2.

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Fui svegliata da un lieve rumore che proveniva dalla finestra. Un tamburellare insistente che feriva le mie orecchie, desiderose di perfetto silenzio per consentirmi di continuare a dormire un po'. Aprii un occhio ancora mezzo addormentata. Una tenue luce rischiarava la stanza e, per un attimo, mi domandai dove fossi finita. Quella non era casa mia, non c'erano le mie cose, non era il mio letto. Poi ricordai. Il cambio di aria e la stanchezza dovuta al viaggio mi avevano regalato un lungo sonno profondo e senza sogni, tanto che mi ci era voluto più di qualche secondo per tornare in me e fare chiarezza nella mia testa. Parigi. Séline. Jack. Traditore, Jack. Mi sedetti di scatto e realizzai appieno il motivo per cui mi ero svegliata. Pioveva a dirotto. Non era previsto nei miei piani, di restare chiusa in casa a non fare niente. Avevo pensato che ogni singolo minuto di quei dieci giorni avrebbe dovuto essere riempito da visite e passeggiate, in modo da non avere fisicamente il tempo di crogiolarmi nella miseria della mia condizione.

Invece no. Udii un tuono piuttosto forte e, subito dopo, il rumore dell'acqua che batteva contro gli scuri semi chiusi della finestra divenne ancora più assordante. Scossi la testa, contrariata. Non era così che sarebbe dovuto andare! Come potevo uscire con un tempo del genere? Mi si prospettava una lunga giornata chiusa in una casa che non era la mia, con nessun'altra compagnia che i miei pensieri. Sentivo già ai margini della mia mente che tutte le riflessioni cupe, che stavo con tanta fatica tenendo a bada da quando avevo scoperto il tradimento di Jack, lottavano per venire fuori e travolgermi. Non l'avrei permesso, non volevo diventare un relitto a causa di ciò che mi era successo. Avevo fatto troppa fatica per raggiungere equilibrio interiore e sicurezza in me stessa e nei miei mezzi e non volevo perderli, a nessun costo. Nessun Jack me ne avrebbe privato, a costo di chiudere il cuore in una cassaforte e lasciarlo lì a marcire.

Avrei dovuto trovare qualcosa da fare, fino a quando la pioggia non fosse diminuita a sufficienza da permettermi di uscire. Il mio occhio cadde sulla "Guide du Routard" di Parigi che avevo comprato prima di partire e capii come avrei potuto passare il mio tempo in maniera utile: avrei preparato un piano dettagliato delle cose da fare e da vedere per ogni giorno della permanenza in Francia. Lo facevo sempre quando andavo in qualche posto che non conoscevo, in modo da avere tutto pianificato e definito, solo che la fretta con cui ero partita quella volta non mi aveva permesso di procedere come al solito. Bene, il fatto che piovesse non era del tutto negativo, in fin dei conti. Sarebbe stato peggio perdere una mattinata di sole per stilare la mia lista di "to do".

Senza ulteriori indugi mi alzai e andai a fare una doccia veloce. Poi, indossata una tuta comoda e mangiato un croissant che avevo acquistato il giorno prima pensando che magari non avrei avuto tempo o voglia di fare colazione fuori, mi appollaiai sul divano di Séline con il mio fido taccuino azzurro in grembo e la Guide davanti a me e mi immersi nella lettura. C'era talmente tanto da fare in quella città che non sarebbe stato difficile riempire ogni minuto della mia permanenza. Per fortuna.

Il tempo scivolò via senza quasi che me ne accorgessi. Ero talmente concentrata a leggere e scegliere le mete dei miei prossimi giri, che non sapevo neppure più se stesse piovendo ancora, né che ore fossero. Fu così che, quando squillò il cellulare, ebbi quasi un infarto e lanciai un grido di spavento, lasciando cadere taccuino e penna a terra. Guardai il display che pulsava quasi con odio, mentre cercavo di tenere a bada i battiti impazziti del mio cuore. Avrebbe dovuto essere illegale fare prendere colpi del genere alle persone!

Séline

Quando vidi il suo nome mi diedi della stupida: lei sapeva che detestavo fare telefonate per avvisare che stavo bene, quindi non mi aveva chiesto di chiamarla la sera del mio arrivo. Tuttavia io stessa le avevo promesso che le avrei fatto sapere entro la mattina dopo come stesse andando. E invece me ne ero dimenticata. Non avevo una famiglia mia a cui telefonare, essendo i miei genitori venuti a mancare tre anni prima, e lei era la persona più vicina a una sorella che potessi avere, avevo sbagliato a trascurarla.

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