22.

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Non seppi quando iniziai a farlo più spesso.
Non avevamo ne soldi e ne un lavoro, e apparentemente quello sembrava l'unico modo per comprarci la droga.
Ne avevo parlato con Camila, ma lei non sembrava per nulla stupita.
-Sai quanti cazzi ho dovuto succhiare per queste scarpe?- Mi aveva risposto mostrandomi le sue prada altissime.
Non avrei mai immaginato di arrivare fino a quel punto. E se normalmente mi sarei sentita una merda, in quel momento non mi interessava. Non mi importava di quello che avveniva in quei minuti, ma pensavo solo a quando avrei avuto abbastanza soldi per una dose.
Camminavo nervosa sul ciglio della strada principale, fumando una sigaretta dopo l'altra e guardando le macchine scorrazzare velocemente, sperando che qualcuno si fermasse.
Tremavo, nonostante ci fossero più di trenta gradi. Sentivo il mio sudore mescolato con il fondotinta e il mascara che pian piano colava, e volevo che quella notte finisse in fretta.
I tacchi, quelli che mi aveva imprestato Cam,mi facevano male ,ma lei sosteneva che fossero necessarie, che altrimenti nessuno si sarebbe fermato.
Inevitabilmente scoppiai a piangere, perché stava andando tutto per il verso sbagliato, perché ero in astinenza ed ero una puttana. Ero diventata tutto quello che non avrei mai voluto essere.

Mi costrinsi a smettere di frignare, che non sarebbe servito a niente se non a rovinare il trucco.
Erano le undici passate quando si fermò la prima macchina.
Una Peugeot nera e grande, dai finestrini oscurati.
Esitante mi avvicinai all’auto, traballando su quei tacchi vertiginosi.
Il finestrino si abbassò lentamente, rivelando il volto del primo cliente.
Era un'uomo con un età indefinita tra i quaranta e cinquanta anni, ma dall’aspetto molto curato. Mi guardò con i suoi occhi azzurrissimi facendomi sentire ancora più a disagio.
-Ciao, piccolina. Cosa fai?- rabbrividì al suono della sua voce, quasi rassicurante.-
-Tutto.- balbettai, imponendomi di calmarmi.
Lui annuì, facendomi cenno di salire.
Quella era la prima volta che sarei andata a casa di un uomo. Solitamente preferivo rimanere in macchina, in un posto appartato e distante dalla strada, ma l'uomo non voleva, ed io non potevo permettermi di perdere quei soldi.
La sua auto era pulita e profumata, un leggero odore di pino che avrei sempre collegato a quelle notti .
Indossava una camicia dello stesso colore dei suoi occhi e al dito aveva la fede, come la maggior parte degli uomini con cui andavo.
-Perché tremi? Hai paura?- Chiese con voce adulta continuando a guardare la strada.
Non era quell’ il motivo del mio eccessivo tremore, ma si , avevo sempre paura.
-No.-


Nemmeno uno stupido avrebbe creduto al mio debole no

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Nemmeno uno stupido avrebbe creduto al mio debole no.
Lo vidi mentre sorrideva e poi mi guardò, squadrandomi attentamente.
-Ti ho vista altre volte mentre tornavo a casa, e non so perché non mi sia mai fermato.-
-È la prima volta che…che si insomma…-
-Che  vado con una prostituta? Direi di sì. Ci sono andato quando ero molto giovane, per il mio compleanno. Era il mio regalo per il diciottesimo. Ma preferisco non contare quella volta.-
Il fatto che parlasse così tranquillamente era strano,ma in un certo senso confortante.
-Sono Jeffrey, comunque.- Era la prima volta che qualcuno mi diceva il suo nome. Di solito dalla bocca degli uomini uscivano solo gemiti.
-Cookie.-
La casa di Jeffrey non era molto lontana ed era incredibile, una casa gigantesca tutta vetrata e decisamente fuori posto lì in mezzo alla campagna.
Il fatto che non ci fossero tanti mobili rendeva quella casa ancora più spaziosa.
-La camera da letto è al piano di sopra.-
Mi porse la mano, quella senza fede, ed esitante lo seguì al piano superiore,illuminato  da luci basse e soffuse.
La stanza era grande e ammobiliata accuratamente, tolmente bianca e ordinata e mi chiesi se fosse stata la moglie a scegliere la posizione strategica dei mobili.
Ero così concentrata ad ammirare quella camera che sussultai quando sentii la mano ruvida di Jeffrey abbassarmi lentamente la spallina del vestito. Chiusi gli occhi e cercai di immaginarmi qualcosa di bello, un posto colorato e profumato di pasticcini. Era l'unico modo per affrontare quello che stava per avvenire.
Rabbrividì quando le sue labbra bagnate mi percorsero con una scia di baci la mascella per poi fermarsi sulla Spalla nuda.
Serrai forte le palpebre quando sentii la sua erezione strofinarsi sulla mia schiena e feci dei respiri profondi quando le sue mani vagarono vogliose sotto al vestito.
Si slacciò la cintura di cuioi e in pochi secondi non indossava più i vestiti.
-Spogliati.-
Lo feci il più velocemente possibile, non guardandolo mentre si masturbava a pochi passi da me.

-
Lo feci il più velocemente possibile, non guardandolo mentre si masturbava a pochi passi da me

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Quello che successe dopo, nel suo letto king size, non lo ricordo molto bene. Sentivo il dolore ma lo ignoravo, sentivo il modo in cui si muoveva dentro di me e sentivo anche l'odore della sua pelle sudata ed eccitata.
Quando finì crollò sopra di me, respirando affannosamente. Mi aveva fatto male, e glielo dissi, ma lui non mi ascoltò nemmeno, ancora preso dall’orgasmo .
-Scopi bene, anche se sei solo uno scricciolo.-
Mi irrigidì , stringendo in un pugno le lenzuola bianche.
E inevitabilmente mi tornò tutto in mente, tutto quello che avevo archiviato.
Scricciolo.
Lui mi chiamava sempre così.
Sentii le lacrime salate scivolarmi lungo le guance, e stavo piangendo silenziosamente.

Jesse pov
Ingollai il mio caffè amaro guardando con occhi vacui la televisione, in cerca di un programma decente, di un programma che non mi avrebbe fatto pensare a quello che stava facendo Kira in quel momento.
Portai la tazza alla bocca con mani tremanti e finì quello che rimaneva di quel liquido amaro.
Per quelle ore che Kira non c'era provavo la paura nella sua forma più pura possibile. Poteva accadere di tutto nelle strade desolate. Si, certo che mi sentivo uno schifo, visto che era tutta colpa mia. Avrei potuto evitare tutto quello.
Alla tv trasmettevano una replica di un programma che non avevo mai visto in vita mia, uno di quei salotti dove si parlava di cronaca e politica.
Seduta su una poltrona vicino a quello che doveva essere il conduttore, c’era la madre di Kira.
Era dimagrita e sembrava invecchiata di dieci anni, ma era sempre molto elegante.
-Ti prego Kira, torna a casa. Andrà tutto a bene, te lo prometto. Risolveremo tutto nei migliori dei modi. Jesse, per favore, riportacela qui. Kira non sta bene, ha bisogno Delle sue medicine. Non è mentalmente stabile. Ti scongiuro, Kira. Torna qui.-
Spensi la tv, lanciando il telecomando da qualche parte per terra. Lo sapevo che Jazmin aveva reagione, per quanto mi costava ammetterlo.
Ma non potevo lasciarla andare.
Dovevamo stare insieme, fino alla fine .

BLOWHOUSE - La cura Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora