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I ciottoli del vialetto scricchiolavano sotto le suole delle sue modeste scarpe, ricoperte da fango e terriccio, accompagnando la camminata del ragazzo fino al termine del suo viaggio.

Tutto era avvolto da un silenzio penetrante ed il territorio circostante, privo di abitazioni di vario genere, rendeva il tutto sempre più sospetto e surreale.

Il ragazzo incontrò soltanto una vecchia signora che si guardava attorno, disorientata, come se non sapesse dove si trovasse o dove stesse andando. Chiese al giovane persino delle informazioni su un supermercato, ma lui non le fu di alcun aiuto e si scusò.

Diversi alberelli puntellati da fiorellini rosa e bianchi, alti circa un metro in più di lui, ornavano il viale, rendendolo un po' più vivo e colorato. Il ragazzo li guardò perplesso, chiedendosi se fossero l'unica forma di vita presente in quel posto sperduta dove non vi era anima viva, salvo se stesso.

Da lontano intravide una struttura - probabilmente una casa, l'unica vista in tutto il tragitto. Si avvicinò pian piano ad essa, senza alcuna fretta, e si sistemò meglio lo zainetto verde sulle spalle. Continuò a camminare dritto verso quella villa: era verniciata di un bianco candido, con le tegole rosse e un grazioso caminetto dal quale fuoriuscivano ancora delle nuvolette grigiastre.

Era sempre più curioso e si diresse a passo spedito verso la casa.

Si trovò, dopo una manciata di minuti, davanti alla residenza colorata di bianco. La porta in mogano marrone scuro era immensa, il triplo di lui, ed in quel momento pensò che colui che abitasse in quella casa doveva essere un gigante di quasi due metri. Bussò timidamente tre o due volte, mentre balzò indietro di qualche passo, spaventato all'idea dalla figura che si sarebbe presentata avanti a sé.

Sentì lo scricchiolio di una maniglia abbassarsi, arrugginita dalla vecchiaia, e vide la grande porta spalancarsi: c'era un ragazzo molto alto, più o meno sulla ventina, dai capelli molto scuri e gli occhi ambrati, che fumava una sigaretta tenendola fra l'indice e il medio in modo naturale e disinvolto, quasi come se fosse una consuetudine. L'uomo sulla soglia, e probabilmente padrone della casa, osservava tutto fuorché il ragazzo, come se gli desse fastidio guardarlo negli occhi.

- Tsk. Cosa vuoi, moccioso? - usò quell'appellativo con un tono ringhiante, aggressivo, che all'altro non piacque granché, soprattutto se usato da un ragazzo che aspirava continuamente fumo da quella sigaretta.

- Ciao. Tu devi essere il mio insegnante di recupero, dico bene? Matthias Winter? - gli fece un sorriso tirato, cercando un contatto visivo con il ragazzo davanti a sé, che invece non osò voltare lo sguardo verso di lui.

- Sì sì, piccolo e stupido moccioso. E chi saresti, eh? - Matthias gli soffiò su quei bellissimi occhi verdi come lo smeraldo un po' di fumo, facendolo tossire e indietreggiare bruscamente. Il più giovane iniziò a stropicciarsi gli occhi, come per eliminare quell'immagine dalla mente, mentre tossicchiava e cercava di espellere ogni residuo di fumo che era stato costretto ad ingerire. Matthias lo guardò per un paio di secondi, senza farsi notare, non riuscendo a resistergli, per poi ritornare a fissare il vuoto.

Lo trovò carino, almeno un poco.

- Christopher Sol Holm. Non ricordi la mia chiamata, qualche giorno fa, per delle ripetizioni? - rispose, tossendo tra una frase e l'altra, ancora a causa del fumo. Lo odiava.

- ah, sì... Forse ricordo. - si avvicinò al suo volto, abbassandosi fino ad arrivare all'altezza del viso, sfiorandogli le labbra, per poi soffiare con violenza un altro po' di fumo sui suoi occhioni smeraldini, facendo indietreggiare e tossire, ancora una volta, il ragazzo. Lo osservò ancora stroppicciarsi gli occhi teneramente, pensando fra sé e sé che pur di osservarlo compiere quel dolce gesto avrebbe assunto cinque pacchi di sigarette, forse anche più.

Illunis ||•Yaoi•||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora