Sento un forte bruciore che mi percorre tutto il braccio.
Una sensazione che mi provoca un dolore fisico insopportabile.
Sbatto lentamente le palpebre, se prima avevo poche forze adesso mi sento un cadavere.
Cerco di capire per quale motivo sono qui, ho un vuoto di memoria.
Non posso muovermi, sono sdraiata sopra un tavolo, ho le mani lontane dal corpo fasciate con una garza bianca macchiata di sangue.
In quel momento la mia mente decide di proiettare un flashback, così da brava spettatrice glielo permetto.
Il flashback è recente credo, guardo meglio.
Flashback
•C'è una ragazza, da sola chiusa in una stanza.
Si ferma a fissare il vuoto, ogni suo pensiero la mangia.
La vedo triste e stanca, ha il viso appoggiato sulle mani e parla, parla con se stessa.
Urla, chiede di lasciarla stare ma lei è sola, lì non c'è nessuno.
Allora mi domando, ma lei con chi parla?
Si alza in piedi e ansima.
Piange fortemente, le lacrime sembrano infinite.
Si sbatte le mani contro la fronte e sussurra "basta".
Si alza e con tutta la forza che ha nella braccia sposta il materasso dalla branda.
Cade a terra e le ginocchia fanno molto rumore quando si scontrano con il pavimento, sicuramente avrà provato dolore.
Poi con le mani inizia a rompere i fili metallici.
Velocemente appoggia il polso e si taglia.
Finalmente la vedo soddisfatta.
Si macchia la faccia e poi si sdraia•
Adesso ricordo cos'è successo e perché mi trovo qui.
Mi trovo qui perché ho fallito un'alta volta.
Non ho altro tempo per pensare perché delle luci bianche mi abbaiano il viso.
Cerco di spostarlo ma ho il collo legato anche esso al tavolo.
Vedo un uomo che si avvicina a me, mi guarda dispiaciuto e poi scuote la testa.
Ha i capelli bianchi e grigi, credo che abbia circa sessant'anni.
Indossa un camice quindi è sicuramente un medico.
Odio questa situazione, ora so che mi rimprovererà.
-Ascoltami e impara che così non si fa-. Sicuramente mi ripeterà questa frase.
Ma io mi chiedo, lui cosa ne sa?
Non può nemmeno immedesimarsi nella mia situazione, lui non sa che sono tormentata dai demoni.
La mia vita qui non ha senso, a chi servo?
A cosa servo?
-Ragazzina, cosa mi combini ?-. Sussurra l'uomo liberandomi il collo e poi le braccia da una strana fascia di plastica.
-Invece di migliorare una volta arrivata qui tu cerchi di suicidarti?
Non va per niente bene-. Mi aiuta ad alzarmi anche se ci impiego del tempo.
Devo aver perso litri di sangue perché mi sento fiacca.
Quando finalmente riesco a stare in piedi scruto la stanza.
È tutta bianca, quello sul quale ero sdraiata non era un tavolo ma un lettino che si usa negli ospedali.
L'uomo mi tiene per il busto e cerca di farmi camminare.
-Io sono il tuo medico curante, ho la funzione di psicologo e da oggi inizierà il nostro percorso-.
Uno psicologo, non mi serve uno psicologo.
Cerco un modo per ritardare il nostro incontro.
Una doccia, perfetto, se gli chiedo di farmi una doccia non potrà vietarmelo.
Mi fermo e gli tocco il petto per catturare la sua attenzione.
Poi mimo una persona che si lava e lui curva le sopracciglia.
-Hai sete?- io nego scuotendo la testa e ripeto il gesto inserendo le mani nei capelli.
-Ah, ho capito, vuoi lavarti.
Giusto?-. Io affermo, finalmente ha capito.
-Hai bisogno che qualcuno ti accompagni-. Dice.
Io mimo un no e inizio ad agitarmi, così magari capisce che è meglio se mi lascia stare.
-Va bene come vuoi, tieni-. Lo vedo avvicinarsi ad un mobiletto color porpora.
Lo apre e poi estrae un asciugamano rosa e delle ciabatte celesti.
Che colori felice, che odio.
-Ti accompagno fino alle docce e poi ti lascio sola-. Dice prima di darmi le spalle .
Finalmente riesco a stare in piedi, perfetto.
Mi stacco da lui e lo seguo.
Usciamo dalla stanza e superiamo un altro corridoio.
Questo però è diverso, ci sono tantissime persone con le stampelle.
Hanno gambe fasciate e braccia ingessate, fissano il vuoto.
Alcune camminano mentre altre rimango ferme, in piedi o appoggiate al muro.
Sono diverse da quelle di ieri sera.
Loro sono veramente tristi, hanno delle facce stravolte, mi guardano male e parlano con se stessi.
Non hanno la tuta grigia ma arancione.
-Non guardarli così Serena, adesso sei come loro, l'hai voluto tu.
Da oggi non avrai più la camera 50 e la tuta grigia.
La tua situazione è più grave di quanto pensassi e ci metterò di più per guarirti quindi dovrai restare qui per più tempo, ma di questo ne riparleremo dopo la doccia, giusto ?-.
Sento che il pavimento si sta sgretolando sotto ai miei piedi.
Perché dice questo, io non devo essere guarita, non ho speranze.
Ma la cosa che mi preoccupa di più è il tempo che dovrò passare qui.
Perché non mi lasciano semplicemente essere felice ?
Perché non mi hanno lasciata in quella stanza da sola, penso prima di trovarmi davanti a delle persone completamente nude.
-Siamo arrivati, queste sono le docce, naturalmente non ti scandalizzare se vedi dei maschi, non abbiamo abbastanza soldi per fare sezioni separate-.
La situazione sta diventando sempre meno sopportabile.
Sto per dare di matto.
Strappo l'asciugamano dalle mani dello psicologo ed inizio a camminare tra le varie cabine.
Lui mi segue.
Sono quasi tutte occupate tranne due, infondo.
Mi da fastidio vedere tutti questi occhi puntati addosso, ma d'altronde sono l'unica femmina fra tutti questi maschi disgustosi.
Finalmente la raggiungo, non c'è nemmeno una tenda, così sono costretta a lavarmi nuda davanti agli altri.
-Dai spogliati non ti guardo, poi passami i vestiti-. Faccio come mi dice ma lascio la biancheria, una volta posati i vestiti fra le sue mani si gira e se ne va.
Io mi avvicino al getto d'acqua ,freddo.
Adoro l'acqua fredda sul corpo caldo, mi fa sentire bene, non proprio bene ma fisicamente meglio.
Mi guardo i polsi adesso la garza è tutta bagnata, che disastro.
Passo le mani sul mio viso e sul corpo cercando quasi di levarmi la pelle di dosso.
-Mi segui pure quando mi devo lavare?-. Sussurra una voce maschile, mi sembra di averla già sentita.
Quando mi giro in direzione di essa sono dispiaciuta e allo stesso tempo stupita nell'affermare che ho ragione , l'ho già sentita è il ragazzo del libro, Christian.
Mi vergogno amaramente, ha la doccia davanti alla mia e mi fissa.
-Beh, niente male come incontro, anche se dovresti ammettere che sei una stalker-.
Cerco di coprirmi.
Ma poi mi ricordo che si vedano le garze e non voglio farmi vedere fragile davanti a lui.
Non voglio che sappia quello che ho fatto.
Mi sento a disagio come non lo sono mai stata.
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•Borderline•
Romance•Serena a soli 14 anni subisce una grave perdita, una malattia si porta via sua sorella Chiara, con la quale era sempre stata molto legata. La morte di Chiara provoca in Serena un gravissimo disturbo post traumatico. Serena inizia a smettere di viv...