Jace
Ero agitato quella notte; i sensi di colpa mi tormentavano anche nei sogni.
Ero immerso nel sudore, dovevo accertarmi che Elizabeth stesse bene o non avrei mai più potuto dormire sonni tranquilli.
Alla luce flebile di una candela mi diressi al suo dormitorio; non bussai, sapevo che se l'avessi fatto e lei fosse stata sveglia non mi avrebbe permesso di entrare.
«Rose... come sta?»
«Principe, tornate nel vostro letto.»
«Mi chiedevo se potessi medicarle i segni sulla schiena?»
«Non l'ho ancora fatto, preferivo lasciarla riposare un po' prima.»
«E allora lasciate che me ne occupi io.»
«D'accordo, ma siate delicato.»
Dormiva poggiata sulla pancia, aveva ancora gli occhi bagnati e gonfi a causa delle lacrime. Rose mi aiutò con la sottoveste, ne indossava una che aveva l'apertura sul retro, non l'aveva chiusa così che il tessuto non sfregasse sulle ferite.
«Non sono profonde, non dovrebbe rimanerle alcun segno permanente, ma voi avete causato un altro taglio più grave di questi e dovrete faticare per rimarginare il suo cuore.»
«Ci riuscirò vedrete.»
«Prendete questo impacco, dovrebbe alleviare il bruciore.»
Con il massimo riguardo le sfioravo i punti rossi della schiena e nonostante dormisse non appena la sua pelle entrava in contatto con il panno freddo sobbalzava leggermente:
«Mmm...» si stava svegliando, speravo che non mi vedesse o mi avrebbe cacciato.
«Elizabeth, tesoro stai ferma, manca poco.» era inutile, per quanto si sforzasse era più forte di lei.
Elizabeth
Sembrava che qualcuno mi stesse passando un coltello sulla schiena, erano delle fitte lancinanti.
Rose mi faceva forza tenendomi le mani; se lei stava davanti a me ero più calma, o almeno fino a quando non mi accorsi che lui mi stava toccando proprio dove il dolore fisico era insopportabile, la sua visione rendeva il mio cuore un pezzo di pietra che pesava su tutto il resto; solo con le lacrime riuscivo ad alleviare la sofferenza, ma poi tornava.
Mi sentivo tradita; da lui, dalle sue parole, dai suoi gesti.
Mi scansai subito, perché era qui? Voleva rimediare a ciò che aveva fatto per non avere più pesi sulla coscienza? Allora si sbagliava.
Il suo dolore non avrebbe mai eguagliato il mio, però se quantomeno stava male non gli avrei permesso di riscattarsi, volevo che soffrisse anche solo una parte di come stavo facendo io.«Non mi toccate!»
«Elizabeth...»
«Statemi lontano!»
«Principe, credo che non possiate fare altro qui, ci aiutereste di più senza la vostra presenza.» Rose era giunta in mio soccorso, solo lei poteva permettersi di dare ordini al principe, in qualche modo.
Non potevo nemmeno guardarlo, figuriamoci incontrare di nuovo i suoi occhi maledetti.
In quell'istante decisi, avrei dato le mie dimissioni il giorno dopo, raccontando al re la pura ed essenziale verità.
Mi svegliai a causa di un gran fracasso, non sapevo quanto avessi dormito, forse due o tre ore.
Dolorante cercai di sollevarmi per raggiungere il re, ma così non ero presentabile.
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Sono la serva del mio amore
Ficción históricaSiamo nel Regno di Gran Bretagna nel 1783, dove governava la famiglia reale Edwards. Una giovane ragazza sedicenne, Elizabeth Morgan, è costretta a cambiare vita per sopravvivere. Dopo aver perso suo padre, deve affrontare anche la tragica morte del...