Capitolo 8. Piccolo Paradiso

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 La padrona di casa – mai chiamarla "Signora Brigid" – era una persona davvero stupenda.

«No, no, no, no. Non "Signora Brigid" ti prego, mi fa sentire vecchia», si raccomandò dopo che l'ebbi chiamata in quel modo. «Solo "Brigid"», aveva detto sempre con il suo fare amichevole, con le sue perennemente colorite guance paffutelle e il suo bel sorriso tanto simile a quello del figlio.

Più la guardavo e più in effetti riconoscevo la somiglianza tra quei lineamenti – che ricordavo chiaramente, come se qualcuno me li avesse marchiati a fuoco nella mente – e i suoi. Sì, era sua madre; aveva anche gli stessi bei capelli castani: più chiari sulla fronte e poi a poco a poco sempre più scuri. La rassomiglianza era evidente.

Continuammo a parlare per tutta la sera, il giorno dopo e il giorno dopo ancora, tra un impegno e l'altro. Mi complimentai più di una volta per il gesto eroico del figlio e capii da come ne parlava che doveva essere molto fiera di lui.

Era una persona squisita, veramente deliziosa, una sorpresa continua. Non avevo mai conosciuto nessuno come lei. Una cosa in particolare mi stupì più di tutto: non insisté in merito alle mie origini o alla mia famiglia.

Tutto ciò che ci dicemmo fu abbastanza spontaneo. Eravamo in ottima sintonia e poi era una di quelle persone che fanno di tutto pur di mettere gli altri a proprio agio.

Un po' come Phil, mi venne da pensare, nostalgica.

Altra cosa che conobbi di Brigid, a parte il fatto che era proprio simpatica, di grande spirito e mi ingozzava da mattina a sera – offriva di continuo tisane, biscotti, frutta, tutti cibi squisiti che preparava personalmente – è che, pur essendo semplice e modesta, era anche molto saggia: una vera intenditrice di piante ed erbe curative e non era affatto una donna sola e un po' abbandonata come mi era sembrata inizialmente; no, era impegnatissima.

In due giorni ricevemmo decine di visite, tutta brava gente del paese o delle campagne che necessitava di una cura per la stanchezza, un consiglio per il mal di stomaco o un unguento per le ferite... In verità Brigid le riceveva, io mi guardavo bene dal farmi vedere da chiunque e andavo a badare agli animali o a cercare funghi, erbette di campo; insomma, con una scusa o un'altra mi allontanavo o mi rinchiudevo in camera.

Non le chiesi di non far parola a nessuno della mia presenza per paura di suscitare troppa curiosità e domande, così rimasi con la mia ansia intramontabile.

Guardando la cosa dal lato positivo, avevo molto tempo per elaborare una strategia, per pensare a cose del tipo "come faccio a sapere se i miei sono ancora in città o se ne sono andati?'', oltre che per fare la calza. Brigid sicuramente capì che non desideravo farmi notare ma, ancora una volta, non indagò.

Le fui grata anche per questo.

Troppo bello. Chissà fino a quando sarebbe durato. Me lo domandavo spesso.

Ero certa che la mia scomparsa non fosse passata inosservata né a Inbhir Nis né nei villaggi limitrofi. E se conoscevo mio padre – e lo conoscevo – la città intera era stata già tappezzata di bandi che offrivano una generosa ricompensa per chi mi avesse riportata da lui.

Spesso cercavo di distrarmi dai miei pensieri cupi ascoltando Brigid che non stava ferma o zitta un attimo: i pazienti li visitava – oltre che ingozzarli, naturalmente – anche somministrando loro creme e dispensando particolari pietre, piante e fiori profumati che secondo me conosceva solo lei ma, da quel che dedussi dal via vai di gente, erano efficaci. Ma la cosa che più mi colpì era che regalava tutto. Non voleva nulla in cambio nonostante le insistenze della gente. Sembrava proprio che le volessero tutti bene e lei infondeva una gran sicurezza.

Oltre il tempo - Parte prima - Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora