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Aprì gli occhi, quel poco che le bastò per capire che, sfortunatamente, tutto ciò che la circondava era di un buio pesto. «Dannazione» imprecò quando si rese conto che aveva le braccia bloccate dietro la schiena.
I polsi circondati da due strette e taglienti manette connesse alla parete tramite un intreccio di fili.

Il respirò iniziò a diventare irregolare, i battiti cardiaci sempre più veloci.

«Lasciami andare!» si lamentò invano, scalciando e dimenandosi sempre più. Battè le nocche sulla schiena dell'uomo che l'aveva caricata a peso morto in spalla.

«Sei quasi a casa. Quasi a casa» le disse invece lui con una voce pacata.

«Casa?» domandò lei amaramente «La chiami casa quella in qui ci stai portando?»

«Sta' zitta ragazzina, per favore. Stiamo solo facendo il nostro lavoro.»

Rachel digrignò i denti. «So anche camminare a piedi, grazie.»

Si poggiò una mano in testa mentre i ricordi riaffioravano.

Pronunciata quella frase, la ragazza si divincolò con uno scatto fulmineo dalla presa dell'uomo.

«Rachel! Attenta!»

Era la voce di Mark quella?
Tutto divenne improvvisamente sfocato, proprio quando si ritrovarono davanti due corridoi.

Le entrate delle fazioni.

Sentì nuovamente le palpebre pesanti, chiuse gli occhi nel tentativo di riposare quando un sussurrò attirò la sua attenzione.

«Pss! Sei sveglia?»

Rachel sbuffò. «Non dirmi che-»

Mark la interruppe immediatamente. «Si. Siamo stati smistati insieme.»

Il suo incubo più grande si era appena avverato. «Sai per caso in che fazione siamo capitati?»

«No» rispose lui secco, lo sentì muovere i polsi: il metallo delle manette a contatto con il muro piastrellato provocava un tintinnio irritante.

«Dov'è Chloe?»

«Sicuramente non qui» sbottò Mark, frustrato nel non essere riuscito a liberarsi.

Le sembrò che il mondo le fosse crollato sulle spalle. Tutte le sue speranze ormai distrutte.

«No...» pigolò lei, un nodo alla gola «Non possono averla portata via da me, non possono...»

«Indovina? Lo hanno fatto!» controbattè il castano con tono arrogante «Senti, nemmeno a me piace questa situazione. Mi dispiace per la tua amichetta, davvero, ma se continui a lamentarti non so proprio dove andremo a finire!»

Rachel sentì una vibrazione percorrerle la spina dorsale. «Ho pregato a lungo per non averti tra i piedi, Mark, e invece eccoti qui. Ti prego, stai zitto e lasciami in pace.»

«Sai che non ne sono capace» le rimembrò l'altro «Siamo Rachel e Mark, nessuno ha l'ultima parola tra noi. Continuiamo all'infinito, lo abbiamo sempre fatto!»

«Sono stanca di perdere tempo su di te. L'odio che provo nei tuoi confronti non cambierà con i battibecchi» borbottò lei, lo sguardo basso.

Mark emise una flebile risata. «E pensare che ho persino cercato di salvarti prima che ti iniettassero quella roba che, alla fine, ti hanno iniettato affinchè perdessi i sensi...»

Rachel sbarrò gli occhi. «Tu-tu cosa?»

«Hai cercato di scappare dall'uomo che ti teneva in spalla e bam, sorpresa!» esultò con finto entusiasmo «Ha estratto dalla tasca della sua giacca una siringa con una specie di sonnifero. Ho cercato di avvisarti, ma era troppo tardi. Hai iniziato a dormire come un ghiro.»

La giovane dai capelli corti sospirò. «Mark...»

«Mh?»

«Hai cercato di aiutarmi, ma sappi che con te non farò mai lo stesso.»

Mark annuì. «Non ne avevo dubbi.»

Rachel si morse il labbro. «Le persone che compiono cattive azioni sono solo cattive persone. Non credo riuscirò mai a perdonarti per quello che è successo tra le nostre famiglie, per quello che tu hai fatto.»

«Non che tu sia stata una santa.»

La ragazza alzò le spalle.

«Rachel, non possiamo continuare così. Per quanto mi dispiaccia non litigare con te, dobbiamo darci un taglio» setenziò Mark.
«Come potremmo combattere l'uno al fianco dell'altro se combattiamo tra di noi?»

Rachel era sul punto di ribattere, quando la luce mattutina la avvolse interamente, sorrise.

Libertà.










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