Capitolo 16

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Quando entro dentro comincio a respirare a pieni polmoni. Oddio, quanto mi era mancato il ghiaccio, il suo odore mi inebria e le sensazioni che mi scatena sono inspiegabili. Rimango lì, ferma ai bordi della pista, immersa nei miei pensieri. Delle voci mi riportano con i piedi per terra.

"Non ci posso credere... Clarke... Clarke Griffin! Oh Gesù, ma che bello vederti di nuovo qui!", mi saluta con entusiasmo Meg.

"Finalmente ce l'hai fatta a tornare da noi, eh Clarke? Ci sei mancata moltissimo!", esclama Jamie abbracciandomi.

Jamie e Meg sono i proprietari del 'Britannia Ice Rink', praticamente mi hanno visto crescere qui dentro. Da tempo sono entrati a far parte della mia famiglia, quasi come dei nonni, giovani, acquisiti.

"Ehi ragazzi, vi trovo in forma... mi siete mancati anche voi, veramente tanto. Volevo venirvi a trovare, ma non me la sono sentita. Non volevo farmi vedere triste e dolorante... ieri ho finalmente finito di fare riabilitazione e oggi come prima cosa sono venuta qui. Che dite posso entrare in pista per un paio d'ore? O avete già delle prenotazioni?".

"Clarke, tesoro per te troviamo sempre il modo, lo sai... ma, correggimi Jamie, mi pare che stamattina non ci sia niente fino alle 14, ricordo bene?", chiede Meg a suo marito.

"Si, si. Clarke l'unica cosa è che verso mezzogiorno Jeffrey porta la Zamboni in pista, ma non ti dovrebbe dare fastidio".

"Ragazzi non so se le riesco a reggere tre ore... comunque grazie siete mitici... ora vado", li saluto con un abbraccio e mi dirigo vero gli spogliatoi.

Mi infilo le tuta e passo subito ai miei pattini. Sono lucidi e la lama è affilata, proprio come tutte le volte che li mettevo a posto dopo averli usati. Era una mia abitudine scaramantica: lucidarli ed affilarli. Infilo il primo e provo la stessa sensazione di sempre, il mio sorriso si allarga. Mi rincuora il fatto che, dopo tutto questo tempo, io non abbia perso la passione per questo bellissimo sport.

Prima di alzarmi controllo che il tutore sia ben legato al ginocchio. Metto il copri lama e provo a tirarmi su per controllare il mio equilibrio. Sono un po' traballante, ma comunque mi trovo a mio agio.

Mi avvicino alla pista, libero le lame dei pattini e sospirando entro in pista. Con lentezza, comincio a prendere confidenza, faccio diversi giri della pista. Il ginocchio sembra reggere bene, ma non voglio forzarlo. Mentre continuo a tagliare il ghiaccio respiro a pieni polmoni, mi sento libera, e nonostante tutto mi sento quasi bene, in pace con me stessa.

Continuo a scaldarmi i muscoli. Mi sento sempre meglio e confidente, improvviso qualche passo di fox-trot e di samba, delle mie vecchie coreografie. Rimango incredula, da quanto tutto questo mi sia mancato. Non credevo, ma sto bene.

Il tempo vola alzo lo sguardo e sono le 11, sono quasi due ore che senza accorgermene sto pattinando. Mi fermo per tirare un po' il fiato, approfitto per bere un po' e asciugarmi il sudore.

Poi senza pensarci decido di impegnarmi un po' di più. Comincio con un toe-loop, praticamente un salto puntato (la parte anteriore della lama è 'puntata' sul ghiaccio), un semplice giro con una rotazione in aria, l'unica nota preoccupante è che l'atterraggio è proprio sul ginocchio destro, infatti quando tocco il ghiaccio traballo un attimo, ma rimango in piedi e senza troppi problemi la gamba mi regge. Proseguo facendo un flip, praticamente è un salto opposto al precedente, punto il piede destro preparandomi e, quando sono in aria, mi ricordo di respirare atterrando con più grazia sul ginocchio portando a compimento l'esercizio, come ero solita fare. Istintivamente tiro un urlo di gioia alzando le braccia vittoriosa.

Ci sono riuscita, Dio, sono di nuovo in pista.

Alzo gli occhi in aria mentre continuo a graffiare il ghiaccio... e, quasi il mio cuore ti cercasse, vedo il tuo volto.

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