Il concerto era stato incredibile, non che fossi sorpresa. Mi aspettavo che fosse un'esperienza spirituale e loro non mi avevano deluso. Non ero riuscita a smettere di cantare, di ballare con Mel e Liv, non ero riuscita a smettere di sorridere e, in fine, non ero riuscita a smettere di guardare Michael.
E adesso ero seduta accanto a lui su un volo per la Spagna e lui era pronto a sentire qualsiasi cosa avessi da dire. Era stanco, il concerto aveva consumato la maggior parte delle sue energie. Ma sapevo che se si fosse messo a dormire adesso, dopo non avrei avuto il coraggio di dirglielo. Ora o mai più. Avevo bisogno che lui sapesse. Avevo bisogno che capisse e aveva il diritto di sapere. Meritava di sapere in cosa si stava infilando prima che succedesse altro.
"Non 'scapperò'." Mi ricordò a bassa voce.
Stavano tutti dormendo e ne ero felice perché non volevo che nessuno sentisse quello che stavo per dire. Mi fidavo di Michael. Volevo fidarmi di Michael. ogni cellula del mio corpo si calmava accanto a lui. Mi sentivo in pace. Mi sentivo me stessa.
E quindi doveva sapere che non mi conosceva davvero. Conosceva una versione di me e meritava di sapere tutto.
Mi girai verso di lui e annuì come se gli credessi. Sapevo che non avrebbe voluto scappare. Ma avevo paura che quando avrebbe scoperto che ero una bugiarda e che stavo viaggiando illegalmente con loro forse non sarebbe stato così contento di stare con me. Forse era un bene. Prima di avere l'opportunità di legarmi troppo, lui avrebbe potuto spingermi via.
Ma ero già troppo legata, chi volevo prendere in giro?
Feci un respiro profondo.
"Il mio nome non-" Mi fermai, avvicinandomi a lui per sussurrare. "Mikey, il mio nome non è Mali."
Avevo le mani unite sulla pancia, le dita tremavano come se fossero colpite dal vento. Non sapevo se stavo respirando o no. Il dolore nel mio petto veniva dai polmoni o da un cuore spaventato? Non lo sapevo.
Ma ero pronta ad affrontare il casino che avevo creato, a testa alta. Ero pronta.
Lui mi fissò, confuso. "Che significa?"
Volevo urlare per il tono di diffidenza che sentivo già nella sua voce, ma tenni la labbra vicino alla sua testa per poter sussurrare.
"Il mio nome non è Mali Cross." Ripetei piano. "Sul mio certificato di nascita c'è scritto Charlotte Slater ed è stato così che mi hanno sempre chiamato per tutta la mia vita."
Volevo che parlasse, che mi dicesse qualcosa. Che mi dicesse che non era un grande problema e che un nome era solo un nome. Perché era questo, vero? Solo un nome.
Ma non disse niente, invece i suoi occhi mi fissarono come se stesse guardando una persona diversa. Una sconosciuta. Il mio stomaco si contorse e mi venne voglia di scappare via e far finta di non averlo mai conosciuto perché adesso lui mi stava guardando come se stesse per fare proprio questo.
"Charlotte." Mormorò.
Il mio cuore tremò quando lo disse. Stava dicendo il mio nome. Stava guardando me. Non Mali. Stava guardando Charlotte, me. Quella parola sembrava il paradiso che usciva dalla sua bocca, sembrava cioccolato sotto forma di voce. Quella voce che apparteneva alla persona che non potevo sopportare di perdere.
Io annuì perché non c'era molto da dire. Glielo avevo detto. Avevo superato la mia paura. Giusto?
"Non capisco." Disse. Non c'era sorriso. La sua faccia non aveva espressione.
Ero pronta a piangere. "Cosa non capisci?"
La sua espressione vuota si trasformò in una di incredulità, come a dire 'mi stai prendendo in giro?'
Avevo la gola secca.
"perché hai detto a tutti che il tuo nome è Mali Cross?" Chiese con tono amaro. "Perché hai detto a me che il tuo nome è Mali Cross?"
Mi concentrai sulle sue labbra, ricordandomi di com'era sentirle sulle mie. Il mio stomaco si strinse in un nodo al pensiero di non poter più provare quell'euforia. Lo stavo perdendo? Era questo il dolore che sentivo?
"Io- io" Non riuscivo a formare una frase sensata. "Sono venuta a Los Angeles per cercare un nuovo inizio –volevo conoscere la vera me-"
"Diventando una persona finta?" Mi interruppe.
Scossi subito la testa. "No, no, no, essere Mali è stata la cosa più vicina al conoscere davvero chi sono."
Lui non sembrava convinto. Invece la sua bocca era stretta in una linea e i suoi occhi mi fissavano in modo accusatorio. "Oh davvero? Allora dimmi, Mali –o Charlotte- chi diavolo sei? Chi sei davvero? Perché questo mi sta spaventando e adesso ti guardo e non vedo niente di quello che ricordavo."
"Che significa?" Avevo il diritto di essere irritata? "Sono ancora la stessa persona che hai sempre conosciuto, tutto quello che vedi in me- tutto quello che vedevi in me- è ancora qui."
Quasi sentì il suo bisogno di alzare gli occhi al cielo. "No, Mals, davanti a me adesso c'è qualcuno che è così confuso su se stesso che ha mentito alle persone che le sono state fedeli e che sono state oneste con lei –ha mentito ai suoi amici."
La lacrime che stavano riempiendo i miei occhi mi stavano facendo sentire debole. Non volevo piangere di fronte a lui. "Questo trasferimento era per poter essere chiunque volessi essere e fare qualsiasi cosa volessi fare."
"E avresti potuto dircelo dall'inizio che era questo che stavi facendo." Mi disse senza esitazione. Era arrabbiato e mi pentivo di avergli detto tutto. Non mi aspettavo che si arrabbiasse così.
Addio tour. Addio Mel e Liv, Cal e Ash. Addio Luke.
"Non capisci." Sussurrai con voce tremante. "Ho passato tutta la mia vita vivendo nella plastica, non sapendo cosa volevo, quello che mi piaceva, cosa mi divertiva. E Los Angeles," Tirai su con il naso, "Los Angeles ha cambiato tutto."
Lui mi fissò per cinque secondi, occhi fissi sui miei. Pensavo che mi avrebbe abbracciato. Pensavo che mi avrebbe detto che andava bene. Pensavo che avrebbe cambiato idea su quanto ero terribile. Ma invece strappò via i miei polmoni.
"Sei proprio come ogni altra ragazza che viene a Los Angeles, Charlotte." Mormorò, girandosi così da guardare davanti. "E fa schifo perché pensavo davvero che fossi diversa; pensavo che fossi sincera, interessante –pensavo che fossi vera."
"Lo sono." Sussurrai, una scia di acqua salata mi scivolò su una guancia. "Sono vera, sono sempre stata vera con te."
"Non so neanche il tuo fottuto nome –che altro stai nascondendo?" Chiese. "Per non dire che la mia band ti ha dato un passaporto, rischiando i nostri culi per farti venire in tour con noi. Se qualcosa scoprisse che non sei la persona su quello stupido documento sarà la mia band ad essere nella merda. Lo capisci?"
Annuì. Stavo mettendo a rischio tutto quello per cui avevano lavorato. Come avevo potuto essere così egoista?
"Mi fidavo di te." Disse. "Immagino di essere un vero idiota, dopo tutto."
La mia mente tornò a tutte quello volte in cui mi aveva chiamato 'idiota' ed ero pronta a sprofondare nella terra e sparire per sempre. Non parlò di nuovo ed io piansi in silenzio per tutto il viaggio verso la Spagna.
A/N: E fu così che le cose iniziarono ad andare male... ma il peggio deve ancora arrivare, tenetevi pronte!
Baci, Marta
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all mine | ft. michael clifford (traduzione italiana)
Fanfiction"Non mi importa chi eri; mi importa chi sei e mi importa di più di chi stai lavorando per diventare." Questa storia non è mia, è una traduzione della storia di originator, tutti i diritti e i meriti sono riservati a lei. Io mi limito solo a tradurr...