Spectre

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Sono a casa di Roman, ormai è passata poco più di una settimana da quando ho scoperto delle lettere, da quando ho litigato e, subito dopo, fatto pace con mio fratello.

Ho parlato con Robert in questi giorni, ringraziandolo per la sorpresa di Pasqua e mandandogli, io stessa, un uovo per ringraziarlo e per augurargli buona Pasqua, anche se in ritardo. Gli ho detto delle lettere, lui ha fatto finta di non saperne nulla. Ma, quando ho spiegato la situazione con mio fratello, lui ha detto la stessa versione di Marco, pur non sapendo che lo stavo mettendo alla prova, per vedere se le cose coincidevano con la versione di mio fratello.

Con Roman, invece, le cose vanno abbastanza bene, ancora non ho trovato il coraggio di parlare con lui di tutto ciò che ho scoperto. Per due semplici motivi: uno, ho paura di farlo star male; due, Roman mi è davvero entrato nell'anima.

Non voglio perdere una persona come lui.

Sono stesa con lui sul divano, mentre guardiamo un film d'azione scelto da lui. Non capisco nulla, perciò presto la mia attenzione al portiere che mi stringe fra le sue braccia muscolose.
Mi sento bene con lui, eppure so che non è questo il mio posto.

Giro tra le sue braccia, poggiando la mia testa sul suo petto. Sento Roman sorridere, mi stringe a se, mentre si tira giù, per stare alla mia altezza.
Ci guardiamo negli occhi, ogni tanto il mio sguardo finisce sulle sue labbra, ma è lui che prende l'iniziativa.

Le nostre labbra si uniscono e le lingue danzano insieme, le sue mani vagano sul mio corpo mentre le mie gli accarezzano i capelli.

La sua bocca inizia a scendere lungo il collo verso l'incavo dei seni, gli tiro leggermente i capelli, pur sospirando dal piacere, voglio che smetta, perché so dove vuole arrivare ed io non sono più così sicura a volermi concedere a lui.
«R-Roman...» sospiro chiudendo gli occhi, mordendomi il labbro. «Ti prego, basta...»

Roman si blocca sul colpo, ormai lui era su di me e mi guarda preoccupato. «C-Cosa ho fatto?» chiede preoccupato.

Mi tiro a sedere e gioco con la collana che mi ha regalato. Non rispondo, semplicemente mangio le unghie cercando di calmarmi, di scacciare ciò che avevo visto quando avevo chiuso gli occhi, per lasciarmi andare alle carezze dello svizzero.
«Roman, io...» cerco di parlare ma il portiere mette una mano sul mio ginocchio e mi blocco.

«L'avevo già capito, non preoccuparti.» dice semplicemente, prendendomi la mano. «È da quando l'hai rivisto che stiamo distanti, siamo più freddi. L'ho capito, va da lui.» la sua voce è sicura, eppure nei suoi occhi una luce si affievolisce e non posso far a meno di sentirmi la persona peggiore del mondo.

Lo abbraccio, perché mi è stato accanto, perché mi ha capito e mi ama davvero, visto che mi sta lasciando andare via.
«Grazie Roman» sussurro sul suo collo, lui non risponde ma mi stringe di più, per poi allentare la presa.
Gli do un ultimo bacio sulla guancia e corro via, so dove devo andare.

So cosa fare, per la prima volta, dopo tanto tempo.

Prendo la mia auto e sfreccio lungo l'autostrada, quella senza limiti, mando un veloce messaggio vocale a Marco, per dirgli ciò che sto per fare, e me ne vado.

Ho bisogno di ritornare da lui.

...

Quando arrivo a Monaco di Baviera, un grosso peso si posa sul mio cuore. Parcheggio fuori casa di Robert e guardo quella chiave che ho conservato, con cura, vicino al mio collo.
La sgancio e scendo dall'auto.
È tutto come un anno prima, ma, questa volta, la villa ha le luci accese e io ho paura di rivivere un flashback.

Busso, pur avendo la chiave, mentre tremo come una foglia. L'aria è gelida e più mi stringo al giubbino più tremo.

Ho paura.

La porta si apre, di scatto, mentre gli occhi chiari di Robert mi guardano stupiti e un sorriso radioso si fa spazio sul suo volto. «Marika, cosa ci fai qui?» chiede facendomi entrare, chiudendo la porta dietro di me.

«Non sei felice di vedermi?» domando, a disagio.
Vorrei scappare da quella villa, andare di nuovo a casa e chiudermi in camera. Non ho mai superato il trauma e guardare quelle mura mi fa sentire oppressa.

Robert mi guarda, mi scruta con i suoi occhi color cristallo e si lecca le labbra prima di rispondere.
«Sono felice che tu sia qui, ma sembra che tu te ne voglia andare». Copre la mia mano con la sua, l'avevo poggiata al pomello della porta, come gesto impulsivo.

Mette due dita sotto al mento, per farmi alzare la testa, i nostri sguardi si incrociano ed io non ho più paura di quel posto.

«Stavo con Roman, qualche ora fa.» non so cosa mi spinge a parlare, ma i suoi occhi sono incantevoli ed io gli voglio dire la verità. «Stavamo sul divano, quasi come ogni giovedì dopo gli allenamenti e ci stavamo baciando, stavamo per fare sesso...» Robert contrae la mascella, nervoso, sta per parlare, poggio la mano sulle sue labbra e mi avvicino, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
«Ma, quando ho chiuso gli occhi, ti ho visto. Ho visto i tuoi occhi, non più quelli di Roman e, ho capito, che non potevo più prenderlo in giro. Mi capitava anche prima, di rivedere te; però ti pensavo come spettro da mandare via, come una cosa da sconfiggere.»

«Cosa è cambiato?» chiede, interrompendo il mio monologo.
Le sue mani su i miei fianchi, come a non farmi scappare.

Sorrido, poggiando le mie mani sul suo petto. «Da quando ho letto le lettere, e ho capito che tu volevi sempre tornare da me, io non ti ho più visto come uno spettro da scacciare. Ho, semplicemente, capito che tu sei il mio passato, il mio presente e spero sarai il mio futuro.»

Robert sorride commosso, mi stringe forte a se, ed io mi lascio andare in quell'abbraccio, tra le braccia di chi mi fa sentire a casa.

È la parte tra il suo collo e la sua spalla il mio posto, la mia casa.

Gli spettri ci sono e ci saranno ma sono disposta a combatterli con lui, per lui e per noi

Proteggiti da Me || Robert LewandowskiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora