26.

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"Cara mia, così non va assolutamente! Ti dovrò fare quanto prima una rapida lezione su come preparare una valigia!"

Esclamò Alain con gli occhi fuori dalla testa, mentre mulinava le braccia frenetico, si spostava da una parte all'altra della camera da letto di Séline e continuava a fare secchi cenni di diniego con la testa.

Capivo il suo disappunto. Messa in bell'ordine sul grande letto a baldacchino, la roba che mi ero portata per il soggiorno a Parigi e che aspettava di essere rimessa in valigia, sembrata una montagna. No, in realtà era una montagna, della quale avevo usato sì e no un decimo. Come al solito.

Mi sedetti sul bordo del letto e lo guardai sconsolata. "Lo so, hai ragione... ho sempre avuto la tendenza a portare via troppa roba. Anche i miei genitori avevano provato tante volte a spiegarmi come fare, ma inutilmente... Non per smorzare il tuo entusiasmo, ma non so se imparerò mai..." 

"Lascia fare a me. Se sono riuscito a trasformarti da crisalide in farfalla, la sera dell'Opéra, saprò anche insegnarti a mettere due vestiti in valigia". Sorrise sicuro di sé, poi veleggiò verso il soggiorno, lasciandomi all'ingrato compito di stipare tutta quella roba nel bagaglio a mano.

Mi era capitato a casa all'improvviso quella mattina, quando mi ero alzata da poco più di mezz'ora e avevo ancora sul viso i segni della notte precedente, occhiaie e un mal di testa lancinante. L'epilogo della serata con David mi aveva atterrata e aveva lasciato dentro di me un senso di perdita che non ero ancora riuscita a cancellare.

"Ho sentito David per questioni di lavoro, mi ha detto che saresti partita... So che mi avresti chiamato, ma ho preferito passare a salutarti, non mi piacciono i saluti per telefono" mi aveva detto entrando in casa dopo avermi dato i tre baci sulle guance. Io mi ero sentita in colpa, con tutto quello che avevo per la testa non mi era proprio venuto in mente che avrei dovuto chiamarlo... avevo fatto un grande sorriso e lasciato cadere l'argomento.

Era stato piacevole preparare i bagagli chiacchierando con Alain del più e del meno. A parte la lavata di capo, meritata, sulla quantità spropositata di vestiti che avevo portato con me, naturalmente. Nonostante io avessi un atavica allergia per la preparazione delle valigie, quella fu una goduria, con lui che mi raccontava pettegolezzi su ogni vip, starlette, politico o letterato di Parigi. Non ne risparmiò uno e mi chiesi, fra un risolino e l'altro, se esisteva uomo o donna che quell'eccentrico damerino non conoscesse. I giornali di gossip avrebbero pagato una fortuna per sapere gli intrecci amorosi e gli altarini che mi aveva rivelato nell'ultima ora.

Alla fine anche quella fatica terminò e andai a raggiungere Alain, il quale era mollemente seduto sul divano con una posa che ricordava uno di quei gentiluomini dei tempi antichi immortalati nei quadri.
Mi sedetti di schianto al suo fianco e sbuffai come un mantice, guadagnandomi un'occhiata sdegnata dal mio compagno.
"Contegno, ragazza!" Esclamò, per poi concludere lapidario "ah, devo proprio venire a Londra a completare la mia opera." Non contemplava neppure che io potessi non volere o non avere tempo da dedicargli.
Sorrisi, lo conoscevo da pochi giorni ma mi ero già affezionata a lui. "Sarai sempre il benvenuto, Alain. Londra e io abbiamo bisogno di te", gli presi la mano e gliela strinsi per sottolineare le mie parole. Lui ricambiò la stretta e mi fece l'occhiolino.
"Però spero di rivederti presto anche qui a Parigi, anche se altri sono pessimisti a riguardo..." il tono, l'occhiata, la frase tronca, il cambio di tono su 'altri', mi fecero drizzare all'istante i capelli dietro la nuca. Cosa, voleva dire? Feci finta di non avere capito a chi si riferiva. Mi misi a seguire con un dito i ghirigori della stoffa color crema che copriva il divano e buttai là un noncurante "chi è pessimista?"

"Il caro David, è ovvio" rispose senza esitazione, piuttosto divertito. "Non so cosa tu gli abbia fatto, mia cara, ma non l'ho mai sentito così a causa di una donna. Cos'è successo, da quando avete lasciato casa mia? Stamattina era uno straccio, ma a parte darmi la notizia della tua partenza e lasciarsi sfuggire che temeva che non ti avrebbe più vista, non ha detto altro..." mi piantò gli occhi addosso, in attesa. Io ero troppo stupita e perplessa per fare caso al fatto che Alain fosse in attesa di una mia risposta.
"Cosa ti ha detto David?" Sussurrai sorpresa. "Ha paura che io non torni?" Facevo anche fatica a pronunciare una frase del genere. Non ero riuscita a fargli capire cosa provavo per lui?
"No. Da come l'ho letta io, mi è parso convinto che non tornerai. Cosa deve succedere, o cos'è successo, da renderlo così pessimista?"
"Ma no, come può pensare... io non..." 

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