23.

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Momenti liquidi, fissati in una stella, che abbracciano passato presente e futuro, istanti palpitanti di vita che restano per sempre nel cuore. Abbracciata a David, mentre le nostre labbra si cercavano senza tregua e le mie  mani accarezzavano e sentivano, attraverso la stoffa, il suo corpo, i suoi capelli e le sue spalle, mi sembrava che fosse avvenuto un corto circuito spazio-temporale e che gli ultimi anni non fossero mai avvenuti... eravamo di nuovo fuori da quel pub, lui ed io.  Svanito Jack, svaniti gli errori, i litigi, tutti i momenti persi. Nel libro del destino ci era stata riservata anche una seconda possibilità e, per qualche motivo che mi era oscuro, vi avevo avuto accesso. Mi inebriava sentire il suo corpo avvinghiato al mio, assaporare la dolcezza delle sue carezze e avvertire il suo respiro affrettato, all'unisono con il mio. Avrei voluto che quel momento non finisse mai. 

Invece terminò, fin troppo presto. Il suono improvviso di un clacson ci riportò alla realtà di quel momento, della pioggia e dell'umidità che stava penetrando nelle ossa. Le nostre labbra si staccarono, ma restammo lì un po', abbracciati, fronte contro fronte.

"Cosa stiamo facendo?" sussurrai, senza pensare. Avevo sempre gli occhi chiusi e continuavo ad assaporare le piccole carezze che David continuava a fare sulla mia nuca e sul collo. "Non lo so" rispose piano, l'ombra di un sorriso nel tono della sua voce "Non eri prevista, Evangeline Mayers... " si interruppe e staccò la fronte dalla mia, senza tuttavia smettere di accarezzarmi il viso. Aprii gli occhi e lo scoprii intento a studiare ogni centimetro del mio viso. L'espressione dolce nei suoi occhi trovò un'eco profonda nel mio cuore, che perse un battito. "Mi sembra impossibile che tu sia qui e che noi... " si interruppe di nuovo, racchiuse il mio viso fra le sue mani e mi sfiorò di nuovo la bocca con le labbra. "Tu non hai idea di cosa significhi per me il fatto che sei venuta fino a qua, davvero... " sussurrò, per riprendere a baciarmi subito dopo. Lo strinsi forte a me e ricambiai il bacio, avevo perso le parole e non avevo altro modo per fargli capire che ciò che sentiva lui era il riflesso di ciò che avevo nel cuore io. 

All'improvviso, la pioggia prese a cadere a più non posso. David si staccò da me e disse, mentre mi guardava e scostava alcune ciocche di capelli fradici dalla mia fronte, "Se restiamo qua prenderemo una polmonite. Vieni, ti do qualcosa di asciutto da indossare e poi ti accompagno a casa... faccio il bravo giuro", terminò strizzandomi l'occhio con un sorriso. Gli sorrisi a mia volta, ma fra me e me pensai se il fatto che facesse il bravo era davvero quello che volevo.

Mi prese per mano e ci incamminammo verso il caseggiato stile liberty che si vedeva attraverso gli alberi, poco lontano. La mia mano nella sua mi dava una sensazione di calore e protezione che  mai mi era capitato di provare con Jack e, ancora una volta, mi domandai come avessi fatto a pensare di amarlo e poterlo sposare.

L'appartamento di David era all'ultimo piano e godeva della vista meravigliosa di uno scorcio di Parigi, bellissimo nonostante la pioggia battente. Mi sarei aspettata una casa iper moderna, arredata con poche cose essenziali e un po' fredda, invece mi trovai di fronte a un piccolo nido, in cui una mano sapiente aveva saputo mescolare al meglio arredi moderni e classici, rendendo il tutto molto caldo e accogliente. Gli spazi non erano enormi ma, nonostante questo, il padrone di casa aveva trovato il modo di far stare nel soggiorno, senza che sembrasse invaderlo tutto, un pianoforte a coda. Lo guardai stupita appena entrata in casa, poi mi voltai verso David.

"Ma... tu suoni?" chiesi, incredula. Chissà perché, mi sembrava impossibile che gli piacesse la musica, tanto da imparare a suonare uno strumento del genere.

"Sì, mi rilassa molto", rispose lui passandosi noncurante una mano sul viso, per togliere le gocce d'acqua che, dai capelli, continuavano imperterrite a rotolare sulle sue guance. Avrei voluto farlo io, ma mi sembreva che fossimo ancora distanti, nonostante il bacio, che quel mio gesto richiedesse una complicità e familiarità che ancora non avevamo acquisito.

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