Prologo

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Mi svegliai con un gran mal di testa, il frastuono delle macchine e qualcuno che cercava di buttar giù la porta di casa mia.
Imprecai, stropicciai gli occhi e mi fiondai in bagno per sciacquarmi la faccia. Ficcai alla rinfusa tutti i miei vestiti nella valigia, mi vestii di fretta e prendendo le ultime cose e dando un ultima occhiata al mio appartamento, uscii dalla finestra che dava sulle scale d'emergenza.
Di corsa scesi i gradini e in men che non si dica mi ritrovai per strada, con un unico posto dove andare, un'unica casa che poteva ancora accogliermi.
Presi un taxi e arrivai al JFK.
"Mi scusi, un biglietto di sola andata per l'Italia. Il primo volo andrà bene, qualunque sia il prezzo." dissi.
"Certo, signorina. È rimasto un posto in prima classe, il volo parte tra mezz'ora. Glielo prendo?" mi chiese gentilmente.
Annuii e tirai fuori i soldi dal mio portafoglio, i soldi ovviamente non mi mancavano, non amavo andare in prima classe, ma mi sarei adeguata.
Lasciai la valigia al check in e quando arrivai all'aereo, mi sedetti nel mio posto.
"Gradisce qualcosa, signora Marcuzzo?" mi chiese l'hostess.
Mi irrigidì, odiavo essere chiamata così, perché mi ricordava il mio passato e ciò che era successo prima che mi trasferissi a New York.
"Un bicchiere di champagne e la prego, mi chiami Federica." risposi.
Annuì e scomparve per ritornare dopo qualche minuto con una coppa di champagne.
"A lei, buon viaggio e buon ritorno." sorrise e la ringraziai educatamente.
Dopo dieci ore, senza neanche un ritardo, atterrai a Roma. Ero davvero stanca, mi trascinai lentamente al ritiro bagagli e presi un taxi, erano le sette di sera.
***
"Ciao Cristiano, sono venuto per fare un saluto." dissi non appena entrai.
"Ciao Riccardo, come stai?" mi chiese.
"Meglio del solito, voi?" chiesi.
"Abbastanza bene, ti fermi a cena?" chiese iniziando ad apparecchiare.
"Sono un po' di fretta, ma sì." affermai, prendendogli dalle mani i bicchieri e posandolo sul tavolo.
"Guarda tesoro, ho preparato la pasta alla carbonara." disse Maria tirandomi per un braccio e portandomi in cucina.
Ogni giorno passavo da casa loro, sera o mattina che fosse, era diventata la mia seconda famiglia e non mi avevano mai lasciato solo. Neanche quando Fede se n'era andata dicendo di aver bisogno di spazio e di respirare... uno spazio che era durato ben cinque anni. Ogni notte mi svegliavo con gli incubi e con la preoccupazione che non sarebbe mai tornata, un incubo che pian piano negli anni si era rivelato quasi una verità.
Strano ma vero, invece tra mio fratello e Arianna andava tutto a gonfie vele, anche se Arianna si rifiutava di sposarsi fino a che non fosse tornata sua sorella.
Inutile dirlo, tutti mi avevano cercato di far uscire con altre ragazze, soprattutto nell'ultimo anno, ma nessuna mi era rimasta impressa nel cuore... anche perché io e Federica non ci eravamo separati o divorziati. La mia attuale "fidanzata" si chiamava Lisa ed era la compagna del mio cane: Thiago.
Semplicemente era andata in America, aveva continuato là la sua carriera, ma non si era mai fatta sentire.
Le nostre famiglia si erano poste il perché di questo suo gesto e spiegarglielo non era stato facile, perché chiaramente non potevo neanche spiegarglielo così com'era successo.
Adesso tutti sapevano cos'era successo, ma nessuno a parte io e lei conoscevamo la realtà dei fatti.
Verso le otto, iniziammo a cenare, poi suonò il citofono.
***
Suonai il citofono della casa dei miei genitori e sperai con tutto il mio cuore che fossero in casa.
Durante tutti quelli anni non li avevo mai telefonati e mi sentivo male per non aver mai alzato la cornetta e aver digitato i numeri giusti.
"Si? Chi è?" era la voce di mio padre, quasi mi si spezzò il cuore.
"Papà, sono io." risposi con un sussurro.
Non sentii nulla, solo il portone che si apriva.
Salì al quarto piano, la porta era spalancata.
"Federica..." tremò mia madre.
"Fede." sussurrò mio padre.
"Ciao..." dissi.
Mi fecero entrare e mi strinsero forte a loro, quasi mi mancò il fiato, poi lo vidi.
Non era cambiato di una virgola, forse la barba incolta lo faceva sembrare più vecchio, ma era sempre lui e mi stava guardando con la forchetta a mezz'aria e i suoi occhioni blu.
Mi staccai dal loro abbraccio.
"Fede..." mormorò con gli occhi lucidi.
"Riccardo." sussurrai.
Si alzò da tavola e mi abbracciò, avevo tanto sognato quel momento, ma mai avevo avuto il coraggio di farlo avverare.
"Sei tornata?" mi chiese mia madre con le lacrime agli occhi.
"Sì, mamma sono tornata." risposi.
"Dove sei stata? Perché? C'eravamo noi, potevi parlare!" esclamò mio padre.
"Lo so, papà. Credimi quando ti dico che vi ho pensati tutti i giorni, ma non potevo restare. Non con tutti gli sguardi della gente addosso pronti a giudicare, non potevo sopportarlo." gemetti.
"Però io l'ho dovuto fare." disse Riccardo.
"E ti fa onore, hai avuto più fegato di me." mormorai.
Ero mortificata per ciò che gli era successo, per ciò che da solo aveva dovuto sopportare.
"Riccardo, io... mi spiace." dissi.
"Te ne sei andata lo stesso." rispose.
Annuii, mia madre mi diede un piatto colmo di pasta, non mangiai un granché. A fine cena, se possiamo chiamarla così, abbracciai i miei e promisi che sarei tornata il giorno dopo per raccontargli tutto e andai a casa con Riccardo.
"Perché sei tornata?" disse spezzando il silenzio che si era creato in macchina.
"Ne parliamo quando arriviamo a casa Riccardo..." dissi.
"Non sei tornata per restare però, vero?" disse ridendo amaramente.
"No, non sono tornata per restare." sospirai.
Smise di parlare, fino a che non fummo davanti alla villa che insieme avevamo comprato.
Flashback
"Prediamo questa, ti prego!" esultai guardando l'enorme giardino.
"È carina, ma con tutto sto giardino che facciamo?" rise.
"Quando avremo dei bambini li faremo giocare qui, insieme a Thiago." risposi.
"Thiago? Chi sarebbe questo Thiago?" chiese ridendo.
"Il nostro cucciolo di cane." risposi in modo innocente.
"Quale cucciolo di cane?" chiese.
"Quello che ti ho preso per il tuo compleanno..." ridacchiai.
Thiago, il nostro Golden Retriever ci venne incontro, quasi mi saltò addosso leccandomi la faccia, notai che con lei c'era anche un altro cane... o meglio, una cagnolina.
"Come vedi, sei mancata a tutti... quella è Lisa." borbottò Riccardo aprendo la porta di casa.
Respirai aria di pulito, come l'avevo lasciata.
Accese la luce e mi prese il giubbotto appendendolo all'attaccapanni, mi sedetti sul divano ad una debita distanza.
"Riccardo, l'altro ieri ho trovato questo nella cassetta della posta." dissi estraendo un foglio di carta dalla mia tasca.
Lo afferrò e lo lesse in fretta.  
"Com'è possibile? Noi non abbiamo mai rivelato niente." sbottò.
"Pensavo di essermi lasciata tutto alla spalle, ma evidentemente non è così. Dobbiamo proteggere la nostra famiglia." dissi.
"Lo so." ringhiò.
"Ti fermi a casa?" aggiunse poi con più gentilezza.
"Se non è un problema... Riccardo puoi dirmelo se hai... sì, insomma... una ragazza." dissi imbarazzata.
"Nessuna, tu piuttosto? Si vociferava tu avessi un bel fidanzato." disse.
"Solo voci, mi dispiace. Non sarei mai dovuta partire." mormorai.
"No, ma ormai l'hai fatto e niente sarà più tutto uguale." sospirò accasciandosi sul divano.
TO BE CONTINUE
Okay, questo è il prologo.
Mi rendo ben conto che è molto confusionario, perché era finito tutto bene e boom, ora ci ritroviamo cinque anni dopo al loro matrimonio e un lasso di tempo in cui non si sa cosa sia successo.
Spero vi piaccia, so che i sequel sono meno seguiti e spero tanto di non deludervi.
A presto,
Vittoria💙

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