Come il vero nome di Pablo Picasso

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Purtroppo, non ci fu bisogno di nessuna chiamata: dopo che lei gli aveva ripetuto mille e più volte che non aveva bisogno di niente e che poteva cavarsela da sola (cosa che pensava davvero), lui insistette per passare lì la notte, perché, aveva detto, non se la sentiva di abbandonarla in quel momento.

Reyna odiava la sensazione che le procurava quella premura: era come se non potesse più essere forte e dovesse per forza essere curata da qualcun altro.

Jason si era sistemato sul divano e la mattina seguente si stava lamentando a gran voce di quanto esso fosse scomodo per dormire e consigliando alla ragazza di cambiarlo al più presto.

«Ma mi lascerai mai in pace, Grace?»

Lui rise alle sue parole, chiedendole poi se fosse uno scherzo o se lei volesse davvero che lui se ne andasse.

Lei roteò gli occhi. «Certo che no, scemo» esclamò. «Come potrei allontanare qualcuno che si fa in quattro per farmi favori che non mi servono?»

Jason emise una finta risata, palesemente ironica. «Davvero? Uhm, qual è il tuo cognome, invece?»

«Passeremo la nostra vita scambiandoci i cognomi, eh? Remirez-Arellano, comunque»

«Che?»

«Il mio nome completo in realtà sarebbe Reyna Avila Ramirez-Arellano»

«Mi stai prendendo in giro» fece lui incrociando le braccia.

«Ah, davvero? Hai mai sentito il vero nome di Pablo Picasso?»

«Non voglio sentirlo, ora che me lo dici. Ma hai un nome spagnolo»

«Perché vengo dal Puerto Rico, mister Cervello»

«Mh, divertente»

«Sempre più di te»

I ragazzi rimasero per un attimo in silenzio a fissarsi, poi scoppiarono entrambi in una risata fragorosa.

Jason si passò una mano nei capelli scompigliati. Reyna gliel'avrebbe tagliata, quella mano, se avesse potuto.

«E come si chiama?»

«Chi?»

«Pablo Picasso»

«Oddio, non vorresti saperlo»

«Mettimi alla prova»

Lei sospirò. «Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno Crispin Crispian María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Mártir Patricio Clito Ruiz y Picasso» recitò.

Jason strabuzzò gli occhi. «Che cosa?!»

«Vuoi che lo ripeta?» Lei alzò un sopracciglio.

«No, oddio, no. Ma è... una cosa infinita»

Reyna alzò gli occhi al cielo. «Proprio come la tua bontà, Grace» disse ridendo. «D'accordo, finiamola. Cosa vuoi per colazione? C'è un bar qui di fronte e...»

«Mh, posso usare il bagno? Mi faccio una doccia e scendiamo, okay?»

Reyna si strinse nelle spalle. «Va bene» rispose. Nel frattempo, si disse, avrebbe fatto uno squillo a Nico.

Ma, a quanto pareva, Nico stava dormendo (o facendo capriole sul letto con Will), dato che il telefono era spento e attaccava subito la segreteria. Reyna gli lasciò un messaggio, intimandolo a richiamarla; poi bloccò il telefono ed aspettò che Jason si preparasse.

Lei si era già vestita prima di raggiungerlo in cucina, con semplici jeans neri strappati al ginocchio e una maglia bianca non troppo aderente con la scritta FIGHT. Si ricordava di quando sua sorella gliel'aveva regalata, dicendo che tanto a lei non stava più bene, e che poteva tenerla.

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