37. Blah blah blah, fine

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-Hey, disturbo?- dissi con il telefono premuto contro l'orecchio.

-Hey, tu non disturbi mai- disse Nora dall'altra parte della linea,

-Puoi... puoi venire al Level?-

-Certo, hai voglia di fare una passeggiata?-

-Sì, vorrei stare con te soprattutto- sentì una fievole risata,

-Tra pochi minuti sono al Level-

-Ok, io sono già qui, sono davanti alla pista da skate-

Nora mi salutò e mise giù.

Richard era andato via da poco, eravamo ancora shoccati dagli avvenimenti successi poco fa e io di certo non volevo andare a casa a deprimermi come fece lui.

Così decisi di chiamare Nora perché sapevo che tutti i miei pensieri sarebbe scivolati fuori dalla mia testa come una cascata.

E l'aspettai guardando la pista da skate vuota, decisamente diversa da quando quelli del Renaissance vanno a divertirsi.

-Eccomi- la voce di Nora suonò di fianco a me e io mi girai di scatto.

Non so quanto tempo stetti imbambolata a guardare la pista, ma era abbastanza per aver permesso a Nora di prepararsi e arrivare senza che io mi accorgessi del tempo trascorso.

-Tutto ok?- chiese dopo avermi dato un bacio sulla guancia.

Annuì distrattamente e appoggiai la testa alla sua spalla.

-Sei pallida, sicura di stare bene?- mi prese la mano e mi circondò le spalle con un braccio.

Stavo per scoppiare a piangere, ma non volevo farlo, volevo dimostrare a Nora che io ero una roccia, una persona di cui puoi stare certo che sarà la spalla su cui puoi piangere tutte le volte che vuoi.

Piangere era normale quanto anomalo.

Io non piango. Punto.

Ma poi, quando alzai la testa dalla spalla di Nora e quando i suoi occhi preoccupati incontrarono i miei, crollai in un pianto silenzioso.

E finalmente, dopo mesi e mesi (se non anni), di soffocare i miei pensieri nell'unico scopo che mi sembrava giusto (quello di portare onore al club) mi sono lasciata andare tra le braccia di Nora.

Lei mi strinse contro il suo petto, i miei occhi nascosti nel suo collo e piangevo, piangevo, piangevo.

Mi sentivo così bene tra le braccia di quella santa ragazza. Mi pareva di potermici nascondere da tutto e tutti. Una ragazza da baciare.

Lo feci, le presi le guance e la bacia con amore, poi l'abbracciai di nuovo e tornai a sfogarmi.

Lei non disse niente, aspettò finché non versai l'ultima lacrima, solo dopo mi chiese se andasse meglio.

-Baciami- lei lo fece e io le sorrisi,

-Ora va meglio-

Il giorno del mio undicesimo compleanno venni ufficialmente estraniata dall'atto del consolarsi: ricordo che caddi mentre giocavo con Aaron e Rich alla mia festicciola, mi sbucciai un ginocchio e Rich mi mise una mano sulla spalla mentre Aaron andava ad avvertire mio padre.

Rich mi fissava e io non piangevo anche se avrei voluto dimenarmi a terra. Volevo far vedere che ero come lui, Rich in quel tempo non piangeva mai e mi sembrava una macchina, certe volte pensavo che lo avessero scambiato con un robot e ogni sera, prima di addormentarmi, pensavo a come io ed Aaron avremmo salvato il vero Richard dalle mani di uno scienziato pazzo che voleva usarlo come esperimento umano.

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