2) IL babysitter

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La sveglia suona alla sette in punto come tutte le mattine. Jonelle ha il lenzuolo attorcigliato alle gambe e la maglia larga che usa come pigiama fastidiosamente storta.

Nonostante il letto sia matrimoniale e lei non abbia nessuno accanto, riesce ad occuparlo per intero, perché negli ultimi anni si è abituata a dormire in diagonale. E lo fa anche quando sua figlia, talvolta, la raggiunge nel bel mezzo della notte dopo un incubo.

Con gli occhi ancora chiusi, Jonelle allunga un braccio a tentoni, per raggiungere l'oggetto squillante sul comodino. Basta un colpo secco con la mano per far piombare di nuovo il silenzio nella camera.

La donna dai capelli scuri apre subito gli occhi, per non rischiare di addormentarsi di nuovo. Deve fare una doccia, svegliare sua figlia e portarla all'asilo, per poi andare in tribunale. 

La donna si stiracchia, distendendo le braccia sopra la testa. Con un sospiro, decide finalmente di alzarsi e dirigersi in bagno.

È ormai pronta per la giornata, venti minuti dopo, quando entra in camera di sua figlia. 

Si prende un attimo per osservare la bambina dai capelli lunghi e biondi sparsi sul cuscino, a formare quasi un'aureola. È distesa sulla schiena con il lenzuolo ormai per terra e sotto il braccio il suo leone di pezza. Ha le guance, di solito bianco latte, un po' arrossate per il caldo di luglio. Agli occhi di sua madre, Harper sembra un piccolo angelo. Almeno... quando dorme sembra proprio così. Da sveglia, invece, è più una piccola peste.

Jonelle si siede sul bordo del letto e si abbassa verso la bambina, iniziando a lasciarle dei dolci baci sulla guancia, sulla tempia e sul collo. Harper mugola nel sonno, ma nulla di più.

«Amore di mamma, è ora di alzarsi. Sveglia, forza.»

Sa benissimo che non ci metterà poco. Ogni mattina è sempre la stessa storia.

Harper si gira sul fianco e in modo lamentoso dice semplicemente: «Non voglio. Ancora sonno.»

«Piccola, non sono in vena di capricci oggi.»

«Non voglio andare a scuola.» Harper sta praticamente piangendo con gli occhi chiusi.

L'odio che prova Harper per la scuola è impressionante, nonostante sia ancora all'asilo e l'unica cosa che fa lì è giocare e socializzare con altri bambini della sua età.

«Manca solo una settimana alla fine della scuola, tesoro. E poi, potrai stare a casa tutto il tempo che vuoi. Ma per oggi, è ora di alzarsi.» termina, prendendo la bambina in braccio.

Harper abbandona il suo peluche sul letto e sbuffa, affondando il viso nell'incavo del collo della madre, che la sta portando in cucina per farle fare colazione.

A parere di Jonelle, avere un rituale mattutino è importante per i bambini. E nonostante sia consapevole del fatto che far bere il latte ad Harper davanti al televisore rallenti il tutto, sa benissimo che è l'unico modo per abbassare radicalmente la percentuale di ulteriori capricci mattutini.

Escono da casa ad un orario che va dai cinque ai due minuti prima di quello in cui Harper dovrebbe entrare a scuola. Per fortuna, l'edificio pubblico è giusto un paio di isolati più indietro rispetto alla loro villetta e Jonelle perde più tempo a legare e slegare sua figlia dal seggiolino odioso per entrambe, che a compiere il tragitto in auto.

Davanti al portone d'ingresso della scuola, Harper non potrebbe avere espressione peggiore e tenta, ma senza risultato, gli occhi da cucciolo quando sua madre si abbassa sulle ginocchia e le parla guardandola in faccia: «Verrà zio Liam a prenderti all'uscita, amore. Io oggi non ce la faccio.» in tribunale finisce sempre troppo tardi. Quella frase, alla bambina di cinque anni, suona fin troppo familiare. «Pensa solo a giocare, d'accordo? Fa la brava. Mamma ti vuole bene.» e poi le chiede un bacio, toccandosi la guancia con il dito.

Babysitter ●Niall Horan●Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora