Prologo.

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Era il due settembre e l'ultima volta che avevo guardato l'orologio erano le due e un quarto.
Nonostante la Death valley fosse considerata  il posto più caldo d'America e probabilmente del pianeta, io il caldo non lo sentivo più.
Non lo sentivo più da un po di tempo.
Riuscivo a sentire il sudore scorrere lungo il mio corpo, i capelli attaccati alla fronte e i vestiti fradici, ma non avevo caldo.
La moquette era dura contro la schiena bagnata ma non me ne importava.
Era come se non fossi dentro al mio corpo, come se tutte le sensazioni umane non mi apparterressero più.
Sentivo il rumore fastidioso del vecchio  condizionatore manfulzionante. Girai la testa verso Jesse, steso al mio fianco a testa in giù, potevo vedere solo i suoi occhi.
Mi sembrò che la moquette verde puzzasse. Un odore a malapena impercettibile, ma fastidioso.
O forse era solamente l'odore dei nostri corpi.
Quel camper in cui avevo vissuto per così tanti mesi non mi sembrava più così spazioso.
Le mure si stavano avvicinando, ci guardavano ed io mi sentivo soffocare.
Non riuscivo però ad alzarmi,  non che volessi farlo. Ero anestetizzata, non potevo muovere un solo muscolo.
Era angosciante, ed anche se sapevo che era tutta un'illusione e che le pareti di un camper non potevano prendere vita e schiacciarti, io avevo paura.
Anche se i miei occhi erano aperti, non vedevo nulla, intorno a me.
Guardai Jesse e fui felice di riuscire a vederlo.
I suoi occhi erano quasi del tutto chiusi, e il suo respiro leggero mi accarezzava le guancie, e sentii che le pareti si allontanavano.
-Jesse.- Riuscii a sussurrare.
-Kira.- le sue labbra secche pronunciarono il mio nome con difficoltà,  ma la sua voce mi tranquillizó immediatamente.
Erano le due un quarto del due agosto a Death Valley, California,  e non potevamo  trovarci in un posto migliore di quello per fare quello che dovevamo fare.
Avevo sonno, volevo appisolarmi solo qualche minuto, ma avevo paura di poter perdere quei pochi istanti che rimanevano da spendere con Jesse.
-Toccami. -
Iniziò a respirare con difficoltà,  e avrei voluto aiutarlo, ma sapevo che non c'era più tempo.
-Non riesco a muovermi.- Disse solamente.
Avevo bisogno del suo tocco ancora una volta.
Mi concentrati sui miei muscoli e guardai il mio braccio, pregandolo perché facesse ancora un'ultimo sforzo.
Tremante, si mosse.
Avvicinai la mia mano al suo viso, scostandoli i capelli lunghi dalla fronte imperlata di sudore.
Erano le due e un quarto nella Death Valley e il termometro segnava 48 gradi.
Ma io non sentivo caldo, e non certo Grazie al condizionatore.
Presto smisi di sentire anche quello.
Riuscivo ancora a sentire Jesse. Dovevo essere ancora lì, distesa sulla moquette verde, ad aspettare. Riuscivo ancora a formulare un pensiero, e mi chiesi se per Jesse era lo stesso.
Riuscivo ancora a vederlo, se pur sfocato.
I suoi occhi rossi si schiudevano e aprivano spesso, lottando per restare vigili.
Volevo che mi parlasse ancora, perché amavo il suono della sua voce e mi faceva stare bene.
-Ci stanno venendo a prendere, Jesse.- riuscii a dire difficilmente.
-Sì. -
I nostri nasi si sfiorarono ma non riuscii ad avvicinarmi di più.
Sperai che anche Jesse riuscisse ancora a pensare. Sperai che non fosse ancora solo un corpo.
Erano le due un quarto del due settembre nella Death Valley, California.

BLOWHOUSE - La cura Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora