C'erano tante, troppe cose che gli doveva dire e che gli doveva spiegare, anche se effettivamente non sapeva da dove iniziare a sbrogliare quel gomitolo che erano i suoi pensieri. L'avrebbe creduta pazza, l'avrebbe abbandonata come una bambola rotta sul ciglio della strada e per i genitori non ci sarebbe stato nulla da fare.
«Ti ascolto, (NM), ma prima siediti.» disse, con le mani che prendevano le sue e lei si sentì al sicuro come se stesse dormendo con mamma e papà.
Si sedette su una poltrona bordeaux, accarezzando il tessuto morbido con lui era stata fatta con le mani. Amava quella sensazione, la amava davvero. Doveva dire che Vanitas la coccolava fin troppo, a volte.
La giovane si fece coraggio, prese un bel respiro e guardò negli occhi il suo promesso sposo.«Io li vedo. Ombre nere che mi seguono dappertutto, mi parlano, dicono cose che non vorrei sentire. Dicono che mi vogliono bene, anche se la metà delle loro parole sono menzogne. Li sento, ma gli altri no e quando provo a parlare di loro mi danno della matta. Io non sono matta, non lo sono. Semplicemente li vedo. Assumo persino delle medicine, per tenerli lontani, ma costano davvero troppo. Per questo motivo i miei genitori sono finiti in bancarotta, ma le medicine non bastano più. Anche se le prendo, dopo poco ritornano e non mi lasciano più in pace! Ho paura di dormire e di vederle al mio risveglio. Ho paura che dicano il vero, ho paura di non trovare più la mia promessa di felicità.» spiegò con voce tremante.
Per tutto il tempo a capo chino e con gli occhi sbarrati. Non voleva guardarlo in viso, non voleva vedere l'espressione di delusione o disgusto che -secondo il suo modesto parere- aveva assunto non appena iniziò il suo discorso.
Sapeva che non l'avrebbe abbandonata, o meglio, lo sperava, perché non credeva fosse il tipo di persona che abbandona la madre di suo figlio. Non le sembrava proprio il tipo, anche perché si era definito elettrizzato la sera del ballo nella villa degli Humbert.«I tuoi pensieri sono confusi, vero?» chiese.
(NM) ancora era decisa a tenere il capo chinato. Non poteva reggere più di tanto quella situazione. Era semplicemente troppo pesante per una ragazza come lei. Era solo la povera figlia di un orologiaio di Whitechapel, nonostante stesse per diventare una duchessa sapeva bene quale era il suo reale ceto sociale, quello di una borghese che più che orologi non sapeva fare.
«Sì, a volte non riesco a trovare un senso logico neanche nei miei pensieri.» rispose titubante.
Vanitas, al contrario di ciò che credeva la promessa sposa, non aera deluso, anzi, era piuttosto difficile decifrare l'espressione sul sui viso, ma non era deluso o disgustato. Era serio, o meglio, sembrava tale. Lo stato emotivo del Duca era piuttosto diverso, in realtà, da ciò che sembrava provare: era curioso. Non capiva cosa stesse succedendo e voleva capire, chiedendo ciò ce c'era scritto nei manuali di psicologia che prima di quella mattina verso le sei erano impolverati.
«A volte perdi il filo del discorso, i peggio, ti esprimi in frasi solo vagamente collegate?»
Al che la stessa (CC) alzò -finalmente- il capo per guardare meglio il corvino, rendendosi cinto delle sue paure infondate, ma quella fu la seconda cosa che notò. La prima fu indubbiamente il fatto che stesse facendo delle domande davvero precise, tanto che si chiese se si fosse preparato un copione o qualcosa di simile.
«Recentemente non è successo, ma capita che perda il filo del discorso. Certe volte pure a metà frase.» rispose, portandosi le ginocchia al petto, rannicchiandosi sulla poltrona.
Se prima stava guardando il nobile, ora i suoi occhi (CO) erano fissi sul pavimento marmoreo della stanza. Non riusciva a capire il perché di tutte quelle domande, a parer suo senza senso. Non aveva motivo di sapere quelle cose, niente lo obbligava a porle tutti quegli interrogativi, a parer suo senza utilità.
«Hai problemi con la memoria a breve termine? A volte è possibile dimenticarsi improvvisamente di una persona.»
(NM) non capiva e lei odiava non capire. Semplicemente era troppo testarda per accertare una cosa per com'era, non poteva dirsi "é così." e farla finita. Grazie e non c'è di che.
No, lei era il serpente che voleva la conoscenza, voleva sapere e avrebbe fatto qualsiasi cosa per arrivare al fondo della questione. Dopotutto era fatta così.«É già successo. Perché tutte queste domande?» rispose, guardandolo negli occhi.
Vanitas sorrise, ma ciò che turbò di più la borghese fu il fatto che quel sorriso era dolce, sincero e dubitò seriamente del fatto che quello fosse lo stesso nobile che conobbe il ventun dicembre 1888. Si rese conto, dopo tanto, che aveva perso quella sua aura sinistra che lo caratterizzava. Scacciò quei pensieri, a detta sua il Vanitas che vide in quel momento era quello vero.
Il corvino si avvicinò alla sua amata e la guardò con dolcezza, per poi scostarle la frangia e lasciarle un bacio sulla fronte.«Pura curiosità, tesoro. Ora riposati, non voglio più vederti crollare come ieri, sia chiaro.» le disse.
Si allontanò da lei non appena la vedi annuire velocemente, rossa in viso come un pomodoro maturo.
E il Duca lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.----
Ecco a voi il capitolo 35~ (/*—*)/
Allora parto con il dire che ho creato giusto oggi la copertina dei sequel, ovvero Midnight Theatre e Midnight Waltz. Sono stati inseriti nella Wikia di Midnight Trilogy. Sì, perché sfortunatamente siamo quasi a fine libro. Santo Cielo, mi viene da piangere! Comunque, ovviamente una trilogia non contiene solo un libro. Altrimenti non si chiamerebbe così, no?Vi lascio la copertina del secondo volume in anteprima, che a parer mio è la più bella.
E nulla. Ditemi cosa ne pensate.
Ci vediamo nel prossimo capitolo~
STAI LEGGENDO
Midnight Circus [Yandere! Vanitas X Reader]
Fanfiction{Yandere! Vanitas x Reader AU!} Nel quartiere londinese di Whitechapel, la famiglia (CN) va in rovina a causa dei debiti. Ormai sul lastrico e senza un centesimo, i coniugi arrivano alla conclusione che l'unico modo per ritornare in carreggiata è da...