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A volte, di fronte alla maestosità di certi scenari naturali, non puoi sentirti altro che impotente. Fuori dalla grotta l'acqua si raccoglieva in pozzanghere acquitrinose. Una distesa sconfinata di prato era solcata da stradine lastricate con curiosi motivi geometrici. La valle paradisiaca che si apriva davanti a me era interrotta da una profonda faglia, una gola rocciosa che segnava indelebilmente il terreno estendendosi per sconfinati chilometri, sempre dritto nel suo cammino fin dove l'occhio non riusciva più a scorgerla. La cosa più sconvolgente e mozzafiato però era un'altra. Proprio su una sponda della gola, su un complesso roccioso dall'aria impraticabile, si ergeva una struttura simile ad un palazzo, ma decisamente più antico rispetto a quelli descritti nei libri di favole. Sulla facciata correvano pallide vetrate illuminate dalla luce del sole, mentre l'architettura color avorio era tutta un susseguirsi di archi, balconcini, statue e torri. Guglie e pinnacoli trafiggevano il cielo. Inoltre l'avorio risplendeva di una luce argentea e innaturale, collocando il palazzo in un'atmosfera ancora più magica. Parallelamente alle scalinate che conducevano alla porta d'ingresso scorreva pigramente un ruscello che si immetteva nella faglia. Affacciandomi notai che anche quest'ultima era piena d'acqua, anzi, c'era addirittura un fiume, e il suono che si udiva uscendo dalla grotta derivava da lì. Attorno a noi c'erano selvagge foreste che si estendevano fino a quando le catene montuose non prendevano il loro posto, racchiudendo quella terra per evitare che la magia potesse abbandonarla. A completare il quadro contribuiva anche il cielo, di un azzurro intenso interrotto da nuvole rosa che tingevano dello stesso colore le vette innevate delle montagne. Il cielo non era per niente uguale a quello che avevo contemplato qualche ora prima; aveva perso tutta la sua limpidezza e ora stava diventando scarlatto come se stesse già per tramontare il sole.

«Immagino che adesso tu sia un po' più preparata ad avere delle risposte» disse Nakir, infrangendo il silenzio nel quale ero caduta. Camminavamo lungo il bordo della faglia, lo strapiombo alla nostra sinistra, e ogni dettaglio, anche il più stupido -come un fiore o una roccia scalfita dall'acqua- riusciva a catturare la mia attenzione.

«Ci troviamo poco più a nord rispetto al cuore di Los Angeles» mi spiegò lui «e il vero motivo per cui la città prende questo nome è la presenza di questo posto del quale, tra l'altro, nessuno è a conoscenza.»

«Sembra il paradiso...» sussurrai a mezza bocca, intenta a studiare i disegni che decoravano la strada. C'erano tante croci greche di color magenta e altri simboli che non riuscivo a identificare.

Nakir inarcò un sopracciglio. «Oh, no, fidati, non ha niente a che vedere. Sono due cose completamente diverse.»

Lo disse con una fermezza che mi fece dubitare di una frase che voleva essere solo metaforica.

Volsi lo sguardo verso le montagne. «E in quelle chi ci abita? Altri Cacciatori?»

Anche lì, ammassate una accanto all'altra come se facessero parte delle roccia stessa, si intravedevano le guglie di piccole case slanciate verso l'alto, che però ben si mimetizzavano per il colore grigiastro della pietra con cui erano costruite. Notai che ognuna possedeva un comignolo, ma da nessuno proveniva uno sbuffo di fumo e le luci all'interno erano spente.

«Alcuni Nephilim ancora vi abitano» raccontò Nakir. «Oggi, per causa forza maggiore, i Cacciatori sono stati dispersi in ogni angolo della Terra per combattere i demoni che ne minacciano l'equilibrio, anche se rimarremo sempre in inferiorità numerica.» Un guizzo di rancore gli incrinò la voce e le sue dita corsero ad una collana che aveva appesa al collo. Non l'avevo mai notata prima.

«Quindi vuoi dire che prima i demoni non esistevano?»

«Oh, sì che esistevano, ci puoi scommettere. Ma non erano così tanti...» Si schiarì la voce, in difficoltà nello spiegare ad un'umana episodi biblici che avevano sconvolto il mondo. «Quando ci fu la cacciata di alcuni angeli dal Paradiso, con la conseguente creazione dell'Inferno e la nascita dei demoni, Lucifero per vendicarsi scagliò alcune schiere del suo esercito sulla Terra con l'intenzione di dominarla, convinto di creare un esercito ancora più forte e un dominio che si estendesse oltre ogni confine. Fu allora che comparvero i Cacciatori. L'Arcangelo Michele, a capo delle milizie celesti, scoprì che per ogni generazione impura di Nephilim nasceva un individuo più forte degli altri, agile, astuto e con la stessa capacità di maneggiare le armi che possedevano gli angeli. Per ordine di Dio divennero il suo esercito terrestre, al solo scopo di proteggere gli umani dal male che stava imperversando e che stava trasformando intere popolazioni in servi di Satana. Con il tempo le cose sono peggiorate e, dato che per ogni Cacciatore ci sono circa mille demoni se non di più, dobbiamo attrezzarci come meglio possiamo.»

«Ma Agares mi ha detto che gli angeli che hanno relazioni con degli umani vengono puniti!» obiettai, al limite della confusione. «Come fanno allora a nascere nuovi Cacciatori?»

«Una volta era così» spiegò lui pazientemente. «Ma a seguito della scoperta dell'arcangelo Michele, le regole in Paradiso si sono ribaltate del tutto e ora gli angeli quasi non disprezzano più i Nephilim per la loro "razza impura", anzi, se ne servono per loro comodità. È per queste discriminazioni che tra Nephilim e angeli non è mai corso buon sangue.»

Ormai eravamo nel piazzale di fronte al palazzo, una piazza minuta ma curata in ogni singolo dettaglio. In una fontana svettava la statua di un angelo imponente che, ali spiegate e Spada in pugno, stava uccidendo un demone colpendolo all'altezza delle scapole. Le labbra del mostro erano schiuse in un urlo muto ma carico di angoscia, che sembrava riverberarsi nella piazza attraverso lo scroscio dell'acqua. Tutto attorno si ergevano sequoie e robinie in fiore, silenziose come giganti che sorvegliano il loro regno. Ogni tanto il vento ne scuoteva le voluminose chiome.

«Loro sono l'Arcangelo Michele e Lucifero» spiegò Nakir intercettando il mio sguardo, perso su quel complesso marmoreo da mozzare il fiato. «Inizialmente rappresentavano la coppia angelica per eccellenza, ma in seguito l'Arcangelo si separò da tutti coloro che avevano operato la scissione dal Paradiso, compreso Lucifero, per rimanere fedele a Dio. Gli infedeli precipitarono negli Inferi. La leggenda narra che l'Arcangelo Michele non rida mai.»

«Adesso ho capito da chi hai preso!»

«Non penso sbagliasse, anzi, ammiro la sua filosofia. Il sorriso è una parte importante di se stessi e deve essere condiviso solo con chi sa apprezzarlo davvero.»

Posai di nuovo lo sguardo sulla statua. Dopo le spiegazioni di Nakir sembrò prendere vita sotto i miei occhi. «E' meravigliosa» mormorai.

«Pensa che ironia» fece Nakir con una risata. «Durante uno dei miei tanti viaggi sono capitato in Spagna e, nel Parque del Retiro di Madrid, ecco che mi ritrovo davanti la Fuente del Angel Caìdo, ossia la fontana dell'Angelo Caduto. Rappresenta Lucifero nel momento della caduta, ispirata al Paradiso perduto di John Milton. Chiunque passava di lì andava blaterando che quella era l'unica rappresentazione al mondo della Stella del Mattino.» Schioccò la lingua tra i denti, prima di commentare: «Se solo venissero a conoscenza di questo posto, l'importanza delle loro sculture umane verrebbe subito ridimensionata.»

Il palazzo visto da vicino non aveva assolutamente niente di regale; sì, non si poteva negare la sua sontuosità, o il fascino, ma in alcuni punti era anche coperto di radici e vegetazione come se fosse emerso direttamente dalla terra. Al centro esatto del tetto, tra le varie guglie, si faceva spazio una chioma appartenente a qualche albero secolare. La stranezza era che quell'albero affondava le sue radici nel cuore del palazzo, come se ve l'avessero costruito attorno.

«E tu?» chiesi io all'improvviso.

«E io cosa?» fece eco Nakir. Era intento a spingere il portone dell'edificio. L'interno emanava una luce azzurro ghiaccio, la stessa che proveniva dal complesso rosone posto poco più in alto.

«Voglio dire, tu cosa ne pensi degli angeli e dei demoni?»

Lui miguardò a lungo e un muscolo guizzò sotto la mascella contratta. «Conosco abbastanza bene gli angeli da sapere che per loro non conta più l'amore ma solo il potere, esattamente come per i demoni che ci ordinano di combattere.» Le porte si aprirono con un rumore di cardini arrugginiti. «Ora però basta domande. Benvenuta alla "Confraternita della Rosa Nera". E speriamo» aggiunse con una punta di rammarico «che l'accoglienza sarà migliore di come me la immagino.»

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