Promesse quasi mantenute

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Elizabeth

Mi svegliai di soprassalto per scappare da quell'incubo orribile, non potevo credere di essermi addormentata e lui non poteva essere morto.

Mi precipitai disperatamente a fargli aprire gli occhi:

«Principe! Svegliatevi, dai!» lo scuotevo forte, non mi interessava in quel momento se era un nobile o no, si doveva svegliare.

Gli spostavo il volto, ma nulla, presi addirittura a dargli dei colpetti perché rinvenisse e poi finalmente riprese conoscenza.

«Mmm... c-che s-succede?» la sua voce si era indebolita ulteriormente e non era per il sonno.

«Oh... mi avete spaventato, voi neanche immaginate quanto.»

«S-sto b-bene...»

«Non sento più fracasso provenire dai piani di sopra, probabilmente sono scappati; dobbiamo salire o nessuno ci troverà qui.» mi avvicinai e lo aiutai a sedersi, si sarebbe dovuto alzare e se fosse caduto mi avrebbe trascinata con lui, era troppo pesante rispetto a me.

«Forza! In piedi, soldato!»

«Ah... mi piace essere denominato così...» ridacchiava ma aveva un'espressione sofferente.

Gradino per gradino salimmo le scale fino ad arrivare in cima col fiatone.

«Dobbiamo solo andare in camera vostra.»

Senza preavviso cadde in mezzo a un corridoio e io con lui, perse i sensi in meno di un secondo, non ebbi neanche il tempo di metabolizzare l'accaduto.
Speravo solo che i malviventi non fossero più qui.

«Aiuto! Rose! Rebekah! Katie! Per favore aiutatemi! Forza... non potete arrendervi ora, me lo avete promesso, non ricordate? Vi prego...»

«Elizabeth... perché urli così? O santo cielo...» Rose era corsa in mio soccorso, io non riuscivo più a smettere di piangere e a pensare con freddezza; stavo osservando il mio lavoro fallire, un nobile morire, la vita dell'uomo che amavo finire...

«Che succede qui?» poco dopo il re e la regina sbucarono fuori da una porta; l'urlo straziato di lei nel vedere il figlio praticamente già in un altro mondo mi fece desiderare di non avere mai dei bambini; doveva essere terribilmente brutto e doloroso guardare la luce dei propri occhi spegnersi in quella maniera.

D'istinto lo abbracciai, forse per bisogno o forse perché lei non lo vedesse in quello stato.

«Kole corri a chiamare il medico! Corri, corri, vai!» il re stringeva la moglie e cercava di consolarla, ma era molto visibile sul suo volto anche la sua di sofferenza. Lei piangeva, ed era inginocchiata a qualche metro dal corpo, stretta tra le braccia del marito.

Il dottor Williams era arrivato, si era rinchiuso nella stanza da letto del principe con Rose da qualche ora ed io ero seduta appena fuori ad aspettare notizie.

Quando il signore uscì la voglia di precipitarmi da lui e assillarlo di domande fu molta, ma capii che era d'obbligo informare prima la sua famiglia.

Parlarono e poi mi indicarono, avevo paura di essere stata superficiale su qualche passaggio e di aver sbagliato qualcosa.

«Sei tu che hai curato la sua ferita?»

«S-sì...»

«Sei stata brava, gli hai salvato la vita. Nonostante tutto però non è stato addormentato nè anestetizzato in qualche modo e deve aver sentito un dolore incredibilmente forte.» prima mi faceva i complimenti e poi mi rimproverava davanti ai padroni per avergli fatto male, così mi difesi:

Sono la serva del mio amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora