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Era passata una settimana. Un'interminabile e stancante settimana. Le mancava.
Non pensava potesse davvero sentire la mancanza di Mark.

Lui continuava a evitare i suoi sguardi nelle ore trascorse in palestra. Rachel gli si avvicinò per sceglierlo come compagno di combattimento, ma si era già allontanato.

Lucy aggrottò le sopracciglia. «Qualcosa non va tra voi due?»

Rachel annuì. «È colpa mia, temo. Chloe mi ha baciato e-»

«Ho notato, mh.»

La mora accennò un sorriso. «Oh, qualcuno è geloso...» la stuzzicò, le prese una mano e la attirò a se «...non è così?»

Lucy ridacchiò, gli occhi puntati sulle labbra rosee di Rachel. «Io gelosa? Per cosa? Siamo amiche, no?»

«Sicura?»

La bionda sospirò. «Ci stai provando con me?»

Rachel sorrise. «Il tuo sguardo sulle mie labbra mi ha dato l'iniziativa, sai.»

Erano così vicine che Rachel pensò di annullare la distanza tra loro in modo definitivo, un attimo di pura follia.
Poi nella sua mente il ricordo di Chloe si fece vivo, e si distaccò quasi come scottata. «Non volevo, insomma, sai, non volevo realmente provarci.»

«Io si.»

Si guardarono intensamente prima che il fischio dell'allenatore catturasse la loro attenzione.

***

Entrò in mesa con Lucy al suo fianco, ridacchiando per una battuta dell'amica.
Era strano, pensò, sentirsi di nuovo bene.

«Dio, chissà cosa ci daranno da mangiare...» borbottò Rachel «La cena è persino peggiore del pranzo.»

Lucy annuì, mentre entrambe si dirigevano dalla cuoca. «Allora...» iniziò lei «Riguardo oggi-»

«Non chiamarla in quel modo!»

Rachel si voltò immediatamente al sentire le grida di Mark. «Che succede?» si chiese, guardandosi intorno.

Il castano si trovava a pochi centimetri da un ragazzo poco più alto di lui, i capelli ricci e corvini. Joe si chiamava. «Sennò che fai, piccoletto? Potrei benissimamente usarti come stuzzicadenti.»

«Non osare sfidarmi» sussurrò Mark, ma era troppo tardi. Il suo rivale lo aveva ormai preso per il colletto della maglia azzurra che indossava, lo gettò a terra in modo brutale.

Rachel sbarrò gli occhi e corse immediatamente in suo soccorso.

«Hai cercato di aiutarmi, ma sappi che con te non farò mai lo stesso.»

Le tremavano le ginocchia.

«Mark, chi ti salverà ora?»

Al diavolo, si disse. Lo vide steso a terra, Joe a cavalcioni su di lui che continuava ad assestargli pugni.

«Smettila!» gli urlò contro Rachel, e con una spinta riuscì ad allonanarlo dall'amico «Se solo continui a-»

«Pensi di essere forte, eh?» domandò «Sei solo una fattona del cazzo, e sai cosa?» rise, una risata fredda «Lo sanno tutti. Parlano, continuano a parlare di te. Oh, deve essere stata proprio dura stare qui. Con questo sfigato, perlopiù!»

Rachel strinse i pugni. «Non osare più sfiorare Mark con un dito.»

«Altrimenti?»

La ragazza si scaraventò su di lui con un urlo, gli bloccò subito i polsi. «Ti ho avvisato, bastardo. Continua a provocarmi e giuro che ti spezzo le ossa una ad una. E goderò così tanto in quel momento...» pose un ginocchio sul suo petto.

«Mi-mi stai facendo male» cercò di dire lui, la voce strozzata.

«Era questa la mia intenzione» gli disse, per poi alzarsi e lasciarlo correre verso i dormitori.

Si voltò per incontrare lo sguardo di Mark. La situazione si evolse in un modo che Mark non avrebbe mai immaginato.

Rachel lo abbracciò. Lo strinse a sé, le lacrime agli occhi. «È tutta colpa mia, tutta colpa mia...»

Mark emise un lieve gemito di dolore per la schiena. «Rachel...» le disse «Sono stato io a provocarlo. Aveva iniziato a prenderti in giro e non ci ho visto più...»

Rachel sorrise. «Tu...tu hai messo in gioco la tua vita per me?»

«Sei stata tu a salvarmi, io non ho fatto nulla.»

Gli analizzò con minuzia il viso. «Andiamo in infermeria, hai la guancia destra tutta gonfia e sporca di sangue...»
Gliela accarezzò delicatamente con i polpastrelli della mano che Mark, prontamente, prese tra la sua. «Non serve, starò bene. Solo...non smettiamo di parlarci.»

«È stato un inferno senza di te.»

Mark abbassò lo sguardo, le mani in tasca. «Per me è stato lo stesso.»

Rachel gli indicò il loro posto, così da potersi sedere e cenare insieme, ma quando la figura imponente del preside si presentò dinanzi a loro ad entrambi mancò il fiato.

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