Admittedly

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La cena passa tranquilla, tutti ridono e scherzano, sembra che nessuno se ne sia mai andato, sembriamo uniti proprio come prima.

Sembra che facciamo tutti parte della stessa squadra, senza tradimenti ed incomprensioni.

Guardo Marco, scherzare con Mario, Alex li adora insieme e si capisce che il loro legame è unico, qualcosa di indissolubile.
Guardo la mia amica, sorridere e conversare con Sophie, magari mentre sclera sul proprio ragazzo e sul fratello.
Guardo Erik, Mats e Roman parlare e ridere, Roman che si passa una mano tra i capelli e mi sorride, i suoi occhi scuri che mi scrutano, quasi come se mi potessero proteggere.
Guardo Robert, vicino a me, a due passi, con una birra in mano che si tortura le labbra, come se volesse dire qualcosa.

«Ti sei giocato la cena. Sappilo.» lo anticipo prendendolo in contropiede, instaurando una conversazione che magari non doveva iniziare così.

Il polacco sospira, mi guarda ed io distolgo lo sguardo, i suoi occhi mi incantano ancora e non posso far finta di niente se lui è tanto vicino a me. «Dobbiamo parlare Marika.» parla calmo, fermo e deciso, mentre io tremo al sol pensiero di rivivere quegli attimi.

Gioco distrattamente con la collana che porto al collo, un ciondolo con la lettera M, per racchiudere sia il mio nome che quello di Marco.
«Di cosa? È passato un anno e non hai voluto chiarire, ora, all'improvviso, vuoi parlarne. Perché?» chiedo con gli occhi lucidi.

La sua vicinanza mi fa vacillare, vuole parlare del passato ma io non voglio riviverlo.
Fa talmente male che ogni volta sento una pugnalata più forte al cuore.

Voglio solo buttare tutto alle spalle, senza risposte, senza chiarimenti.
Vorrei poter fare come Memento: addormentarmi e dimenticare.

Robert si avvicina a me, sento il suo respiro sul collo, mille brividi si formano sul mio corpo, quanto vorrei girarmi e guardarlo negli occhi, ma rimarrei ammaliata da ciò che racchiudono, dai cristalli che mi guardano con una tale intensità che sarebbero capaci di scavarmi dentro.
Ed io non voglio che legga la mia paura di confronto. La paura che si accorga che non l'ho mai dimenticato.

«Dammi l'opportunità di parlarti. Un'unica opportunità di chiarirmi, di scusarmi.» la sua voce è calda, sembra miele sulle mie ferite, qualcosa di dolce e appiccicoso che potrebbe farle chiudere. Ma è lui che me le ha causate. «Piccola, ho bisogno di te.»

I miei occhi si riempiono di lacrime, le sue parole mi portano indietro nel tempo e fanno male.
Mi allontano da lui, dagli altri, mi rinchiudo in camera, ho bisogno di tempo, di respirare, di aria familiare.

Ho bisogno di solitudine.

Respiro profondamente, una mano sul petto per sentire il cuore, l'altra distesa lungo il fianco.
Le lacrime scavano dei solchi lungo le guance, il respiro a singhiozzo di chi piange senza sosta, ma silenziosamente.

Sono piegata in due dal dolore e nessuno può capire ciò che provo.

La porta si apre, sono seduta a terra, le gambe al petto, strette dal mio abbraccio, la schiena curva, poggiata al letto, il viso nascosto tra le ginocchia.
Non vedo chi entra, ma riconosco il suo profumo, il suo tocco che mi fa tremare e rabbrividire, è come se mi scortasse ogni qual volta si avvicinasse.

«Cosa ti ho fatto...» mormora più a se stesso che a me.

Vorrei urlare che mi ha spezzato il cuore, l'ha preso e l'ha buttato tra le spine di un rovo in fiamme.
Ma rimango zitta, sono le mie lacrime a parlare.

Robert cerca di accarezzarmi il braccio, vuole tranquillizzarmi, farmi alzare la testa e guardarlo negli occhi.
Non capisce che sono immobile, chiusa a riccio nella mia sofferenza.

«Ti giuro che non volevo questo. La situazione mi è scivolata di mano e...» sospira, non sa se continuare a parlare o restare zitto.

«E?» chiedo sussurrando, la gola in fiamme a causa dei singhiozzi. Ormai si è messo in gioco.

Alzo di poco lo sguardo, Robert è seduto avanti a me, mi guarda con gli occhi spalancati, non riesce a credere che finalmente lo starò a sentire.
Si lecca le labbra e inizia a parlare: «Ti ricordi quella sera, dopo Natale, che avevamo litigato di brutto?» annuisco semplicemente e lui riprende «Stavamo in Polonia, io ero uscito per distrarmi. Le tue grida mi mandavano fuori di testa e volevo solo bere qualcosa con un amico e ritornare da te. Bhe, quella sera, con Arek, ho incontrato Anna e ci siamo baciati...» si lecca le labbra, si passa una mano per i capelli, mentre io lo guardo shoccata.

«Ma quella sera sei tornato a casa, con Arek, mi aveva assicurato che non era successo niente. Abbiamo fatto l'amore...» inizio a parlare a vanvera, il cuore in gola, l'umiliazione alle stelle.

Robert mi prende la mano, la stringe, ha gli occhi lucidi e quel rosso fa così tanto contrasto con i suoi occhi color cristallo. «Non voglio mentirti, non voglio dire che lei mi ha costretto ed io l'ho dovuto fare per qualche strano motivo. Voglio dirti la verità: abbiamo iniziato a sentirci dopo quella sera, pensavo che non provavo più niente per te. Quando ti stavo lontano mi mancavi, certo, ma era sopportabile. Però, poi, quando ti vedevo io non capivo più niente, perché ti amavo davvero e mi sentivo un verme a pensare ciò che facevo. Ma tu te ne andavi di nuovo e...»

«Non dire più niente. Non voglio ascoltarti.» tolgo la mia mano dalla sua stretta, copro le orecchie, non lo voglio sentire. Fa tutto troppo male, fa tutto troppo schifo. Io mi fidavo di lui e lui mi ha tradito. «Tu non mi amavi Robert. Non mi amavi. Chi ama non tradisce!» urlo, gli occhi ricolmi di lacrime, il cuore distrutto.

Robert si alza, cammina per la stanza, è irrequieto, si massaggia gli occhi, mi guarda. Non sa che dire, non sa che fare. «Hai ragione.» dice all'improvviso. «Hai ragione. Io non ti amavo quanto tu amavi me. Ti ho sempre dimostrato tutto Marika, tutto, tranne il rispetto che tanto volevi, che decantavi. Ma purtroppo si capisce il valore di una cosa solo quando la si perde. Io ho capito di non poterti stare lontano quest'anno. Ho capito che senza di te tutto era grigio e nero. Anna l'ho lasciata quella notte, quando ci hai scoperti. Da allora non sono riuscito a legarmi a nessuna perché al mio fianco volevo e voglio solo una persona: tu. Ho bisogno di te, piccola. Nella mia vita ho tutto ma non ho te e se potessi tornare indietro...»

«Non si può tornate indietro Rob! Non si può. Non puoi venire qui, a dire tutte queste cose quando io ti ho aspettato per mesi e mesi, con il cuore distrutto e la dignità calpestata. Se fossi tornato un anno fa a quest'ora, magari, avevi già avuto un'altra chance! Ora, invece, è tutto fottutamente inutile!»
Ormai sono alzata anch'io, ho il suo viso a pochi passi dal mio, l'ho spinto per farlo stare zitto, ma le mie mani sono ancora posate sul suo petto bloccate dalle sue. Una mano poggiata sul suo cuore, avanza lentamente, ha gli occhi lucidi e fa vagare il suo sguardo dai miei occhi alle mie labbra.

«Sono stato un bastardo, un figlio di puttana. Ma ti prego di credermi quando dico che ti amo, che ogni giorno senza di te l'ho passato a maledirmi. Non volevo nessuna al mio fianco se non te e l'ho capito tardi, troppo tardi.» le sue labbra quasi sfiorano le mie, mi guarda con un'intensità assoluta ed è impossibile non credere a degli occhi così cristallini.

Lo guardo e sospiro. «Vattene.» dico spingendolo via. Apro la porta, lo faccio uscire, vuole protestare, ha gli occhi gonfi di lacrime ma questa scena già l'ho vista, l'ho vissuta e se lo facessi restare non porterebbe a nulla di buono.
Chiudo la porta alle mie spalle e mi lascio andare contro di essa.

«Riconquisterò te e la tua fiducia.»

«Sono stanca di parlare con te Robert.»

«Io ti amo ancora e sono sicuro che anche tu mi ami.
L'ho letto nei tuoi occhi.»

«Analfabeta.»

Ora so la verità, lui mi ama ancora ed è un bastardo.
Io lo amo ancora, ma fingerò per non soffrire più.

Proteggiti da Me || Robert LewandowskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora