•Resisti ti prego•

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Un silenzio segue il mio discorso, la stanza vuota, io e Christian seduti sul letto.
Non c'è nessun altro intorno a noi.
Non abbiamo bisogno di parlare, ci basta guardarci credo.
Si, ci guardiamo stranamente, due persone sofferenti che si capiscono, entrambi con le lacrime che continuano a scendere e il battito cardiaco stranamente più veloce del dovuto.
Il dolore che incontra altro dolore, due comportamenti diversi che però si capiscono perfettamente.
Non so bene perché ma lui mi ricorda mia sorella, ogni volta che soffrivo lei c'era, riusciva a capirmi.
Christian si sporge verso di me, mi asciuga le lacrime con una mano mentre con l'altra mi sposta i capelli dal viso.
Poi fa qualcosa di inaspettato, mi abbraccia.
Mi stringe fortemente al suo petto, estremamente caldo.
Non riesco a muovermi, sono bloccata.
Sento una strana sensazione, il cuore pulsa, lo sento, sento entrambi i cuori che battano.
Non mi era mai successo di sentire così tanto un rumore vitale.
Bello, un rumore bello, uno di quelli che ti fanno capire che sei viva, che hai qualcuno, qualcuno che forse ci tiene a te anche se non ti conosce più di tanto.
Smetto di pensare e ricambio l'abbraccio, lo avvicino ancora di più al mio corpo.
Appoggio le mani dietro la sua schiena e ansimo continuando a piangere.
Ogni emozione si è amplificata, sento scontrarsi dentro di me due diverse sensazioni, completamente nuove.
Appoggio la testa sulle sue spalle e sussurro una frase che mai mi sarei aspettata di dire se non in quella situazione.
-Scusami se mi sono comportata in modo... a dir poco scontroso con te, ma la verità è che ho paura.
Paura di affezionarmi a qualcuno, paura di perdere quella determinata persona, di farmi portare via dal vento tutto quello che ho-.
Mi prende la testa e l'avvicina alla sua, i nostri occhi si scontrano.
-Non scusarti, ti capisco.
Anch'io ho sofferto molto-. Mi sorride con le lacrime agli occhi.
-Sfogati, sfogati con me, magari non sarò la persona migliore per farlo ma ci voglio provare-.
Ripeto la stessa cosa che ha fatto lui con me, e asciugo le sue lacrime.
Mi guarda indeciso e poi finalmente parla.
-Tutto iniziò quando avevo pochi anni, vedevo mio padre che gridava e urlava a squarciagola.
Mia madre mi nascondeva sotto il tavolo della cucina quando quel essere disgustoso tornava a casa.
Lei  pensava che fossi troppo piccolo per capire cosa stava succedendo, ma si sbagliava.
Lo vedevo entrare con una bottiglia mezza vuota di whisky, standomene nascosto.
Osservavo per capire cosa succedeva.
Crescendo la situazione peggiorò sempre di più.
Mio padre quando tornava a casa continuava ad urlare ...ma non solo.
Un giorno prese per i capelli mia madre e la sbatté a terra, la picchio più volte, così tanto da farla sanguinare, sputava sangue e sussurrava di smettere ma lui non la ascoltava.
Avevo solo cinque anni, mia mamma mi ripeteva che era tutto un gioco, che lei si divertiva e che papà lo faceva per farla stare bene.
Continuò così per molto tempo, ma una sera la situazione degenerò e io per la prima volta decisi che era il momento di difendere colei che   mi aveva dato al mondo.
Tornai a casa dopo l'allenamento di nuoto, ero felice, soddisfatto, mi stavo impegnando tantissimo per migliorare e mio padre era scomparso, non tornava a casa da due mesi ormai.
Aprii la porta dell'appartamento ed entrai con il sorriso inciso sul volto.
Poi sentii mia madre urlare, posai il borsone a terra e corsi fino alla camera da letto.
Quando vidi un mare di sangue e lo stronzo che le stava letteralmente spaccando il viso con una bottiglia di vetro... provai una rabbia tale che mi spinse a capovolgere la situazione.
Sapevo che lui era ubriaco , quindi lo colpii alle spalle.
Lo spinsi a terra e con tutta l'ira che stavo provando iniziai a picchiarlo, fortemente.
Ma poi fui distratto da mia madre che urlò di smetterla, così mi fermai un istante e in quel istante mio padre mi montò sopra...iniziò a turarmi pugni e calci.
Non riuscii più a vedere, ad alzarmi.
"Che figlio stronzo e ingrato, bastardo.
Dopo tutto quello che ho fatto per te e quella Troia di tua madre" continuava a urlare mentre io cominciai a vedere tutto nero.
Nonostante tutto sentii i passi di mia madre,  si alzò dal letto, prese silenziosamente la decorazione in bronzo che si trovava sul suo comodino e con tutta la forza che aveva...-.
Si ferma , sta sudando, il suo viso è  un misto di sudore e lacrime amare.
-Colpì più volte la testa di mio padre che cadde in terra, senza vita-.
Rimango scandalizzata dalla sua storia, sono una stronza insensibile, l'avevo giudicato male, molto male.
La sua storia è terribile.
Sto soffrendo anche per lui in questo momento.
-Ho cercato di aiutare mia madre, di prendermi la colpa per l'omicidio ma lei non me l'ha concesso.
Io sono finito in un centro di cura mentre lei è finita in un carcere-.
-Tu non hai nessuna colpa, la colpa è di
quel mostro ...tuo padre.
Mentre tua madre deve assolutamente uscire, perché..perché è ancora lì?-. Urlo.
Non so bene per quale motivo io stia urlando ma non riesco ad accettare una tale ingiustizia.
-Si è suicidata dopo una settimana-. Si alza, è rosso e continua a gridare.
-È colpa mia-. Grida correndo per la stanza vuota.
-No, non è colpa tua, tu sei solo una vittima-. Dico alzandomi per cercare di calmarlo.
Per la prima volta assisto ad un attacco psicotico, che però non è il mio.
-Dovevo andarci io in carcere, non lei-.
Ansima singhiozzando.
Sbatte le mani contro il muro ripetutamente.
Non so come fare.
-Ti prego Christian ascoltami-. Urlo girandolo e scontrandomi un'altra volta con il suo corpo.
Ha la faccia completamente distrutta, gli occhi rossi e non smette di graffiarsi il collo.
Mi guarda mentre piange.
-Sono solo pure io, mi capisci ?-. Grida sfuggendomi via.
Afferra dal cassetto accanto al suo letto un pila di pasticche
Esce dal dormitorio, sfortunatamente mi rendo conto che il ragazzo che ci ha fatto entrare non c'è più.
Io sono tremendamente spaventata.
Lo rincorro per il corridoio con tutto il fiato che mi resta.
-Christian fermati-. Grido.
Non rinuncio a seguirlo.
Non durante una crisi del genere, so bene cosa può accadere.
Entra in una porta e la chiude alle sue spalle.
Leggo la scritta "Vasca grande".
Inizialmente non capisco quindi continuo a bussare ma nessuno mi apre, urlo il suo nome ma non risponde.
Aspetto svariati secondi sperando che esca ma quando mi rendo conto che i minuti passati sono troppi inizio a sbattere contro la porta.
Con tutta la forza che mi rimane ma non ci riesco.
Guardò il corridoio più volte poi per caso mi cade l'occhio su una mensola con su scritto "chiavi".
-Cristo, perché solo ora-. Mi avvicino ad essa,
Mi alzo sulle punte e poi afferro la chiave che apre la porta per la vasca.
Rapidamente apro la porta e quando entro perdo un battito, poi due.
Mi precipito verso la vasca.
No non può essere, assolutamente no.
Mi butto in acqua e anche se non nuoto molto bene riesco a raggiungerlo.
Lui è immobile  sul fondo, probabilmente svenuto
Afferrò il suo corpo esile, non è più caldo come prima.
Lo porto in superficie, cercando di evitare il panico che però mi divora.
Lo appoggio sul pavimento gelido e cerco di rianimarlo ma non ci riesco.
-No-. Urlo con voce affannata.
Gli dolgo la maglietta e provo a rianimarlo, facendo una strana mossa.
-Oh Gesù-. Sussurro vedendo la sua mano.
Stringe la confezione delle pasticche a cui non avevo dato nessuna importanza.
Le prendo e leggo "Anti-depressivo__fluroxetine.
Si consiglia generalmente di suddividere la dose totale in almeno 2 assunzioni giornaliere, separate l'una dall'altra da un intervallo temporale di almeno 4 ore.
~In caso di overdose, chiamare subito il centro antiveleni più vicino.
Nel caso ci sia un collasso o arresto respiratorio, chiamare subito il pronto intervento medico (118).~
Spalanco gli occhi, lo prendo per le spalle e lo muovo ripetutamente.
-Svegliati-. Urlò disperata.
Basta, lo prendo in braccio anche se in realtà è difficile da portare, e comincio a camminare.
Cammino velocemente con gli occhi lucidi, vedo sfuocato ma non posso permettermi di fermarmi.
Se ho paura?
Si, tantissima, è indescrivibile mi sento tremendamente confusa.
Non riesco a credere che abbia fatto una cosa del genere, sicuramente stava male da tempo e non riusciva a sfogarsi.
Ancora una volta corro e chiedo aiuto gridando come una pazza.
Finalmente trovo una donna, un'infermiera che mi fa segno di seguirla.
-Resisti ti prego-.
Sussurro baciando la fronte di quel ragazzo che apparentemente poteva sembrare forte e senza pensieri ma che in realtà era fragile e tormentato dal dolore e dalla rabbia.
L'infermiera, anche lei è spaventata, chiama il medico che poco dopo arriva.
-Christian?
Non ci credo.
Stava per uscire-. Me lo strappa dalle braccia.
-Quante ne ha prese?-. Mi domanda agitato.
-Non ne ho idea ma credo un pacchetto intero-. Grido, grido spudoratamente.
È tutto uguale, mia sorella, la sua morte.
-aspettaci qui-. Risponde il medico dandomi le spalle.
-No, questa volta io vengo-. Lo seguo.
ragazze questo capitolo è lungo lo so...spero  che qualcuno l'abbia finito di leggerlo.
Fatemi sapere vi prego ❤️
Grazie mille per tutto.

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