Di nuovo nel labirinto

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Quando Jason arrivò a casa di Reyna, non ci fu neanche bisogno di citofonare: lei sapeva che lui stava arrivando e gli aveva aperto il portone poco prima.

Lo stava aspettando davanti alla porta, e quando lui la salutò con un sorriso, lei lo invitò ad entrare con un gesto della mano.

«Vieni e siediti» gli disse, invitandolo all'interno del salotto.

«Ciao» mormorò lui, insicuro. «Ti ho portato queste» E le porse una scatola di medicine. «Vedrai, ti faranno stare meglio»

Reyna osservò le infinite parole che impregnavano con il loro inchiostro la scatola di carta. Usare con prudenza. Questo è un medicinale. Tenere lontano dalla portata dei bambini. Uso orale. Eccetera eccetera. La ragazza ne prese una e se la portò alla bocca, mandandola giù con un bicchiere d'acqua che aveva precedentemente preparato.

La pastiglia sapeva di medicina, quel sapore che vuole tanto assomigliare all'arancia o alla fragola, ma che fallisce sempre miseramente il suo tentativo. Disgustoso.

Jason, seduto sul divano insieme a lei, la osservava preoccupato.

«Stai meglio?» le chiese, scrutandola negli occhi scuri.

Lei si portò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. «Grazie, Jason. Starò meglio» Voleva che lui se ne andasse, ma allo stesso tempo aveva paura a rimanere sola, anche se sapeva che se la sarebbe cavata. Però si sentiva meschina a buttarlo fuori di casa così, dopo che lui le aveva fatto un piacere. «Vuoi un caffè? Posso offrirti qualcosa?» fece quindi. Almeno, non ne avrebbe avuto il peso sulla coscienza.

Il ragazzo si morse il labbro inferiore. «Un bicchiere d'acqua andrà benissimo, grazie» acconsentì.

Reyna si alzò e lo accompagnò in cucina, dove versò dell'acqua in uno di quei bicchieri scompagnati che aveva a casa e glielo passò.

«Grazie»

Lei si strinse nelle spalle come risposta e si sedette al tavolo per osservarlo mentre beveva. Gli occhi azzurri del ragazzo andavano ancora a spasso per casa sua, cercando forse di memorizzare tutto ciò che aveva intorno.

«Ti ci vorrà tempo per capire questo labirinto,» lo ammonì lei, «sembra che di notte cambi»

Jason rise. Una risata genuina, una di quelle che Reyna era da tempo incapace di fare. Ormai la sua vita era basata sullo studio e sul cimentarsi in sessioni di ricerca (e di arrabbiature) a base di Octavian.

«Ehi, che c'è?» Jason la osservava, seduto sulla sedia accanto a lei.

«Mh? Cosa?»

«Hai uno sguardo triste»

«Triste?» Reyna si maledisse. Non avrebbe dovuto mostrare agli altri i suoi sentimenti.

«Sì. Sei... Sembri... triste, ecco. Non so, magari è solo la luce»

La ragazza gli sorrise in un sospiro. Dopotutto, era contenta che esistessero ancora persone buone come lui al mondo. Qualcuno che poteva rendere la Terra un posto migliore: Jason era gentile, paziente, carino... L'esatto opposto di lei, che aveva un caratteraccio e tendeva ad allontanare tutti. Forse quando sarebbe morta sarebbero stati tutti meglio, pensò.

«Ehi,» Jason la chiamò ancora. «Stai bene? Dico davvero, Reyna, io sono...»

«Ho fatto un sogno strano, prima» lo interruppe lei, abbassando lo sguardo sulle sue mani per poi rialzarlo e fissarlo negli occhi blu senza paura. «C'era mia sorella che mi diceva di non fidarmi, ma non ha detto di chi»

«Lascia stare» rispose il ragazzo, passando una mano nel ciuffo biondo, «L'altra notte ho sognato di essere circondato da lupi, che poi si trasformavano in squali in qualche modo. Uno di loro era Dakota, o almeno questo è quello che credo io. Mi diceva che Percy e Annabeth sarebbero presto venuti a trovarmi, anche se in realtà io lo sapevo già»

Reyna sorrise. «Chi sono Percy e Annabeth?»

«Due miei vecchi amici. Considero Percy mio fratello, un po' come te e il tuo amico italiano o quello che è» E si cimentò nella descrizione di come aveva incontrato i suoi amici la prima volta e di come si erano uniti così tanto. «All'inizio io e Percy non ci sopportavamo: entrambi giocavamo a basket ed entrambi credevamo o volevamo, in realtà non ci ho mai ragionato, essere i migliori» Spiegò il ragazzo.

«E cosa fa nella vita, questo Percy?»

«Studia. In realtà, ha semplicemente seguito Annabeth, che è la sua ragazza, nei suoi studi. Architettura, sai...»

Reyna scosse la testa. «D'accordo» disse, «Vuoi qualcosa da mangiare? Saranno circa le otto, ormai...»

«Oh» Jason se ne sorprese. In effetti, il tempo sembrava esser passato più velocemente del solito. Ma forse solo perché lei era abituata a trascorrerlo da sola. «Okay» rispose lui.

Ordinarono una pizza e, quando il tipo della pizzeria arrivò con le scatole calde in mano, fu il ragazzo a pagare il cibo di tasca propria, e non volle sentire obiezioni.

Reyna roteò gli occhi e si arrese all'idea che le persone gentili ti facciano sempre sentire in colpa.

Dopo aver mangiato tra una chiacchierata e l'altra (lei si sentiva molto meglio ora che era sazia) si spostarono di nuovo in salotto, dove guardarono It seduti l'uno accanto all'altra. Reyna aveva visto quel film almeno un milione di volte, e l'aveva fatto da quando era piccola così. Pensava che tutti avessero fatto come lei, eppure non poté fare a meno di notare che Jason tremava come una foglia in certe scene, mentre lei ci era fin troppo abituata.

«Hai avuto tanta paura?» gli domandò alla fine della pellicola, quando il chiarore che la televisione infondeva alla stanza aveva lasciato spazio alle tenebre.

Reyna accese la luce appena in tempo per vedere il ragazzo scuotere la testa.

«Per chi mi hai preso?» Il tono del biondo era fin troppo tirato perché dicesse la verità.

Lei rise e lo osservò alzarsi dal divano barcollante e raggiungerla vicino lo stipite della porta. «Ora,» disse lui, «credo sia tardi. Devi riposare, okay?»

Lei annuì piano, e non fu capace di spostarsi in tempo dall'abbraccio del ragazzo che aveva di fronte. Lui la strinse forte, ma con dolcezza e restò così per una manciata di secondi. Alla fine, suo malgrado, Reyna fu costretta a ricambiare l'abbraccio, altrimenti, pensò, lui sarebbe rimasto attaccato a lei come una sanguisuga.

«Buonanotte, Reyna» disse lui lasciandola andare.

La ragazza si divincolò piano dalla stretta e avvertì la fastidiosa sensazione che il cuore le stesse pulsando più velocemente. Decise di ignorarla e sorrise a Jason.

«Grazie di tutto. Davvero. Poi ti telefono, okay?»

«Quando vuoi»

Se state cercando altri contenuti Jeyna (e lo siete perché TUTTI I FAN DI QUESTA SHIP SONO COSÌ DISPERATI DA ESSERE ALLA CONTINUA RICERCA DI QUALCOSA, lo so bene), andate a leggere “Back to you” sul profilo di Sofiii_gu perché merita all the love e tanto apprezzamento!!

Come sempre, fatemi sapere cosa pensate del capitolo/della fanfiction in generale con un commento (possibilmente luuuuungo AHAHAH -cit) eee alla prossima. Un bacio!

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