Leonardo
Cerco di muovermi, ma qualcosa me lo impedisce. Ho la nausea, la bocca asciutta, mi fanno male le caviglie e i polsi, e tra i denti percepisco qualcosa di molliccio ma voluminoso.
Cerco di sputarlo, ma non riesco. Sento le palpebre pesanti e non ricordo se sia mattina né tantomeno ricordo che giorno della settimana sia.
Impiego ancora qualche minuto prima di riuscire ad aprire gli occhi o a focalizzare dove mi trovo.
Ma non appena mi risveglio completamente da quello che - ora rammento - non è stato un sonno ristoratore, i ricordi degli ultimi minuti da sveglio mi investono con prepotenza, facendomi piombare nella paura.
Abbasso lo sguardo al mio corpo, che ancora è indolenzito dai narcotici che devo aver inalato, e noto che sono seduto su una sedia con le caviglie legate e le braccia bloccate dietro la schiena. Una corda immobilizza anche il mio busto e un bavaglio mi impedisce di gridare.
Cerco di guardarmi intorno per capire dove mi trovo e se sia solo o in compagnia di qualcuno.
Non appena torno ad essere definitivamente padrone dei miei sensi, mi rendo conto che il pavimento sotto di me ondeggia. A giudicare dall'ambiente angusto che mi circonda, direi che sono su una imbarcazione.
Ma dove diavolo mi trovo? In mezzo al lago? Oppure sono rimasto incosciente per molte ore e mi trovo lontano da Como in mezzo a chissà quale mare? E chi mi ha rapito? Julius o qualche suo complice? Quello Stefano sarà coinvolto? E cosa vogliono farmi?
Calmati Leo - mi dico - se avessero voluto farti fuori lo avrebbero già fatto (cerco di convincermi).
E se avessero intenzione di uccidermi lentamente? Se il pazzo che mi ha rapito avesse in mente di torturarmi, prima di togliermi la vita?
No! Devo smetterla di pensare ai possibili scenari della mia morte, altrimenti il panico che mi ha assalito, e che continua ad aumentare, mi impedirà di ragionare con lucidità.
Devo essere lucido se voglio riuscire a trovare il modo di scappare da qui.
Scappare... sì, ma come? Sono legato talmente forte che percepisco il dolore dei lividi sulla pelle.
Chiudo gli occhi e cerco di fare dei respiri profondi con il naso, perché la mia bocca è ostruita dal bavaglio. Per ora in questo locale angusto sembra non esserci nessuno a parte me.
Un altro pensiero collaterale confonde i miei ragionamenti: e se avessero intenzione di lasciarmi qui a morire di stenti, vittima della fame e della sete?
Scuoto la testa per cercare di scacciare dalla mente le mie congetture, ma l'angoscia e il terrore sembrano voler governare i miei pensieri.
Sto ancora cercando di fare dei respiri profondi, quando percepisco il rumore di passi che si avvicinano. Il cuore inizia a palpitare all'impazzata.
In pochi secondi, nella semioscurità in cui mi trovo, compare la sagoma del mio carceriere. Quando è abbastanza vicino da poterlo riconoscere, non sono per nulla meravigliato di scoprire a chi appartiene il volto trasfigurato dalla collera che ho davanti.
<<Finalmente ti sei svegliato!>> dice Julius con voce impastata, come se fosse sotto effetto di qualche droga. Nella mano destra stringe una spranga e si diverte a picchiarla sul palmo della mano sinistra, in evidente atteggiamento intimidatorio.
<<Cominciavo a temere di averti dato una dose eccessiva di narcotici e di averti fatto fuori. Ti confesso che sarei rimasto alquanto deluso. Ho altri progetti per la tua morte. Voglio godermi ancora un po' questa meravigliosa sensazione di averti tra le mani>>.
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Se confessi, ti sposo!
ChickLitAngelica Ferrari, una ragazza di ventisei anni che si è da poco laureata in giurisprudenza, è ancora confusa sul suo futuro lavorativo. Non trovando lavoro, inizia la pratica forense presso uno studio legale, nonostante non abbia mai desiderato dive...