𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐈𝐗. 𝐔𝐜𝐜𝐢𝐝𝐢 𝐨 𝐬𝐚𝐫𝐚𝐢 𝐮𝐜𝐜𝐢𝐬𝐨

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Il treno arrancava sulle rotaie come un vecchio ed enorme serpente di metallo, divorando metro dopo metro quel che rimaneva della distanza fra loro e la tanto temuta chiacchierata a quattrocchi con il Direttore della Scuola degli Assassini di Versya

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Il treno arrancava sulle rotaie come un vecchio ed enorme serpente di metallo, divorando metro dopo metro quel che rimaneva della distanza fra loro e la tanto temuta chiacchierata a quattrocchi con il Direttore della Scuola degli Assassini di Versya.

Non mancava ormai molto alla fine del tragitto e fino ad allora il viaggio era proseguito in silenzio tutt'altro che quieto; tensione, paura e dubbio la facevano da padroni senza lasciare il minimo spazio a qualcosa che potesse anche solo lontanamente somigliare alla speranza e alla certezza che tutto andasse per il meglio.

Blake aveva deciso di non chiedere di nuovo a Diego quali fossero le sue intenzioni con esattezza per paura che l'Arciere pensasse che non riponeva abbastanza fiducia in lui, ma non poteva non domandarsi quanto fosse corretto e giusto cedere il timone a Rivagni e sperare che il suo ottimo e astuto uso delle parole potesse ammansire Perisyan. Sarebbe stato sufficiente lisciargli il pelo pur avendo mandato a monte i piani di una figura di spicco quale era il Cancelliere in persona?

Forse ha deciso di seguire almeno in parte il mio piano, per quanto bislacco possa essere, si disse Syders. Era difficile comprendere gli schemi che la mente di Diego formulava e al momento il suo sguardo era totalmente impenetrabile. Poteva voler dire tutto o niente.

Blake guardò alla propria sinistra e finalmente gli fu chiaro come mai Lysander avesse smesso di fare in continuazione domande alle quali lui, ben presto, non aveva più saputo dare risposte esaustive: si era addormentato, raggomitolato sul proprio posto come un bambino o un gatto. Ce ne voleva per assopirsi mentre ci si trovava su un treno traballante e ben poco comodo come quello. Doveva essere più stanco di quanto avesse dato a vedere fino a minuti addietro e non si poteva certo fargliene una colpa.

L'Assassino decise di lasciar fare Lysander e approfittò della temporanea e ritrovata intimità con l'amico per parlargli senza che il ragazzo ascoltasse quel che dicevano: «Per citare i nostri avi: una moneta per i tuoi pensieri, amico mio». Era inutile che Rivagni si sforzasse di apparire stoico. Il suo reale stato d'animo e di ansia era palese: la postura rigida con cui sedeva e la visibile tensione di ogni suo singolo muscolo, compresi quelli facciali, lo tradivano, e loro si conoscevano da fin troppo tempo per poter anche solo credere di riuscire a prendersi in giro a vicenda. L'uno sapeva quasi sempre decodificare l'atteggiamento dell'altro.

𝐈𝐥 𝐂𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥'𝐀𝐬𝐬𝐚𝐬𝐬𝐢𝐧𝐨 || 𝐕𝐨𝐥𝐮𝐦𝐞 𝟏Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora