16) I miei occhi su di te

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Niall ha paura di bussare alla porta. In realtà sente sia la voce di Jonelle che quella di Harper dall'altra parte e questo lo agita ancora di più.

Harper è già sveglia prestissimo e lui non potrà parlare con Jonelle e chiederle scusa come aveva sperato.

Prende un respiro profondo e suona al campanello.

Le voci attutite si zittiscono per un attimo, poi l'urletto di Harper suona chiaro alle orecchie del giovane universitario. Dei passi che si avvicinano all'ingresso e la porta che finalmente si apre.

Jonelle è la prima cosa che il ragazzo vede. La donna è già vestita per andare al lavoro, ha i capelli appuntati per bene e le sue labbra formano una linea perfettamente retta.

Niall arrossisce. Non dice nulla, soltanto le sue guance si colorano mostrando tutto l'imbarazzo e il disagio che sente all'interno.

Peccato che gli occhiali da sole non gli coprano l'intero viso. Sì, perché è da due giorni che non si scolla di dosso quei Ray-Ban scuri, visto che la luce gli da fastidio dopo il post sbornia e visto che è meglio nascondere le occhiaie profonde che ha sotto gli occhi blu.

Nonostante si sia ripreso quasi del tutto dalla sua bravata, non ha dormito quasi per nulla la notte prima, divorato dai pensieri, i sensi di colpa e gli insulti automatici del suo cervello.

«Niall!» Harper ha corso verso di lui e si è schiantata contro le sue gambe. Lo ha afferrato stretto, con le mani ben salde sui suoi jeans, all'altezza del sedere.

«Ciao, piccola.» accarezza la testa della bambina, mentre Jonelle afferra la sua borsa. «Io scappo. Harper ha già fatto colazione. A stasera.» e li supera entrambi in modo frettoloso.

Niall si volta verso la donna, che adesso sta salendo in auto e un groppo amaro gli sorge in gola. Jonelle non lo ha guardato più del dovuto, non gli ha chiesto come sta e non ha detto nulla, neanche di negativo come si sarebbe aspettato, su ciò che è accaduto due sere prima. E dire che non è nemmeno in ritardo per andare in ufficio.

Niall non si sente ferito, perché dovrebbe? La colpa è solo sua. Però sì, deve ammetterlo, ci rimane decisamente male.

«Niall, stai bene?»

Beh ecco, c'è qualcun altro che gli pone quella domanda. Il ragazzo si abbassa sulle gambe per essere all'altezza della bambina, che ad ogni modo continua a non lasciarlo andare. «Sì, piccola. Sto bene.»

«Ho avuto così paura quando stavi male.»

«Scusa, amore. Non lo farò più.» le dice con dolcezza, baciandole la testa. Non sa nemmeno perché ma ispira profondamente l'odore di Harper. Forse per calmarsi. In quei due giorni gli è mancata decisamente. «Che ci fai già sveglia?»

«Ti aspettavo. Che facciamo oggi?» chiede, saltellando sul posto. A quanto pare anche lui è mancato alla piccola peste.

Niall sorride. Ha già pensato a cosa avrebbero potuto fare durante quella giornata. «Che ne dici se ti porto in piscina?»

E Harper emette uno strilletto eccitato. Okay, sì. Anche lei è d'accordo.

*

La piscina in cui Niall va di solito in estate, quel giorno è stranamente deserta. Harper cammina guardandosi i piedi, ma solo perché le piacciono le infradito che ha addosso, con tanto di fiorellini e brillantini. Muove la testa a destra a sinistra e canticchia, mentre non lascia andare la mano di Niall. 

Dopo l'evento di due sere prima, di certo sarà più appiccicosa a lui e più facile da gestire. Il ragazzo se ne è reso conto quando ha scelto il costume azzurro solo perché lo aveva anche lui addosso e non ha voluto il pezzo di sopra perché ovviamente anche lui non ce l'ha.

Babysitter ●Niall Horan●Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora