12.

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Non ce la facevo più. Io ero sempre stata un'instancabile camminatrice, ma il mio "cicerone" lo era quanto e più di me. Aveva preso alla lettera il compito di farmi scoprire gli angolini più deliziosi e ignoti di Parigi, solo che si era dimenticato che, ogni tanto, non sarebbe stato disdicevole fermarsi a riposare cinque minuti.

"Ti prego Alain, facciamo una pausa! I miei piedi stanno per dichiarare sciopero!" Sbottai a un certo punto prendendo il mio compagno per un braccio, quando nel mio campo visivo si inserì un meraviglioso piccolo bar immerso nel verde con sedie di ogni forma e colore che sembravano gridare 'Venite qui!'.

Alain sbuffò in modo plateale, poi veleggiò verso il più vicino dei tavolini con un'aria molto scontenta.

"Hai poca resistenza, amica mia. Di questo passo non vedremo che una minima parte di ciò che ho in mente", disse con sussiego mentre si sedeva. In effetti lui era fresco e sembrava riposato, come se si fosse appena alzato dal letto. Non come me, che dovevo apparire come una specie di zombie. Mi guardai bene dallo sbirciare la mia immagine riflessa sulla vetrata del bar, ma feci l'enorme errore di posare lo sguardo sul mio compagno di passeggiata che mi stava osservando mentre precipitavo con malagrazia su una poltroncina arancione stile liberty dall'aria molto comoda. Gli si era dipinta sul viso un'espressione che non poteva essere catalogata altro che come disprezzo-pena-derisione, tanto apparivo sfatta e desiderosa di una pausa.

"Smettila di guardarmi in quel modo, sono solo un po' stanca!" sbottai dopo essermi seduta e accorgendomi che quell'esame irritante non cessava. Non mi era mai piaciuta la sensazione di avere qualcosa fuori posto e in quel momento ero del tutto sopraffatta dal desiderio di sparire nel nulla per quanto mi sentivo in disordine.

"Sai una cosa?" disse lui, incurante delle mie proteste. "I tuoi capelli hanno bisogno di una sistemata, sono... da vecchia. Ma ho la soluzione che fa per te, dammi tre minuti". Lo vidi prendere in mano il telefono con aria di chi ha appena avuto un'idea meravigliosa e del tutto incurante di avere appena inferto un colpo non da poco al mio ego. Cos'avevano di sbagliato i miei capelli? Certo, in quel momento erano senz'altro spettinati... ma io amavo sia la loro lucentezza, sia i toni caldi del castano che prendevano quando erano illuminati dal sole, sia il fatto che fossero un po' ondulati. Come si permetteva di criticarli, quel bellimbusto? Mi alzai irritata. "Torno subito" dissi, con l'intenzione di andare nel bagno del locale e darmi una sistemata. Alain mi guardò appena e fece uno svolazzo con la mano per indicarmi di avere capito, poi iniziò a parlare fitto fitto al telefono. Per fortuna non comprendevo ciò che stava dicendo, perché avevo la netta sensazione che non avrei gradito un gran che.

Quando tornai al tavolo ero finalmente pettinata e, almeno un pochino, più serena e pronta ad affrontare quello che Alain aveva in mente.

"Finalmente, mia cara! Stavo per mandare qualcuno a cercarti!" esclamò il mio cicerone non appena mi risedetti al mio posto. Naturalmente notò che mi ero messa in ordine, ma nulla sul suo viso lasciò trapelare ciò che gli era passato per la testa. Mi sembrò solo che l'ombra di un sorriso divertito gli sfiorasse le labbra e gli illuminasse lo sguardo, ma fu questione di un istante e non ebbi poi mai modo di scoprire se avevo avuto le traveggole oppure se era successo davvero. Non ebbi neppure il tempo di  soffermarmi sulla cosa, perché iniziò subito a spiegarmi senza mezzi termini ciò che aveva appena organizzato.

"Amica mia, hai bisogno di un touche de modernité... non esiste che te ne vada da Parigi come sei arrivata. Ti concedo dieci minuti di riposo, poi andremo in un posto speciale che io adoro dove sarai rimessa a nuovo", annuì soddisfatto della sua idea e mi guardò aspettando la mia reazione. Ma io ero troppo sorpresa per parlare, trovando quella situazione così surreale da risultare quasi incredibile. Un tizio che conoscevo da poche ore non solo mi trattava con una familiarità come neanche le mie amiche più care facevano, ma si permetteva di dirmi che ero "tutta da rifare". In quel momento particolare della mia vita non era esattamente ciò di cui avevo bisogno.

10 giorniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora