Capitolo 2 - L'avvocato Adamante

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Angy

Così eccomi qua. Sono vestita con un completo grigio e tengo in mano una valigetta per sembrare professionale. Peccato che la valigetta sia vuota. A parte una penna e qualche copia del mio curriculum non contiene nulla. È il mio regalo di laurea: una ventiquattrore in pelle, nuova fiammante.

È questo sconosciuto oggetto, che ha sostituito i miei borsoni da studentessa, ad accompagnarmi al colloquio di lavoro presso lo studio dell'avvocato Adamante.

Per circa due mesi dopo la laurea ho inviato il curriculum a banche, società di recupero crediti, assicurazioni, società di consulenza, aziende di varia natura, e persino scuole nella speranza di trovare un posto come insegnante di diritto. Ma dopo i colloqui, nessuno mi ha mai richiamato per assumermi. Quindi alla fine ha vinto il sistema all'italiana: vado a fare pratica da un avvocato amico di mio fratello.

Insomma, sono quella che ha trovato posto di lavoro grazie alle conoscenze.

Mi faccio decisamente pena da sola, sia perché faccio parte della categoria di persone che viene normalmente definita paraculata, sia perché mi sto approcciando ad un lavoro di cui non me ne frega un tubo.

Suono il campanello dello studio Adamante. Nella via di Como che ho percorso prima di raggiungere il portone dello studio Adamante, avrò superato almeno sette targhe con inciso il nome di avvocati. Mi sono ritrovata a chiedermi se a Como ci siano più avvocati che abitanti. Eppure i comaschi non mi sono mai sembrati persone litigiose.

Al campanello risponde una donna.

<<Dottoressa Ferrari salga pure. Terzo piano>>.

<<Grazie>> rispondo con una voce gracchiante, chiaramente agitata. La verità è che sono in ansia, anche se sono una raccomandata e mi sto approcciando ad un colloquio per un lavoro che non mi interessa. L'incongruenza del mio stato d'animo dimostra una volta di più quanto sia patetica, o per lo meno quanto io mi ci senta.

Quando entro nello studio, noto che lo stesso è arredato in modo moderno. In verità lo immaginavo più come si vede nei telefilm: qualcosa di più classico e barocco, dove il legno scuro è inframmezzato da libri ed enciclopedie. I libri e le enciclopedie in effetti infestano ogni angolo dei locali e sono riposti sugli scaffali in un ordine che non ha nulla di maniacale, ma l'arredo è per lo più in wengè chiaro, raffinato, ma sobrio.

Mi viene incontro una donna e dalla voce mi sembra la stessa che ha risposto al citofono poco fa. Allunga la mano per presentarsi e io gliela afferro.

<<Molto piacere, dottoressa Ferrari. Sono Chiara, la segretaria dell'avvocato Adamante>>.

<<Buongiorno>> saluto con un sorriso fin troppo timido e impaurito, riproponendomi di apparire più determinata una volta ricevuta dall'amico di mio fratello.

<<L'accompagno nel salottino. L'avvocato la riceverà subito>> mi dice la segretaria indicandomi delle poltrone in pelle in un angolo dell'ingresso.

La ringrazio e, quando scompare in un'altra stanza, mi siedo su una delle poltrone, con la schiena rigida, appoggiando la ventiquattrore sulle gambe. Dopo essermi guardata intorno, mi accorgo della posizione goffa che ho assunto. Con la ventiquattrore in braccio devo sembrare una scolaretta il primo giorno di scuola. Così l'afferro in fretta e la poggio per terra accanto ai miei piedi, cercando di assumere una posizione disinvolta.

Davanti a me c'è un tavolino in cristallo con riposte alcune riviste. Sto per afferrarne una, quando la segretaria ritorna.

<<Dottoressa, prego, mi segua. Le faccio strada>>.

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