Alla fine avevamo trovato veramente qualcun altro. Compravamo la roba in strada, spacciatori che Clay aveva conosciuto in zone malfamate e pericolose della città.
Jesse era sempre più nervoso, perché dovevamo risparmiare se volevamo comprarci altra roba il giorno seguente.
Stavamo risparmiando su tutto, persino sul cibo . Eravamo passati ad avere tutto quello che volevamo, a non avere nulla da mangiare.
Il giorno in cui Clay e Jesse erano usciti, Camila mi chiese di uscire. Ovviamente non dissi di no, visto che non uscivo praticamente mai da quel Camper.
Dovevo accompagnarla da G, il ragazzo che la prima volta ci aveva dato la roba.
Nemmeno lei comprava da lui. Mi disse che era successo qualcosa quando stava con Bob,che i rapporti tra G e l'uomo non erano ottimi.
-Perché stiamo andando la allora?-
-G potrebbe aver chiamato Bob. Potrebbe avergli detto di me. Spero non sia così. Comunque sia, lui ha sicuramente il numero di Bob. Forse si chiederà dove mi sono cacciata. Gli devo dare un spiegazione, prima che venga a cercarmi in Iowa!-
Nemmeno lei comprava la roba da G, e probabilmente doveva essere per quello.
Raggiungemmo la casa di a piedi, camminando lungo i campi di granturco che costernavano la strada. Non lo vedevamo da molto tempo. Jesse non sarebbe stato contento di sapere dove eravamo state.
G ci aprì subito, sorpreso di vederci, e ci accolse con un sorriso sincero, invitandoci ad entrare.
Un accoglienza decisamente diversa dalla prima volta.
Ci diede due birre fresche e parlò a lungo con Cam di questo famoso Bob, così uscii in terrazza. Faceva caldo, e lo potevano confermare i vasi coi fiori appassiti. Vedevo le macchine sfrecciare veloci dirette chissà dove, e per un istante mi parve di scorgere anche il pick up blu di Clay, ma sperai che non fosse così, che non fossero già diretti a casa.
Decisi di rientrate, sentendomi improvvisamente più preoccupata che Jesse potesse passare e vedermi sul terrazzo dell’amico di Cam. Sapevo che erano solamente paranoie, ma da quando ero uscita dall’ospedale l'ansia mi accompagnava giornalmente.
Quando rientrai, Cam stava digitando qualcosa Su un iPhone ultramoderno che doveva appartenere a G.
-Vado a parlare con Bob.-annunciò, e andò su un’altra stanza, lasciandomi sola col suo amico.
mi fece cenno di sedermi, così presi posto sul divano vicino a lui, guardando tutto tranne che verso la sua direzione.
Finii la mia birra in pochi secondi. Sentivo il suo sguardo puntato sul mio volto, riuscivo a scorgere con la coda dell’occhio il modo in cui se ne stava immobile a guardarmi.
G era un bel ragazzo, ma non era per quello che mi metteva suggestione.
Forse era il suo fascino misterioso, o il modo in cui sembrava così maturo e grande rispetto a noi, piccoli tossici al verde.
-Dove hai lasciato la guardia del corpo?- mi chiese divertito.
-Jesse? Non è la mia guardia del corpo. È il mio ragazzo.-
Lui annuì fra se, alzandosi e prendendo dalle mie mani la bottiglia di birra vuota.- Ne vuoi un’altra?-
Scossi la testa, e lui andò in cucina a prendersene una.
-Quindi Cookie è il tuo vero nome? – Mi chiese quando tornò in salotto, sedendosi talmente vicino a me da far toccare le nostre gambe.
-G è il tuo?-
Lui sorrise, scuotendo la testa.- No, non lo è ovviamente. Non sono molti quelli che lo sanno in realtà. Mi chiamo Gerald. Ora mi dici il tuo?-
-Cookie.-
G scoppiò a ridere, facendo ridere anche me, anche se non ne sapevo il motivo.
-Sei la prima ragazza a cui rivelo il mio vero nome. Pensavo di poter conoscere il tuo.-
-Nessuno ti ha chiesto di fidarti di me.-
-I tuoi occhi me lo dicono.-
G si era avvicinato ancora, per quanto lo spazio lo permettesse. Riuscivo a percepire il calore del suo corpo a contatto con il mio, ed arrossì al solo pensiero.
-Il nome è la chiave di tutti i segreti di una persona. Che cosa nascondi tu, Cookie?-
-Nulla. È il mio vero nome, te l'ho detto.-
Ma quanto ci metteva Camila?
-Beh, è un nome molto bello.- Avvampai quando con gesto lento delle dita mi scostò una ciocca di capelli dalla fronte, incontrando il mio sguardo.
Gerald prese dalla tasca dei jeans una busta con la roba, e preparò le strisce sul tavolino davanti a noi.
E mentre tiravo tutto quel ben di Dio, mi sentì improvvisamente in colpa, perché Jesse era uscito con Clay alla ricerca di qualcosa, alla ricerca di mezzo grammo che ci avesse fatto arrivare alla giornata successiva, ed eravamo senza soldi, ed io ero qua in un appartamento super cazzuto a farmi come una merda con un ragazzo che non conoscevo e non sapevo nemmeno come ci ero arrivata.
Ben presto, quando la coca iniziò a fare effetto, tutte quelle paranoie e quei sensi di colpa sparirono. Non me nE fregava più niente. Stavo bene lì, in quel istante. Sapevo che quando tutto sarebbe finito me ne sarei pentita, che il down mi avrebbe travolta come una furia e sarei rimasta tutta la notte a piangere perché volevo farmi ancora.
-Perché sei finita qua? Sei così piccola. La vita è molto più bella la fuori, molto più bella di quello che stai vivendo ora.- Disse G, preparando altra roba . Quella volta non riuscii a trattenere il suo sguardo.
-Non lo so. È andata così e basta. Non ho mai vissuto una vita degna di essere chiamata tale. Non ho paragoni.-
Gerald non disse più nulla, e quando Camila finì di telefonare si unì a noi.
Prima di uscire, G mi fermò, dicendo a Cam di andare avanti. Mi guardò fermarmi sull’uscio di casa e non disse nulla, aspettandomi fuori.
-Se hai bisogno di roba puoi venire qua. Se hai bisogno di qualsiasi cosa. –
-Grazie, non ho bisogno della tua carità.-
-Non è carità. È una cosa che vorrei fare, ma so che non me lo permetteresti. –
Perché mi parlava come se mi conoscesse da mesi? Perché ci teneva così tanto?
Me ne andai, improvvisamente più confusa di quanto già non lo fossi.
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BLOWHOUSE - La cura
Mystery / Thriller■Terzo libro della serie "THE HOUSE SAGA".■ La fuga dal St. Gregory NY è solo l'inizio di un lungo percorso travagliato per Kira e Jesse. L'assassina di Westerfield, ora latitante, ricercata in ogni angolo degli Stati Uniti, e Jesse, il suo complic...