11.

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Era lì, serafico. Come se la sera prima non fosse mai accaduta. Che faccia tosta.
Eppure non avevo alternativa, dovevo passargli davanti. Possibilmente senza sputargli addosso né fare cose poco eleganti ma che sarebbero state del tutto appropriate. Come si permetteva di venirmi fra i piedi di nuovo? Séline me l'aveva fatta sporca, stavolta. Chiamare lui, fra tutto il genere umano maschile e femminile. Proprio David.

Senza smettere di camminare, frugai nella borsa e tirai fuori il cellulare. Una bella lavata di capo non gliel'avrebbe tolta nessuno. Amica. Non riuscivo a vedere alcun risvolto positivo al fatto che lo avesse chiamato per farmi da guida barra chaperon barra chissà cosa. Neanche uno. Cosa le era saltato in mente? E a lui di accettare, poi. Dopo quanto era successo la sera prima. Che uomo da niente.

I metri che mi separavano da David diminuivano sempre di più, ma non volevo né guardarlo né salutarlo, alla faccia della mia proverbiale buona educazione. Mi concentrai sul telefono e sulla ricerca del numero di Séline. Lo selezionai e lasciai suonare. Nessuna risposta. Codarda, di sicuro aveva visto da chi veniva la chiamata e non aveva voglia di udire rimproveri.

Tre metri.

Con la coda dell'occhio vedevo che David non si era mosso e che il suo viso era sempre rivolto verso di me. Di sicuro era in attesa di vedere come mi sarei comportata quando fossi passata davanti a lui. Decisi di stupirlo e cambiai idea sul saluto. Lo avrei fatto, senza fermarmi e senza dargli il tempo né di rispondere né di chiedermi se volessi compagnia per la mia gita, ma lo avrei fatto. Non mi sfiorò nemmeno l'idea che potesse essere lì per altri motivi, sarebbe stata una coincidenza troppo strana.

Con il cellulare vicino all'orecchio, come se stessi attendendo che, dall'altra parte, qualcuno dovesse rispondere, arrivai alla sua altezza. Girai gli occhi verso di lui, feci un cenno del capo e mezzo sorriso e, senza rallentare, proseguii nella mia camminata in direzione della Conciergerie. Fui sorpresa di notare che non fece neppure il minimo cenno di fermarmi, o di affiancarsi a me. Si limitò a ricambiare il saluto silenzioso con un abbozzato saluto militare, poi girò lo sguardo e fissò un punto alle mie spalle, come se io non esistessi più. Che mi fossi sbagliata e la sua presenza lì fosse stata davvero solo una coincidenza? Se solo Séline mi avesse risposto.
Da dietro le spalle udii la sua voce dire "Finalmente, è mezz'ora che ti aspetto!" con un tono fra il sorridente e il sollevato.
Non era lì per me, era stato solo un caso che ci fossimo incrociati.
'Meglio così' pensai con una scrollata di spalle e relegai il pensiero di quella sfortunata coincidenza in uno degli angoli più bui del mio cervello. Volevo godermi la visita e lo avrei fatto nonostante tutti gli uomini sgradevoli del mondo.

Presi a camminare a passo svelto e ben presto mi trovai di fronte all'ingresso del grande complesso che aveva ospitato le prigioni durante la Rivoluzione Francese, in cui anche Maria Antonietta aveva trascorso giorni bui prima dell'esecuzione.

Avevo visto in internet foto della grande sala dal soffitto basso sostenuto da una selva di colonne unite una all'altra da archi a sesto acuto, così non fui colpita più di tanto dalla sua bellezza. Insieme ad altri turisti, feci un rapido giro, mi stupii di fronte all'immenso caminetto, che in altri tempi doveva essere stato usato per preparare da mangiare a centinaia di persone, e poi mi diressi verso la parte in cui si trovavano le prigioni.

Rimasi impressionata dalla cella che fu di Maria Antonietta, più che altro per la ricostruzione fedele che ne era stata fatta con tanto di manichino della regina seduta di spalle e della guardia che la teneva d'occhio da dietro un paravento. Mi allontanai in fretta, mentre un senso di malessere si propagava dalla bocca dello stomaco a ogni fibra del mio corpo. Avevo la sensazione di avere guardato attraverso uno squarcio spazio-temporale e di avere visto davvero la regina in uno dei suoi ultimi momenti.
Respirai a fondo e tirai fuori la mia Guide du Rotard, pensando che leggere qualche curiosità asettica sul luogo mi avrebbe aiutata a tornare con i piedi sulla terra. Forse non era stata una grande idea andare lì e meno che meno farlo da sola. Era evidente che il mio stato emotivo in quei giorni era troppo instabile e veniva scosso per un nonnulla.

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