𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐗𝐗𝐈𝐕. 𝐀𝐛𝐧𝐞𝐠𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞

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La taverna presso la quale si trovavano era la stessa dove già altre volte, in passato, si erano recati

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La taverna presso la quale si trovavano era la stessa dove già altre volte, in passato, si erano recati.
La poca luce che c'era là dentro proveniva dalle lampade ad olio sistemate sui tavoli o appese al soffitto che si alternavano a candele consumate e deformate dal calore.
Intorno a loro v'era un gran chiasso, tuttavia a malapena ci facevano caso e, in fin dei conti, quella era la sera in cui era era consentito uscire dopo il coprifuoco senza una dispensa speciale. Era normale, quindi, che la gente ne approfittasse per far baldoria.
Blake avrebbe tanto voluto possedere lo stesso entusiasmo delle persone presenti là dentro, ma ne era sprovvisto. Pur convinto che uscire con Diego e svagarsi un pochino gli avrebbe fatto bene e l'avrebbe distolto dai pensieri, aveva scoperto ben presto di essersi sbagliato. 
Non aiutava che fosse reduce dall'ennesima giornata tediosa e monotona resa più tollerabile solo grazie a suo figlio e a sua sorella, così come dal portare avanti la pratica con la lettura e la scrittura che per tante ragioni aveva deciso di nascondere a Rowan.
Il fatto che avesse dormito poco e male era un altro motivo di insofferenza e poi... beh, non faceva che ripensare alla conversazione avvenuta fra lui e Lysander quella mattina. 

In mano stringeva un boccale di ferro con all'interno della birra così scura da sembrare nera. In fede propria preferiva il vino all'attuale bevanda, specie se speziato, ma sarebbe stato poco garbato da parte sua non fare da spalla all'amico. 

Diego finalmente lo richiamò alla realtà e in tal modo Blake si rese conto di esser rimasto per diversi minuti ad osservare con aria assente il riflesso della fiamma della lampada fra di loro danzare sulla scura superficie della pinta.
Syders scosse la testa, sentendosi intorpidito dopo aver vagato così a lungo in riflessioni che lo avevano sino ad allora condotto a ben pochi risultati. «Scusa, non sono molto di compagnia» gli domandò perdono, davvero dispiaciuto per l'atteggiamento assente e distratto. E pensare che anni prima fosse stato lui, spesso e volentieri, l'anima della festa. 

Rivagni lo squadrò mentre tamburellava le dita sul tavolo. «Tirerò a indovinare: alto un metro e uno sputo, faccia da piccolo bastardo e una vera calamita per guai d'ogni genere. Ho forse colto nel segno?» fece retorico, senza neppure disturbarsi a celare il fastidio nella voce. «Sei talmente preso nel contemplare il nulla universale da non aver sì e no neppure fatto caso alla tizia che da un secolo ti sta occhieggiando, tra parentesi, il che è davvero il colmo.»

𝐈𝐥 𝐂𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥'𝐀𝐬𝐬𝐚𝐬𝐬𝐢𝐧𝐨 || 𝐕𝐨𝐥𝐮𝐦𝐞 𝟏Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora