Capitolo 12. Nuovo giorno

175 13 2
                                    


«Vivian».

La sua voce era un sussurro caldo, una carezza vellutata, musica celestiale, armonia dolcissima e pura beatitudine per le mie orecchie. Mi stava chiamando. Ancora una volta.

Mi coprii gli occhi con le mani: il suo volto emanava una bellissima luce bianca, come al solito. Eppure, vedevo solo lei, al resto non facevo caso, anche perché era anch'esso bianco, oltreché sfocato e indistinto.

Era come se fossimo circondate da una spessa nebbia evanescente, luminosa, leggerissima e impalpabile. Ogni volta avevo come la strana sensazione di essere in un posto senza muri, né barriere, né confini: un luogo senza fine.

Questa era l'impressione che avevo anche se non vedevo niente ad eccezione della luce. Più di una volta mi ero chiesta se questo sarebbe stato l'effetto che avrebbe fatto stare dentro una nuvola illuminata dal sole. Non avevo paura, casomai ero angosciata, perché sapevo di non aver abbastanza tempo per stare insieme a lei.

Ma a parte questo mi sentivo felice: vederla mi suscitava ogni volta una gioia immensa.

Lei mi guardava con il suo bellissimo sorriso, che le sfiorava le labbra e illuminava il viso fine ed elegante. I suoi occhi erano esattamente come li ricordavo.

«Sii felice Vivian. Fidati».

Aprii un occhio appannato, poi l'altro.

Mmhh...

Li sentivo così pesanti... meglio richiuderli.

Era stato solo un sogno, uno dei tanti e ormai familiari che in particolar modo in queste ultime settimane continuavano ad apparirmi. Chissà se sarebbero mai cessati. Non volevo cessassero, sebbene ogni volta per me significasse anche sofferenza.

Ma un altro dilemma mi frullava in testa: c'era un significato? Ero io a immaginarmi tutto?

Fidati. Fidarmi di che cosa? Di chi?

Rimasi per un po' a meditare mentre gli uccellini cinguettavano vicini, probabilmente appollaiati sui rami del grosso ciliegio dietro casa, fuori dalla finestra di camera. Mi soffermai sui versi di un paio di merli dal collare, inconfondibili e non esattamente piacevoli al risveglio. Sembravano quasi una sorta di schiocchi: chack.

Tutt'altra cosa erano i delicati richiami di un gruppetto di cince dal ciuffo: dei leggeri trilli ripetuti e squillanti tee, tee, tee che mi solleticavano le orecchie, ma erano comunque gradevoli. Ve n'erano anche altri ma interruppi la mia attenzione sospirando, decisa ad alzare le palpebre: a ogni modo non sarei più riuscita a riprendere sonno.

La stanza era illuminata dalla luce del sole che filtrava dagli spessi vetri della finestra al lato del grande letto su cui mi stavo placidamente stiracchiando. Mmhh... quanto era comodo.

Alla fine, dopo un lungo sbadiglio, riuscii ad alzarmi in ginocchio e a sbirciar fuori. La splendente luce mattutina mi abbagliò. Era una splendida giornata. Come pensavo: nella notte il cielo si era rischiarato, lasciando il posto ad un magnifico cielo terso. Rimasi imbambolata a fissarlo: così bello e colorato di mille tonalità di blu, cobalto, celeste, azzurro... grandi, profondi, ammalianti, bellissimi e... Scossi la testa con decisione.

Basta, dovevo smetterla di pensare a lui.

Vivian, contegno.

Mi chiesi dove fosse Brigid. Aveva detto che in mattinata dovevamo lavorare. Proprio mentre riflettevo, qualcosa attirò la mia attenzione. Un guaito forse?

«Uff...», sbuffai un po' spazientita.

Ora che c'è?

Mi trascinai a sedere sul letto e in un attimo infilai i vestiti puliti che Brigid aveva preparato, dopodiché mi diressi nella stanza principale.

I caminetti erano spenti e la luce che entrava dalle finestre illuminava il salotto; lo osservai ancora una volta: era troppo incantevole per farci l'abitudine.

Sentii ancora quell'uggiolio e mi avvicinai verso la porta socchiusa. Uscii fuori nel portico e trattenni a stento una risata.

Nel prato verde, sul limitare del bosco proprio davanti a me, Silveria e Argo erano distesi a zampe all'aria l'uno di fianco all'altro e si mordicchiavano giocosi, sbuffando di tanto in tanto: nero e bianco, giorno e notte, estate e inverno. Sospirai, d'un tratto non più serena come prima.

Sarebbe stato un lavoraccio portarla via una volta arrivato il momento... In poco tempo sembrava essersi affezionata molto ad Argo. Sperai che non si affezionasse così anche a Brigid e che, in futuro, non scappasse per tornar qui.

Io e lui eravamo come loro: diversi.

E questo pensiero da dove spuntava fuori? Scossi la testa, ridestandomi come se mi fossi svegliata da un sogno ad occhi aperti.

All'improvviso Silveria si alzò di scatto, facendo delle agili giravolte intorno ad Argo per provocarlo. Finirono per rincorrersi come matti. Non capivo bene chi stesse rincorrendo chi: vedevo solo una gran confusione. Ad un certo punto si fronteggiarono, partendo da una grande distanza l'uno dall'altro e avvicinandosi sempre di più, rapidi come saette.

Ma sono impazziti?

Mi portai una mano alla bocca e sussultai quando si scontrarono con un sonoro bum, rotolando a terra per poi tornare a mordicchiarsi le orecchie e sbuffare in quel loro modo buffo. Scoppiai a ridere.

Si fermarono di scatto, con le orecchie dritte. Senza nemmeno voltarsi per accertarsi che fossi io, Silveria mi venne incontro a tutta velocità, scodinzolando festosa. Argo la seguì a ruota.

Cercai di ripararmi dietro il parapetto ma non servì a molto.

«Piano, piano! Ah!».

Mi saltarono addosso quasi contemporaneamente, leccandomi il viso senza pietà. Avrei anche potuto trattenere Silveria da sola, ma lei e Argo insieme... decisamente no!

«Basta, basta!», esclamai cercando di pararmi il volto dalle loro slinguazzate umide, senza riuscirci. Pensai che se Argo mi fosse saltato addosso in questo modo la prima volta che l'avevo visto, ci sarei rimasta secca dalla paura!

I riflessi per sorreggermi alla colonna di legno del portico non mi tradirono ma non furono sufficienti. «Ah!». Persi l'appiglio e caddi all'indietro. Fu strano.

Nella frazione di secondo in cui aspettavo l'urto, ebbi un piccolo déjà-vu. Ma non toccai il pavimento, non lo sfiorai nemmeno: qualcosa mi trattenne; qualcosa di straordinariamente comodo.

«Ora basta! Tutti e due!».

Riconobbi immediatamente la voce squillante di Brigid.

«Andate a giocare da un'altra parte! Forza! Sciò!». Dopo avermi rimesso in piedi, mosse qualche passo avanti e lanciò nel cortile due grossi biscotti rotondi che furono rincorsi dalle belve.

«C'è niente che posso fare per te?», le domandai dopo una breve conversazione.

«Sì».

Oh, finalmente!

«Ho preparato una bacinella d'acqua tiepida accanto al camino; se vuoi darti una rinfrescata fai pure. Ti hanno tutta sporcata», disse lanciando un'occhiata di disapprovazione ai miei indumenti.

La guardai stupita.

Acqua calda? Per me? Servizio degno di una principessa.

«Brigid, io intendevo un favore per te, non per me. Non devi disturbarti. Fai anche troppo!».

«Ascolta, io sono felice quando le persone intorno a me sono felici e intorno a me ci sei tu, quindi non discutere. Vuoi che ti prepari la colazione?».

Il ricordo della donna stanca e afflitta della notte precedente mi sembrava lontano e totalmente irreale.

«Grazie Brigid, ma ti prego, ti prego, anche un favore piccolo, insignificante...». Mi sentivo così inutile.

Non mi permetteva di aiutarla quasi mai!

«A dire il vero... potresti andare a prendere un po' di legna? Se sto troppo piegata mi viene un mal di schiena...», disse portandosi una mano sul dorso con una leggera smorfia. «Ti dispiace?».

«Affatto».

«Siamo d'accordo allora».

Oltre il tempo - Parte prima - Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora