Mia, figlia di un carcerato e di una ex tossicodipendente, vive da sempre con sua nonna paterna in uno scomodo bilocale in affitto, precisamente al quarto piano di una palazzina situata in uno dei quartieri più malfamati della città.
Ha u...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Marco Patrick
Parcheggiai la mia Mercedes in uno dei tanti e innumerevoli parcheggi dell'ospedale in cui era stata ricoverata la nonna di Mia, non sapevo cosa fosse successo e nemmeno perché lei avesse bisogno di me. Trafelato raggiunsi subito la sala d'aspetto del reparto di cardiologia, nonostante la struttura fosse gigantesca, la signorina De Simoni mi aveva dato precise indicazioni in merito, e tutto era segnalato da cartelli e display.
Trovai Mia seduta in un angolo, i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani, le dita prigioniere dei suoi lunghi capelli rossi.
Con tutta la discrezione di cui ero capace mi accostai a lei e le sfiorai una spalla, un tocco leggero e quasi impercettibile, che comunque la fece sussultare spaventata. L'avevo proprio colta di sorpresa!
Piazzò immediatamente i suoi occhi nocciola e pistacchio nei miei e fu subito magia. I suoi erano lucidi però, nonostante cercasse di nasconderlo con rapidi battiti di ciglia.
" Che ci fai qui? Che sei venuto a fare? " inveì appena mi vide arrivare, dura e fredda. In verità si vedeva lontano un miglio che fingesse tutta questa sicurezza e forza.
Ormai, non poteva più nascondermi nulla. Stavo imparando a conoscerla molto bene, era come un libro aperto per il sottoscritto.
Quindi la guardai torvo e un po' sconcertato da così tanta ostinatezza, perché non mostrava chi fosse davvero assieme al suo reale stato d'animo? Perché continuare a fingersi forte con il sottoscritto se aveva richiesto proprio il mio appoggio?
" Come scusa? Mi pare che tu mi abbia inviato un messaggio, o sbaglio? " la stuzzicai.
Abbassò gli occhi torturandosi le dita in grembo: " Non saresti dovuto venire, il mio è stato solo un attimo di debolezza. "
Scossi la testa e sospirai mentre prendevo posto accanto a lei: " Eri spaventata, magari avevi bisogno di qualcuno che ti stesse accanto..."
Un amaro sorrisetto affiorò sulle sue labbra chiare, lucide e...irresistibili, deglutii vistosamente nella disperata impresa di non cedere alla tentazione. E lottai fino allo stremo delle mie forze per distogliere lo sguardo da quel cioccolatino invitante.
