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Era dal momento in cui si era svegliato che Christopher continuava a tremare, proprio come se fosse destinato ad andare avanti all’infinito.

Più la temperatura dentro casa si abbassava e più il freddo penetrava al suo interno, gelandogli i muscoli e rallentando ogni suo singolo movimento. Digrignò dunque i denti, tentando così di farli smettere di sbattere gli uni contro gli altri, nonostante il suo gesto fu del tutto vanificato.

Si strascicò fino alla cucina, in quanto la sua gola necessitava di un bicchiere d’acqua per neutralizzare quella sensazione d’aridità desertica, guidandosi grazie all’applicazione “torcia” posseduta dal suo cellullare a causa di un probabile blackout. Il motivo non era chiaro, ma non appena provò ad accendere la luce in camera sua ed in cucina essa non rispose ai comandi, i meccanismi non si azionarono e Christopher si ritrovò aggredito da un buio soffocante.

Le immagini del sogno si proiettavano nella sua mente di continuo, come un disco rotto costretto a non arrivare mai ad un punto finale. 

Anche lui era un disco rotto costretto a focalizzarsi per sempre su quelle immagini, a tremare ed a vagare nel buio?

Christopher si chiese se qualcuno si stesse prendendo gioco di lui e, benché la risposta non fu limpida in un primo momento, qualcosa dentro di lui affermava fermamente di sì. Il giovane non seppe se crederci o meno, d’altronde: lui era inorridito e confuso, la sua mente terrorizzata ed il suo cuore colto da un attacco di tachicardia improvviso. 

Il criceto era fin troppo stanco per far girare la ruota ed azionare tutti i neuroni presenti nel suo cervello. 

L’urlo gelido del vento era dirompente, si propagava per le strade ed andava a colpire con violenza qualsiasi cosa si mettesse in mezzo a lui ed il suo cammino. Le fronde degli alberi si piegavano al suo passaggio, le foglie tremavano all’udir della sua voce, mentre la polvere si innalzava e lo scortava fino alla fine del suo cammino. 

Improvvisamente Christopher si ricordò di quand’era bambino, di quando il buio aveva la meglio su di lui e di quando la luce della lanterna posta sul comodino era la sua unica ancora di salvezza.

I Mostri avevano occupato l’area, ne vedeva ogni dove, ed un’effimera luce proveniente dallo schermo di un telefono non poteva placare la loro sete di sangue.

Poi, ciò che successe, ancora nessuno lo sa descrivere con certezza: Una carezza furtiva nelle ombre, questo sentì; la luce della speranza gli baciò una guancia e gli disse di riaprire gli occhi. Infatti, Christopher, riuscì a scorgere una luce proveniente da una delle camere in cui non era mai entrato. Matthias lo aveva ammonito più volte dicendo d'evitare quella mistica stanza dove l’unico a poter varcare la sua soglia era appunto il licantropo, ma, nonostante le assidue ramanzine, Christopher si avvicinò ad essa a grandi falcate.

Non appena egli si mosse per quella direzione un’ondata di calore gli attraversò il corpo, rigenerandolo totalmente: le gambe, rigide dal gelo, ripresero a camminare normalmente, senza che un blocco di ghiaccio le appesantisca; poi, il freddo che si era accumulato all’interno dei polmoni si sciolse - agevolando la respirazione - ed in fine il corpo smise di tremare. 

Entrò in quella stanza, accompagnato dalla sua fervida curiosità, lasciandosi alle spalle quell’ambiente di freddo pericolo che teneva i suoi nervi saldi.

C'era una figura di sesso femminile - presumibilmente - girata di spalle all'interno della stanza: emanava un’aurea di calore che si espanse per tutta la camera, portava i capelli color pece in una coda di cavallo ed un lungo mantello nero che ricopriva le sue gambe e la schiena, mentre gli altri particolari non erano ancora visibili.

Christopher era confuso, spaventato, non sapeva cosa aspettarsi da quella ragazza. La cosa migliore da fare sarebbe stata quella di scappare lontano e di non tornare mai più, eppure le sue gambe non rispondevano ai suoi comandi ed il suo corpo, nonostante il calore, era rigido come un blocco di ghiaccio.

Illunis ||•Yaoi•||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora