Maledetta cioccolata calda

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Reyna detestava fare la fila. Perlomeno, quando era di fretta. Normalmente era anche una cosa interessante, stare lì a guardare le relazioni sociali - o asociali - della gente, ascoltare quello che dicevano sulla situazione politica dell'America o l'accento particolare di qualche tipo a caso. Nonostante lei non fosse un'impicciona, era un'ascoltatrice e molte delle cose che sapeva anche ora sul mondo le aveva apprese in ambiti simili, se non uguali, a quello che stava vivendo in quel momento.

Però oggi non era proprio giornata: Octavian sarebbe stato lì a momenti e lei doveva ordinare, prendere posto e iniziare a bere la cioccolata calda prima che arrivasse lui, tanto per fargli vedere che l'aveva aspettato e per farlo sentire inferiore.

Se c'era una cosa, infatti, che Reyna detestava più della fila nei momenti meno opportuni, questa era Octavian. Quest'ultimo era un ragazzo del suo stesso corso di storia, quello che le si siedeva sempre accanto giusto per darle fastidio chiedendole la penna.

La prima volta che l'aveva visto aveva anche pensato fosse carino, con quei capelli corti e biondicci e gli occhi chiari. Indossava una t-shirt viola monocromatica e dei jeans color denim e stava parlando con una ragazza dai voluminosi capelli rossi, in piedi nel cortile del college.

«Vedi di non farti ammazzare» aveva detto lei, poi dandogli un bacio sulla guancia. «Io vado a dipingere»

«D'accordo» aveva ribattuto lui, prima di voltarsi di nuovo verso la ragazza e proporle: «Rachel, ci vediamo dopo al bar, va bene, per te?»

«Certo» aveva risposto Rachel, mettendo una mano nella tasca dei jeans macchiati di vernice, «A dopo, Octy»

A quel punto, Reyna aveva completamente perso le speranze di attaccare bottone con il ragazzo: era troppo diverso dalla rossa per essere suo fratello, e troppo intimo per essere solo un amico.

Reyna aveva alzato gli occhi al cielo, pregando Dio di darle almeno un po' di fortuna in amore nella sua vita. Poi lui era venuto a parlarle ed era cambiato tutto.

«Sei nel corso della signora Wolves?» le aveva domandato, indicando l'orario delle lezioni che lei aveva in mano.

«Oh, sì» Lei aveva sorriso, nella speranza che magari si fosse sbagliata e che quella Rachel fosse davvero la sorella del ragazzo. Magari la sorellastra.

«Perché, anche tu?» gli aveva chiesto.

Lui aveva incrociato le braccia al petto, sopra la maglia viola che Reyna avrebbe tanto voluto indossare. Okay, quella cosa stava davvero degenerando. La ragazza aveva scosso la testa, imponendosi di rimanere se stessa.

«Guarda caso, sì, e credo che mi saranno dati dei punti extra già da subito» aveva risposto il ragazzo, raddrizzando le spalle.

Reyna aveva storto il naso, iniziando a cambiare opinione sul biondino: odiava le persone che si davano delle arie. «E perché, se posso?»

«Perché so più di chiunque altro sulla storia di Roma, dato che è da quando sono piccolo che la studio e che mi ci voglio laureare»

«Vuoi... laurearti in storia romana?» aveva chiesto lei, scrutando negli occhi azzurro cielo. Anche a Reyna sarebbe piaciuto avere una laurea in storia, ma quell'infame di suo padre l'aveva obbligata a scegliere un corso di studi più propenso alla medicina. E Reyna odiava la medicina, così come odiava suo padre, ma non era quello il momento di pensarci.

«Ovviamente. Altrimenti, cosa farei qui? Inoltre, credo che le altre materie siano tutte piuttosto inutili e adatte a chi non ha voglia di studiare»

«Cosa? Ed economia, giornalismo, scienze... non sono discipline importanti e che servono alla società?» aveva fatto Reyna, stringendo nella mano la cinghia della borsa che stava indossando.

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