie adagiate sulle coperte in tanti fogli sparsi. Avrei continuato a leggerle, ma una infondata paura mi annebbiava la vista. Paura di quello che avrei potuto trovarvi scritto.

Il Cavaliere Angelico si preparò ad un'ennesima battaglia contro le creature che minacciavano la sicurezza delle strade per le quali, ignari, passeggiavano gli abitanti ogni giorno. Se solo avesse atteso un "Grazie" da loro, avrebbe già cambiato mestiere, se così si poteva definire. No, lui non voleva essere ringraziato, non si aspettava riconoscimenti o medaglie, non aveva mai ucciso per la gloria o il potere. Lui uccideva perché era l'unica cosa che riusciva a non fargli pensare al dolore che era costretto a mascherare. Arraffò più armi che poté, incurante del peso che potessero esercitare su un corpo sì possente, ma anche fragile come il suo. Non si soffermò a verificare, ma probabilmente aveva più cicatrici rispetto all'ultima volta che le aveva contate. In fin dei conti le sue ferite esistevano per il solo scopo di riportargli memorie, dato che si rimarginavano nel momento stesso in cui si formavano. Il ragazzo infilò la Spada nel fodero e si coprì il volto con un cappuccio. Un sorriso gli increspò le labbra; gli sarebbe bastata solo la Spada per uccidere un demone, ma la compagnia e la familiarità delle sue armi non gli dispiacevano. A passo deciso si incamminò in un vicolo buio, fino a quando non percepì la presenza di un corpo nero: nero nell'anima, non nell'abbigliamento. La sua mano toccò con un gesto istintivo l'impugnatura della Spada e la estrasse dal fodero con un suono metallico. Il Cavaliere si accanì contro la strana creatura e in meno di un secondo si ritrovò a contemplarne il corpo ormai esanime che giaceva a terra nel suo sangue nero pece.

La suoneria del cellulare mi fece sobbalzare. Ogni volta mi immedesimavo a tal punto nella lettura da varcare i confini della fantasia. Il Cavaliere Angelico... Ormai non avevo dubbi sul fatto che la descrizione del mio personaggio corrispondesse a Nakir, ma come fosse possibile mi sfuggiva ancora.

Piena d'ira, mi preparai ad attaccare per la terza volta da quella mattina, convinta che fosse di nuovo Paris che tentava di parlarmi. Invece, un istante prima di premere il pulsante rosso, lessi il nome di Sean sullo schermo. Avevo fatto perdere la mia fiducia all'unico vero amico che avessi mai trovato. Rendersi conto che il numero di amici si fosse inesorabilmente ridotto a uno in meno di ventiquattro ore fu devastante.

«Pronto? Sean?» dissi con un filo di voce. Non mi aspettavo proprio una sua chiamata (al suo posto sarei stata arrabbiatissima).

«Ciao» rispose secco. Percepii l'impazienza dal respiro corto contro la cornetta. «Come stai?»

Feather 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora