Capitolo 6. Risveglio

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Pace. Assoluta, beata, meravigliosa pace.

Che delizia crogiolarsi al caldo tepore del mattino, nella mia tenda. Realizzai nel dormiveglia di aver abbracciato Silveria nel sonno. La sua pelliccia morbida e folta mi riscaldava. Forse era per questo che avevo così caldo e stavo così bene. Chissà che ore erano.

Ma in fin dei conti che importanza aveva? La giornata sarebbe iniziata come tutte le altre: mi sarei alzata, mi sarei sistemata un po', avrei messo uno straccio addosso e sarei uscita per mangiare qualcosa preparato da mia madre, poi avrei disfatto la tenda, avrei aiutato mio padre e mio fratello a riporla nel carro, mi sarei risistemata alla svelta e saremmo ripartiti alla volta di quella città infernale.

Alzarmi presto per cosa? Per andare dove non volevo? E poi quella mattina il mio giaciglio era così comodo... Dovevo cogliere l'attimo.

"Carpe diem'', caro Orazio, "Carpe diem''.

Sospirai beata.

Tu sì che avevi capito tutto della vita...

Mormorai rilassata, strofinando il viso sulla soffice pelliccia della mia amica. Avevo fatto un sogno strano, un incubo. Nonostante non fosse stato reale, ricordavo tutto così chiaramente...

Beh, forse non era stato esattamente un incubo... in particolare c'era un dettaglio che continuavo a vedere e rivedere: due stupendi, intensi, brillanti, meravigliosi occhi azzurri.

Mi sembrava così incredibile averli soltanto sognati: erano così nitidi nella mia mente. Avrei voluto continuare a sognarli all'infinito e non avrei nemmeno voluto destarmi da quello stato di placido benessere estremamente rilassante, ma d'un tratto Silveria iniziò a leccarmi la punta del naso.

«Mh, Silveria, smettila...», farfugliai insonnolita, cercando di sfuggire alla sua linguona umidiccia.

Quando la mattina mi svegliavo, dovunque fossi, lei era sempre con me: o appoggiata addosso, o sdraiata addosso – ebbene sì e non era esattamente piacevole per me – o ai piedi, ma non mi leccava mai in quel modo. E poi in faccia! Ma non le avevo insegnato proprio niente? Conclusi che forse ciò accadeva perché il giorno prima si era agitata parecchio.

L'abbracciai come facevo quando era cucciola e lei uggiolò contenta. Però era un uggiolio strano, diverso.

«Ehi, cos'hai bella?», biasciai ancora mezz'assonnata. Feci scorrere le dita sulla sua pelliccia morbida, soffice, calda, nera e...

Nera?

Da quando Silveria aveva il manto nero come la notte?

Impietrii, con una sola certezza nella mente: non era lei.

Il cuore iniziò a battermi all'impazzata.

Vivian, respira, niente movimenti bruschi.

Strinsi i denti e cercai con tutte le mie forze di non urlare mentre, con il massimo della lentezza, scioglievo l'abbraccio dalla creatura sconosciuta. Sudavo freddo, le mani tremavano e mi era venuta pure la pelle d'oca.

Ti prego fa' che non mi morda, fa' che non mi morda, continuavo a ripetermi. Riuscii, non so come, ad alzarmi in piedi.

Oh, mio Dio! Cos'è? Un orso!? E io dove sono?

Diedi una repentina occhiata in giro. Non conoscevo quel posto: mi trovavo dentro una piccola stanza con pavimento, soffitto di scuro legno massiccio e pareti di solida roccia cinerea.

Oltre il tempo - Parte prima - Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora