Capitolo 29. Lancio

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«Entriamo in casa?», domandò Gus riscuotendomi dai miei pensieri. Non mi ero nemmeno accorta che la "zuffa" fosse finita.

«No», rispose John deciso.

«Ma non ci insegni a...», iniziò Gib.

«No», ripeté con un mezzo sorriso. «Oggi giochiamo».

«Evvai!», esordì Gus mettendosi a ballare una danza tutta sua.

«A cosa giochiamo?», chiese l'altro.

John si strinse nelle spalle. «A quello che volete».

Ci pensarono un po' su ma nessuno sembrava convinto.

«Perché non giocate a "lancio"?», suggerì la piccola Mary ancora tra le braccia di Brigid.

«A "lancio"?», le fece eco John con una smorfia poco convinta.

«Sì! Che spettacolo!», «Sì dai! È da tanto che non ci giochiamo!», esordirono Gus e Gib euforici.

«A dire la verità c'è un motivo per cui non ci giochiamo spesso», ricordò John corrucciandosi.

«Dai...», piagnucolò Gus.

«Questa volta facciamo i bravi», promise Gib, sfoderando un sorrisetto innocente. A quanto pareva gli erano caduti da poco due dentini da latte. Troppo tenero.

Brigid rise dalle scale. «Voi che fate i bravi? Ah! Questa è bella!».

«Sì, è piaciuta anche a me, ne avete altre?», domandò John.

«Ma lo promettiamo...», «Facciamo piano!», «Staremo attenti» e bla, bla, bla... stavano cercando di avere la meglio in tutti i modi.

Dopo un po' lui si stropicciò il viso per poi rivolgermi uno sguardo sconsolato, talmente buffo che mi fece ridere. Di nuovo.

«Che cos'è "lancio"?», chiesi a un certo punto. Chissà se era il gioco che conoscevo. Nel caso mi sembrava avesse un altro nome ma non ricordavo nemmeno quale.

«Chi lo spiega?», domandò John poggiandosi le mani sui fianchi, facendomi ancora una volta immaginare il suo fisico mozzafiato nascosto da quella maledettissima casacca di lana.

Si può arrivare a immaginare di accoltellare un indumento, ridurlo in mille pezzettini e poi bruciarlo?

Io lo feci.

«Allora, praticamente sarebbe...».

«Gib, basta», si lamentò Brigid dal portico. «Fa' parlare un po' anche Gus, Santo Cielo!».

Mary cercò di reprimere l'ilarità con le manine ma non ci riuscì e la sua risatina deliziosa contagiò tutti.

«Praticamente!», esordì Gus lanciando un'occhiataccia al compare che richiuse la bocca con uno schiocco – cosa che ovviamente provocò altre risatine generali. Ci spiegò che dovevano essere tracciati due solchi paralleli a una certa distanza l'uno dall'altro. Lo scopo era di mandare una pallina al di là del solco della squadra avversaria senza fare uso né delle mani né dei piedi ma solo di particolari mazze.

Da quello che avevo afferrato, il gioco era quello che intendevo io e le regole mi erano tornate alla memoria. Adesso ricordavo anche il nome: dalle mie parti era conosciuto come "stecche".

«Allora giochiamo a "lancio"?», insisté Gib, rivolgendo un'occhiata implorante a John che rispose con un'altra smorfia.

«Andate a prendere le mazze prima che cambi idea».

Oltre il tempo - Parte prima - Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora