Capitolo 7. Brigid

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Mi guardai attorno.

Dopo aver percorso uno stretto e spoglio corridoio, ci ritrovammo in una stanza rettangolare ed ampia, tutto sommato umile e semplice ma molto, molto, molto carina. Il pavimento e il soffitto erano in legno chiaro tendente all'ocra con venature marroncine – probabilmente abete rosso – mentre le pareti dovevano essere dello stesso tipo di roccia dell'altra stanza.

Notai subito il grande tavolo di legno grezzo sulla mia sinistra davanti ad un piccolo camino acceso rialzato che serviva presumibilmente per cucinare. Ai lati, sovrastavano la stanza due alti mobili appoggiati al muro da cui spuntavano diversi contenitori, vasetti e utensili da cucina.

Ma non fu questo a colpirmi: c'erano dei vetri sulle grandi finestre. In quel momento capii il motivo di tutta quella luminosità.

Non erano dettagli che si trovavano in case comuni. Tutto era così curato, incredibilmente pulito e accogliente: vasi con fiori e piante aromatiche riempivano gli angoli della casa, compreso il centro del tavolo. Dinanzi a me, dall'altro lato della stanza, c'era un portone in mezzo alle due finestre. Alla mia destra, invece, un incantevole salotto con un tavolino più piccolo e tre grosse poltrone grigiastre, probabilmente imbottite di paglia e rivestite di iuta. A fianco, un camino più grosso in pietra con un bel fuocherello acceso e scoppiettante.

Tornai a guardare la donna che mi sorrideva amichevole.

«Vieni, cara. Andiamo a sederci», mi disse, accompagnandomi verso il salotto e appoggiandomi una mano sulla spalla.

Con mia sorpresa, quel piccolo gesto riuscì a rincuorarmi enormemente. Ero ancora spaesata ma cercai di concentrarmi.

Quindi quello che credevo aver sognato: la roccia che mi si sbriciolava sotto le dita, la cascata... non era frutto della mia fantasia.

È successo davvero...

Poi, improvvisamente, tra la moltitudine di reminescenze tumultuose mi balenò in mente un volto, nitidissimo.

Era un ragazzo. Beh, non proprio un ragazzo: era un uomo anche se giovane, con quegli occhi...

Dio, ricordavo perfino il suono della sua voce. Ricordavo tutto quello che ci eravamo detti. Rimasi qualche secondo a contemplarlo nella mia mente. Quindi anche lui era reale.

«John», sussurrai a fior di labbra.

Mi venne spontaneo guardarmi attorno e cercarlo, come se avesse dovuto spuntare lì nella stanza da un momento all'altro.

«Come hai detto, cara?», mi chiese la donna, accomodatasi sulla poltrona accanto alla mia.

Quasi non avevo fatto caso di essermi seduta. Forse ero ancora un po' stordita. Mi massaggiai una tempia che aveva iniziato leggermente a pulsarmi.

«Cara, lo so che ora ti senti spaesata ma cerca di stare tranquilla. Ti prometto che risponderò a tutte le tue domande. E poi sei al sicuro qui, la città è a due passi».

«La città?».

«Sì, Inbhir Nis».

Mi si gelò il sangue nelle vene al solo sentir pronunciare quel nome. Dopo tutti i miei sforzi per allontanarmi da essa, ora le ero ancora più vicina? E non solo, ero "a due passi"? No, non potevo crederci. «Inbhir Nis?», le feci eco per sicurezza. Sperai con tutto il cuore di aver capito male.

«Sì, Inbhir Nis, il gioiello delle Highlands», precisò in tono fiero. Probabilmente mi vide un po' sconvolta perché aggiunse: «È il posto più sicuro che ci sia da queste parti, eccetto che per ladri e briganti ma non mi sembra il caso tuo. Lì non li vedrai, puoi starne certa. Non osano addentrarvisi».

Oltre il tempo - Parte prima - Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora