Capitolo 2

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Ordinai un caffè ristretto così da poter mandare la caffeina in circolazione più in fretta.

Su di me aveva l'effetto opposto: mi calmava.

Questa era una particolarità che aveva la mia famiglia da generazioni.

Mi sedetti ad un tavolo all'interno e, dopo aver sorseggiato il caffè, iniziai a fare un resoconto della mattina appena trascorsa.

Il risultato? Lorenzo era riuscito a tirare fuori il peggio di me.

Se iniziavo da allora come avrei fatto nei successivi due mesi?

Sospirai e mi passai una mano fra i capelli senza scompigliare la treccia.

Mi sarei dovuta impegnare al massimo per non litigare con Lorenzo ed evitare con lui qualsiasi tipo di contatto. 

Sospirai nuovamente, prima di incrociare le braccia sul tavolo e poggiarvici il viso.

"Marta, i nostri ragazzi hanno ordinato pizza per pranzo!" La voce squillante di Sara mi fece sobbalzare. 

Indossava una maglietta colorata su dei jeans blu scuro, delle Converse nere abbinate alla borsa tracolla.

Si sedette al mio fianco e le bastarono cinque secondi.

"Altra litigata con Cantastronzetto?"  Sorrisi annuendo.

L'avevo detto, era l'unica capace di tirarmi su.

"Sì, come va con Tole?" Ammiccai. Lei era la sua migliore amica, nonostante avesse diciannove anni.

Ed era inutile negarlo, avrebbe voluto essere qualcosa di più per lui.

"Se solo si decidesse a chiedermi di stare con lui!" Sbuffò tamburellando con le dita sul piano in legno di pino del tavolo.

"Lo farà. Ne sono certa." La rassicurai. "Ora compriamo le pizze o quelli ci si mangiano vive." Alzai gli occhi al cielo facendola ridere.

Dopo aver pagato il conto del caffè ci dirigemmo verso una pizzeria vicina.

Ordinammo tre pizze margherita, e solo dopo aver litigato per chi dovesse pagare uscimmo sotto gli occhi curiosi del pizzaiolo e dei clienti.

Certo, non si vede tutti i giorni una persona dello staff con tanto di maglia e pass intestato andare in giro a comprare pizza e litigare con la propria amica. Di solito questo lo fanno i bodyguard.

Ad ogni concerto a cui andavo facevo amicizia con i bodyguard. Ci parlavo, scherzavo, giocavo a obbligo o verità e facevo scherzi telefonici. Sì, loro li pensavano e io li mettevo in atto. Era uno spasso.

Tra tutto il servizio d'ordine loro erano i miei preferiti. Mi divertivo da matti a punzecchiarli e tirare fuori dall'orecchio l'auricolare.

Sorrisi pensando a tutte le mie "avventure", avrei potuto scriverci un libro.

Tornammo dai ragazzi. Avevano trascinato davanti il divano un tavolo da giardino, di quelli bianchi e di plastica.

Io e Sara provvedemmo ad apparecchiarlo con tanto di tovaglia, bicchieri, piatti e posate.

Lorenzo staccò la sua chitarra amplificatore e la ripose nella sua custodia. Con un movimento di testa si scostò il ciuffo nero da davanti agli occhi, facendomi seccare la gola.

Si voltò verso di me sorridendo complice. 

Deglutii rumorosamente.

Di nuovo quei brividi mi trapassarono la colonna vertebrale da una parte all'altra.

Serva Me, Servabo TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora