Diffidenza

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Rose

Mentre servivo la cena alla famiglia reale il principe mi fermò per bisbigliarmi un ordine all'orecchio:

«Rose, per favore, appena avete un attimo di tempo vorrei che puliste la vasca del mio bagno.
Ah, e Rose... fatelo prima che io finisca di mangiare, è molto importante.»

Annuii perplessa a quella richiesta, avevo domandato a Rebekah di occuparsene stamane e lei mi aveva garantito di averlo fatto. Mi sembrava strano che il principe non lo avesse notato.

Ad ogni modo, dopo aver riposto le pentole nella cucina dove i ragazzi affamati si stavano già riempiendo le pance e il fatto ambiguo era che Elizabeth non fosse con loro, dato che normalmente era lei la prima a buttarsi sul cibo, mi diressi nella camera del ragazzo e poi dritta nel suo bagno personale che insolitamente aveva la porta chiusa.

Elizabeth

Infreddolita continuai a singhiozzare per dei minuti, non potevo credere che quella gentilezza fosse stata solo un grande stratagemma.
Ciò che mi feriva maggiormente era l'evidenza che io mi fossi abbandonata completamente a lui, a quello che mi faceva provare e mi piaceva. Questo era il punto fondamentale: mi era piaciuto fino a quando non aveva smesso di portarmi rispetto umiliandomi in un modo talmente orribile che mai nel resto della mia vita sarei riuscita a dimenticare. Quei suoi baci mi avevano stregato e in quell'istante mi sentivo sua e non mi dispiaceva. Probabilmente la risposta era una sola: mi stavo innamorando di lui, del motivo del mio stato attuale, dell'uomo che mi aveva reso la vita un inferno, della persona più mutevole del mondo.

La porta cautamente si aprì ed io non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo per timore di trovarmi tra le grinfie di quella bestia senza cuore.

«Elizabeth? Tesoro, cosa ti è successo?» tremante vidi Rose dinnanzi all'entrata, non riuscivo né a parlare né a farle capire in qualche modo ciò che era accaduto.

«È stato lui vero?» a quella domanda smisi persino di singultare e mi pietrificai lasciando scorrere le lacrime silenziose.

Osservai ciò che era restato dell'acqua con cui si era lavato lui, ormai ne era rimasta meno di metà e l'aroma che Rebekah aveva usato per profumarla non faceva più il suo dovere, il colore era variato.
La governante mi si avvicinò quasi spaventata anche lei; nessuno si poteva aspettare una simile azione dal mio padrone.

Smisi di chiamarlo principe, signore o anche solo Jace perché per me lui non meritava tutti quei titoli e non capivo come facesse Rose a difenderlo sempre e a trattarlo come fosse figlio suo, dopo quello che mi aveva fatto.

«Oh Signore! Elizabeth stai sanguinando!»

«Va bene... non piangere tesoro, ora ti riaccompagno nella tua stanza. Ti ha fatta sua contro la tua volontà, vero?» annuii leggermente e ripresi a emettere i gemiti che mi venivano strappati dal pianto disperato.

Mi avvolse in un panno per asciugarmi e si accinse a togliere il sangue dai bordi, ultimato il lavoro mi portò nel mio letto e infilandomi la vestaglia mi diede la buonanotte.

«Ascolta Elizabeth... so che per oggi sei stanca e non vuoi più parlarne, ma tranquillizzami: dimmi solo che non c'è il rischio di una gravidanza.» scossi il capo per dare una risposta alla donna visibilmente preoccupata e lei tirò un sospiro di sollievo, spense la tenue luce che emetteva la piccola fiamma della candela e mi lasciò riposare.

Sapevo cosa intendeva: aveva paura che mi avesse riempita con il suo seme, e che quindi avrei potuto concepire un suo erede come era accaduto a Rebekah. Me lo aveva spiegato mio padre prima di morire; mi disse che avrebbe voluto aspettare gli anni seguenti a raccontarmi come avveniva il miracolo della vita, ma che non c'era tempo e così all'età di sette anni scoprii come una donna potesse avere, ad un certo momento, un bambino nel ventre.

Sono la serva del mio amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora