Capitolo 16

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Il tempo sembrava essersi fermato.

Respiravo a fatica.
Sentivo i polmoni gelare con l'aria congelata di pieno inverno.

Non sapevo quanto avessi camminato tantomeno dove mi trovassi.
Avevo svoltato a ogni vicolo, e le luci erano completamente assenti.

"Cazzo." Sussurrai cercando di inspirare.

Mi sedetti contro un muro.
Non vedevo nulla.

Quando il mio respiro si stabilizzò mi concentrai ad ascoltare i rumori.

Onde. Scogli.
Mare.

Il cielo era totalmente coperto da nuvole, non vedevo neanche la Luna.
A tratti si illuminava di colori minacciosi, come il viola, il rosa, l'ocra. Consecutivamente.

Il vento si era alzato, e trascinava la polvere giallastra ovunque.

Non doveva essere lontana, la spiaggia.

L'odore della pioggia si mischiò con quello del mare e al sapore della sabbia.

Amavo quel profumo, ma in quel momento tutto ciò che provavo era paura.

E schifo, e dolore.

Mi passai una mano tra i capelli.
Alcune ciocche mi rimasero fra le dita.

Era diventato normale, dal momento che continuavo incessamente a fare chemioterapie.

Mi alzai.
Ripensai a quelle parole.
"troia" "bambina".

Peggio delle lame.

Riaccesi il cellulare, mettendolo in modalità aereo.

Infilai le cuffie alzando al massimo il volume di "Quella Di Sempre".

Proseguii il mio cammino verso meta ignota.

La testa mi stava esplodendo, ma continuavo ad alzare il volume, sperando mi stordisse fino a farmi svenire.

Riuscivo a vedere i muretti del marciapiede.
Il rumore delle onde di umore nero contro gli scogli era vicinissimo.

Mi voltai, scorgendo il mio angolo di paradiso preferito.
Scavalcai il muretto,e camminai verso riva.

L'altezza delle onde era impressionante.

Volevo solo sparirci in mezzo.
Morire.
Tanto non avrebbe fatto differenza per nessuno.

Volevo scappare.
Fare la codarda.

"Ragiona." Il mio subconscio si svegliò dal suo lungo letargo, fuori stagione tra l'altro.

Rimasi seduta sulla sabbia del bagnasciuga per un tempo indefinito.

I fulmini cadevano a terra, in ogni direzione.
Le mie palpebre erano immobili.
Il mio sguardo fisso nel nulla.

Un'onda mi prese in pieno.
La marea si stava alzando.

Ero fradicia.
Il mio I-phone era impermeabile.
Lui.
Io no.

Mi sfilai le scarpe e camminai in linea retta, davanti a me.

Le nuvole pian piano si continuavano a schiarire.
Le onde si calmarono.
La schiuma bianca diminuivano.
Tornai sul marciapiede.

Mi accasciai a terra, cercando di riprendere fiato.
Ero congelata.
L'aria era freddissima.

Mi facevano male le tempie.
La musica continuava a rimbombarmi nella testa.

Mi rialzai.
Un ginocchio.
L'altro.
La spinta con le mani.
Di nuovo in piedi.

Serva Me, Servabo TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora